Louis Vuitton, l’alta ingegneria del lusso

Louis Vuitton, l’alta ingegneria del lusso

di Giuditta Avellina

Per la sua terza collaborazione con Louis Vuitton, Marc Newson reinterpreta un classico: Pégase

Da quando nel XIX secolo l’evoluzione dei trasporti ha ridotto le distanze, lo spirito pionieristico ha spinto persone d’ogni sorta verso la malìa del viaggio. Dall’Europa alle Americhe, dall’Africa all’Asia, in nave a vapore, in treno, automobile, aeroplano, dirigibile… Inizialmente un privilegio per pochi, ma sempre più di gran moda, che necessitava di corredo all’altezza. Lo intuì Louis Vuitton che, arrivato a Parigi nel 1837, appena sedicenne, divenne prima apprendista di un fabbricante di valigie e bauli, tale Monsieur Maréchal, e poi fondatore dell’azienda che porta ancora il suo nome e che ha nel dna quella che lui definì “l’arte del viaggio”. Iniziò creando bagagli personalizzati, nella forma esatta sognata dai suoi clienti, e gli affari andarono così bene che aprì due atelier: al 4 di Rue Neuve-des-Capucines, vicino a Place Vendôme, e ad Asnières, nord-est di Parigi. 


Stile, lusso, ma anche performance, come il brevetto di una serratura rivoluzionaria che portò Vuitton a sfidare il celeberrimo Harry Houdini – avvezzo alle fughe impossibili – a venir fuori da uno dei suoi bauli. Significativo il diniego dell’illusionista. Nel tempo, gli assunti non sono mutati: progettare bagagli leggeri, funzionali, adatti a qualsiasi condizione climatica. E soprattutto lussuosi: favolosi bauli da auto in vuittonite o tela monogram, Steamer pieghevoli per trasportare interi guardaroba, cappelli, uniformi, abiti da cerimonia di una clientela composta da regine, diplomatici o imprenditori del calibro di André Citroën.

Parte del mio lavoro per Vuitton è legato al desiderio di riportare il viaggio alla sua dimensione romantica, anche un po’ nostalgica.
Di restituirgli un po’ di glamour.

Valigie iconiche, oggi progettate da professionisti di fama mondiale come Marc Newson, star del design industriale che, tra i suoi progetti, annovera anche aeroplani spaziali, aerei, body jet, e con cui l’azienda collabora da tempo. Nel 2016 fu lui, infatti, a creare le due iconiche valigie Horizon e Horizon Soft e oggi scrive un nuovo capitolo nella storia dei trolley per viaggi di piacere o affari, firmando la rivisitazione di Pégase: un capolavoro di stile e alta ingegneria che necessita di 28 operazioni per assemblare gli 89 pezzi che lo compongono. «Quando viaggio», dice Newson, «preferisco un bagaglio da non imbarcare: leggero, comodo ma con spazio a sufficienza per le mie cose», e da questa filosofia erano nate sia Horizon, iconica valigia rigida, che Horizon Soft, borsone morbido. La storia si è ripetuta anche per la nuova versione di Pégase: due ruote, un guscio duro con un pannello frontale flessibile, le intramontabili tele Monogram, Monogram Eclipse, Damier Graphite e pelle Taïga. «Come nei due precedenti modelli, volevo che anche Pégase fosse riconoscibile sia come Vuitton, sia come mio. Ho iniziato individuando i preesistenti elementi di design che lo caratterizzavano – ad esempio la tasca esterna e le due ruote – e li ho perfezionati, creando una valigia più leggera e con più spazio interno pur conservando il carattere iconico dell’originale».


Lo sviluppo ha richiesto «l’esame rigoroso di diverse leghe di alluminio provenienti dall’industria aerospaziale e mai usate prima nella valigeria. I tubi dei carrelli così ottenuti sono i più sottili mai realizzati per un bagaglio: ne consegue un aumento dello spazio interno. Le canne sono integrate e racchiuse nel rivestimento del guscio, e così fungono anche da paraurti». L’esterno, snellito, è definito da cerniere metalliche lungo lo scomparto principale, un ampio scomparto frontale, due manici, uno sopra e uno di lato, una chiusura TSA integrata a combinazione e un lucchetto TSA rimovibile a combinazione. Ma non si pensi che il rinnovato Pégase sia solo un concentrato di alta tecnologia, materiali all’avanguardia, leggerezza, resistenza, innovazione, design raffinato: «Parte del mio lavoro per Vuitton», conclude Newson, «è legato anche al desiderio di riportare il viaggio alla sua dimensione romantica, anche un po’ nostalgica. Per molte persone, oggi, viaggiare non è più un lusso, ma un dovere. Con Pégase spero, inconsciamente, di restituire al viaggio un po’ del suo glamour».