Pitti 104: da Eli Russell Linnetz a Fendi, alla ricerca dell’uomo
Guest designer Eli Russell Linnetz (Credits: Giovanni Giannoni)

Pitti 104: da Eli Russell Linnetz a Fendi, alla ricerca dell’uomo

di Gianluca Cantaro

La manifestazione fiorentina si sposta sempre più verso sportswear e leisurewear, ma non li mette a fuoco. Sempre più presente il tema della sostenibilità: la vera sfida è renderla desiderabile e indossabile

In una Firenze sospesa alla ricerca della piccola Kataleya Chicllo Alvarez scomparsa da quasi una settimana, avviene anche Pitti Uomo 104. La manifestazione della moda maschile più importante del mondo va in scena alla Fortezza da Basso come da tradizione. È ormai appurato che dalla bolla Pitti non bisogna più aspettarsi rivoluzioni della moda, si conferma un conservatorismo che non riguarda soltanto il cosiddetto stile sartoriale che, secondo recenti studi, segna una ripresa tra le nuove generazioni, ma anche sportswear e leisurewear, che si diffonde a macchia d’olio tra gli stand e che in questa edizione sembra più un mix-and-match poco coordinato che una tendenza con una visione.

La vastità di proposte di ogni genere, spesso ripetitive, indebolisce quello che invece potrebbe essere il traino per aggiungere qualcosa di nuovo all’evento. In tutta onestà, dall’altra parte c’è un sistema che continua a partorire progetti di ogni tipo rendendo, forse, molto complessa una selezione più mirata. Però da un collettivo così esperto ci si aspetterebbe la capacità di una curatela degli espositori fatta a monte, un tassello che renderebbe la kermesse unica trasformandola in un luogo che definisce i trend, oltre che una fiera.

Il tema della sostenibilità è quello che trasversalmente appare sempre più presente. Oltre alle diverse proposte più o meno green, c’è la settima edizione dell’iniziativa S/Style – Sustainable Style, progetto espositivo della Fondazione Pitti Discovery curato dalla giornalista Giorgia Cantarini e in collaborazione con Kering Material Innovation Lab, il centro di ricerca del gruppo francese, proprietario anche di Gucci e Balenciaga, che dal 2013 è impegnato nella transizione di tutti i marchi del gruppo verso una catena di fornitura sostenibile.

I 10 brand selezionati per questa stagione sono Cavia (Italia), Dalpaos (Italia), Dhruv Kapoor (India), Isnurh (Danimarca), Jeanne Friot (Francia), Ksenia Schnaider (Ucraina), Olooh Concept (Costa d’Avorio), Permu (Regno Unito), Steven Passaro (Francia), Young n Sang (Corea del Sud) e hanno realizzato un look con il ‘diktat’ di essere a impatto minimo, utilizzando metodologie come l’upcycling, l’impiego di tessuti certificati secondo standard internazionali, l’utilizzo di materiali riciclati e la promozione di un lavoro equo/etico che sostiene l’artigianalità.

S/Style - Sustainable Style
Credits: Pitti
L’iniziativa S/Style – Sustainable Style al Pitti 104

Se lo spirito è sicuramente lodevole, spesso il design è poco allineato a una moda che veramente possa essere di largo consumo. La vera sfida della sostenibilità non credo sia quella di sorprendere con slanci creativi, ma piuttosto renderla desiderabile e indossabile, con un design accattivante per i non ‘fashion insiders’ da diffondere su larga scala. Se invece continuiamo a trattarla come una nicchia per appassionati, difficilmente si potrà scalare economicamente e renderla più accessibile.

Sicuramente poco sostenibile ed etico è il mega evento realizzato dal retailer LuisaViaRoma in collaborazione con British Vogue e il suo direttore Edward Enninful. Se da un lato la moda cerca di trovare una sua modernità nell’essere a impatto zero, manifestazioni come quella svoltasi in Piazzale Michelangelo, stupendo belvedere in collina che si affaccia su Firenze, dimostrano che, forse, in fondo, la volontà di essere più ‘giusti’ non sia così sentita.
“Runway Icons”, una speciale sfilata all’aperto (la pioggia del pomeriggio ha ritardato di due ore l’inizio) che ha ripercorso l’evoluzione della moda e dello stile nei decenni attraverso look di brand internazionali, è stata presentata in un mastodontico set up che ricordava le sfilate di Saint Laurent ai piedi della scintillante Tour Eiffel a Parigi, con una performance di apertura di Andrea Bocelli. Se dal punto di vista culturale l’excursus storico poteva essere interessante, il risultato è stato un’ostentazione di ospiti (tra gli altri Leonardo DiCaprio, Tobey Maguire, Julia Fox, Mahmood, Marracash) e modelle (tra cui Natalia Vodianova, Imaan Hammam, Mariacarla Boscono, Vittoria Ceretti, Eva Herzigova, Irina Shayk) per un evento più giusto per uno spettacolo televisivo, a metà tra i megashow di Victoria Secret e il celebre ‘Donna sotto le stelle’.

Eli Russell Linnetz
Credits: Pitti
Eli Russell Linnetz nel backstage del suo show

Fendi, invece, è stato lo special guest di Pitti 104, che per una volta lascia la sua sede di Milano per aprire le porte della Fendi Factory a Capannuccia, vicino a Bagno a Ripoli, nuovo polo d’eccellenza del brand mezz’ora d’auto fuori dalla città, nel cuore della campagna toscana. Una sfilata che celebra l’artigianato e la sua estetica che Silvia Venturini Fendi, direttore artistico delle linee accessori e uomo, ha riletto in modo sofisticato facendolo sconfinare in uno streetwear moderno.

Eli Russell Linnetz è l’ospite internazionale di questa stagione. Artista e designer californiano con una profonda formazione cinematografica, teatrale e da costumista (nelle collezioni alcuni pezzi realizzati per il Teatro della Pergola d Firenze e la L.A. Opera), ha fondato il brand nel 2020 e, grazie alle giuste collaborazioni (tra cui Dior per la Spring 2023), l’endorsement di Adrian Joffe con Dover Street Market, parte dell’universo Comme Des Garçons, e il background nello show business americano (suo lo smoking customizzato indossato da A$AP Rocky al Gala del Costume Institute 2021) in meno di 3 anni è sulla bocca di tutti.
Il suo legame con il mondo del cinema e del teatro gli ha permesso di maneggiare con abilità il sistema e affinare la visione creativa, forse non tutti sanno che, tra l’altro, è stato doppiatore nel film Disney Le follie dell’imperatore, era la voce di Tipo. «Sono un timido, non avrei mai pensato di fare una sfilata, ma vedere il lavoro di Kim Jones per Dior mi ha ispirato così ho accettato l’invito di Pitti», racconta Eli Russell Linnetz prima dello show.

Se da un lato l’attenzione al climate change, tra le ispirazioni, è apprezzabile, dall’altro appare un po’ fuori luogo perché immagina una Firenze del 2176 completamente inondata e solcata dai surfer californiani. Come non pensare alle recenti inondazioni in Emilia Romagna? Qualcuno avrebbe fatto bene a consigliargli di togliere la reference, lo show non ne avrebbe risentito.
«La collezione immagina questi surfisti che travestiti come bambini si intrufolano in un ballo a casa di un ricco ambasciatore dove si mescolano culture ed epoche diverse, dal Giappone agli antichi romani, alle divise militari a dettagli cowboy», spiega.

L’anima del brand è fatta di classici americani reinterpretati, qui evoluti verso un tailoring molto strutturato che guarda al passato pur mantenendo lo stile del surfer con wetsuit, suo core, ma in versione glitterata. «L’idea di questa palette metallica e una silhouette così costruita mi è venuta in mente guardando l’archivio di Dior negli anni in cui era disegnato da Gianfranco Ferré», dice.
La sua capacità narrativa ha permesso a Linnetz di divertire con 33 look presentati in un semplice setting giallo fluorescente nel cortile di Palazzo Corsini, accompagnati da una colonna sonora accattivante e California based, disponibile su Apple music e Spotify. Quando c’è un punto di vista forte, a volte non serve molto di più.