Dal quarantennale di Re Giorgio alla nuova era di Gucci passando per gli abbandoni eccellenti: ecco gli eventi più importanti dell’anno sulle passerelle

Sarà ricordato come anno di cambiamenti epocali, almeno tra gli addetti al settore della moda, il 2015: vero e proprio divisorio temporale tra vecchio e nuovo, ha infatti visto succedersi cambi al timone, e di quelli che fanno discutere e segnano sostanziali cambi nel gusto e nell’estetica di chi definisce lo stile. 

Il caso più eclatante in questo senso è stato quello di Gucci con Alessandro Michele, arrivato a sostituire Frida Giannini. La grande sorpresa degli addetti ai lavori per la nomina di quello che è stato chiamato come ‘illustre sconosciuto’, nonostante Michele abbia lavorato fianco a fianco con Giannini per un decennio, si è trasformata presto in totale adorazione (e conseguente successo nelle vendite). A consentirlo, lo stravolgimento dei canoni estetici classici della maison della doppia G, visibile soprattutto nella moda maschile, per la quale Michele ha costruito un immaginario fiabesco eppure iper-contemporaneo, alla maniera del cineasta Wes Anderson, naif eppure estremamente provocatoria nel suo suggerire una sempre maggiore fluidità nell’attribuzione del genere

A confermarsi come Grande saggio del panorama fashion italico è stato invece Giorgio Armani, che nel 2015 ha celebrato 80 anni, di cui 40 passati a insegnare lo stile al mondo. Un evento festeggiato a dovere con 40 copertine, una per ogni anno di attività, un libro, il memoir Giorgio Armani, scritto in prima persona dallo stilista, edito da Rizzoli, e presentato durante la fashion week di Settembre da Suzy Menkes e infine l’apertura del Silos, un vero e proprio regalo alla città alla quale è legato, Milano, un museo di storia della moda con tutti i suoi abiti che hanno segnato dei punti di svolta nella definizione dell’eleganza.

Ha diretto Balenciaga per molto meno, Alexander Wang, il creativo americano che nel 2015 ha abbandonato il marchio, di comune accordo con la griffe fondata dal raffinato sarto iberico Cristobal. Dopo soli 3 anni, il prodigio statunitense fortemente sostenuto da Anna Wintour, direttrice di Vogue America ha quindi rescisso il suo contratto con Kering, la holding che possiede Balenciaga, secondo fonti ufficiali per concentrarsi maggiormente sulla linea che porta il suo nome. A ben guardare però, le motivazioni stanno nel flebile successo di vendite riscontrato, almeno rispetto a quanto sperato: vero fenomeno di costume con la sua linea, riferimento di stile soprattutto per le donne d’oltre oceano, sinonimo di quell’approccio sportivo alla moda, fatto di materiali tecnici e tagli decisi, il confronto con il panorama europeo, molto più complesso, non gli ha lasciato scampo. A pesare, di certo, anche il lavoro eccelso del suo predecessore, Nicholas Ghesquière, attualmente celebrato da stampa e pubblico per il suo lavoro da Louis Vuitton. Al posto di Wang, Kering, dimostrando una visione strategica compatta, come nel caso di Gucci (anch’esso, marchio di sua proprietà), ha nominato Demna Gvasalia, personalità apprezzata dagli addetti al settore per il lavoro realizzato con la sua linea Vêtements, preferendo un investimento a lungo termine con uno stilista dall’approccio fresco e rivoluzionario ad un (altro) nome eccellente e già conosciuto.

Già rimpianto da molti, invece, Raf Simons ha abbandonato Dior: il creativo belga tra gli autori principali della svolta minimalista dell’ultimo decennio, prima alla guida di Jil Sander e poi da Dior, ha infatti lasciato nonostante la LVMH, holding proprietaria di Dior, desiderasse vivamente rinnovare il suo contratto. I motivi risiedono nell’eccessivo stress posto sui designer, costretti a produrre, tra ready to wear e couture, passandro per cruise e linee di mezza stagione, più di 10 collezioni all’anno. Una fretta impensabile per un creativo riservato che ha sempre fatto della profondità delle sue ispirazioni, molto spesso mutuate dall’arte contemporanea, di cui è grande appassionato, il suo punto di forza. Un segnale educato, in pieno stile Simons, eppure deciso, ai grandi gruppi della moda, su come non sia più possibile un lavoro di qualità o addirittura di eccellenza artigianale, come la couture, nei tempi frenetici richiesti dal mercato globale.

Infine, ultimo abbandono eccellente, quello di Alber Elbaz, alla guida di Lanvin per 14 anni. Un avvenimento, per molti, strettamente collegato alla dipartita di Raf Simons (ed in effetti Elbaz sembra essere l’unica professionalità adatta a varcare le soglie della maison di Avenue Montaigne). Designer sia della donna che dell’uomo (quest’ultima insieme a Lucas Ossendrijver) ha rilanciato la maison proiettandola nella modernità dell’era digitale, grazie a volumi tagliati con il rasoio e un twist rock uber-chic, senza mai snaturare l’heritage del brand nato dalla mente di Jeanne Lanvin. Anche lui critico rispetto ai tempi veloci del mondo della moda e del ruolo stesso che ora le grandi holding attribuiscono ai designer ‘sempre più creatori di immagini e sempre meno creativi’ nelle sue stesse parole, al momento non è ancora chiaro quale sarà il prossimo passo dell’israeliano ma ci si augura continuerà a scrivere le pagine dello stile come negli scorsi 14 anni.

(guarda anche: Giorgio Armani: 40 anni di stile iconico)