Da Napoli a Firenze, passando per Hollywood e gli studi a L.A. in anatomia: storia di Salvatore Ferragamo, che ha cambiato il mondo della scarpa (e dello stile)

Con un’autobiografia chiamata Il calzolaio dei sogni (1957), una storia personale divenuta presto leggenda, e un’azienda che compie quest’anno il centenario, forse ancora più grande di quanto l’avrebbe mai potuta immaginare il fondatore, Salvatore Ferragamo è una figura ormai iconica nel panorama dell’eccellenza degli artigiani italiani.

A conferma della teoria, l’importanza tributatagli anche dal Ministero dello Sviluppo Economico (e che un Ministero si occupi di moda, in Italia, è avvenimento degno di nota di per sé), che ha emesso un francobollo in suo onore

Sul pezzo, che fa parte della serie filatelica delle ‘Eccellenze del sistema produttivo ed economico’, le icone della narrazione della maison di Palazzo Spini Feroni: le scarpe rosse disegnate per Marilyn nel 1958, il pendolo in sospensione sull’arco plantare, sinonimo iconografico degli studi effettuati da Ferragamo sull’anatomia del piede, e le date che segnano l’inizio (il 1915) e il traguardo odierno di una storia italiana che ha incantato il mondo, ma Hollywood prima di tutti.

Ed in effetti la storia di Salvatore, undicesimo di quattordici figli in quel Bonito, paesino poco distante da Napoli, non sarebbe mai stata la stessa senza quel legame a filo doppio con le colline losangeline, dove approderà molto giovane, passando per Boston, dove si era trasferito a soli 16 anni per seguire uno dei fratelli impiegato in un calzaturificio. 

Una visione avanguardista per l’epoca, da vero artista, a tornargli utile è però lo spirito imprenditoriale unico nel suo genere, che gli consente, di ritorno dall’esperienza statunitense, di superare anche le situazioni più difficili, come quelle della guerra e delle sue sanzioni economiche (è di quel periodo la creazione della scarpa con zeppa in sughero, materiale di più facile reperibilità). Ferragamo riporta in Italia daglli Stati Uniti l’approccio alla creazione come catena di montaggio, senza snaturare l’abilità unica degli artigiani del Belpaese. Curioso, ambizioso, sul suolo americano, e precisamente all’Università di Los Angeles, si dedica agli studi (anatomia, ingegneria, chimica e matematica) con l’obiettivo di costruire scarpe non solo belle come oggetti di design (un modello su tutti, il sandalo con tomaia in filo di nylon che gli fece guadagnare nel 1960, primo produttore di scarpe, il Neiman Marcus Award) ma soprattutto, comode. 

Da questi studi nascono infatti modelli passati alla storia non solo perché indossate dalle divine della vecchia Hollywood e di Cinecittà  sia sul set che nella vita privata ( e da Lauren Bacall ad Audrey Hepburn e Ingrid Bergman, passando per le italiane Sophia Loren e Anna Magnani, la lista potrebbe proseguire all’infinito) ma anche per la modernità della costruzione. La sua tecnica come spiegato dallo stesso Ferragamo nella sua autobiografia, consisteva nel dare sostegno all’arco plantare con un sostegno interno in acciaio, il ‘cambrione’ concedendo al piede di muoversi come un pendolo all’indietro su calzature leggere ma resistenti. In aggiunta a tale trovata, affiancò studi sulla calzata, che tenevano conto non solo della lunghezza del piede ma anche della sua larghezza e del volume complessivo, compiendo dei passi significativi verso una scarpa prodotta in serie, ma comunque su misura, tanto da annoverare circa 70 diverse combinazioni di calzate e taglia, sia per la donna che per l’uomo.

Divenuto noto ai piedi di Marylin e più recentemente di Nicole Kidman in Australia e di Madonna in Evita infatti, Salvatore Ferragamo fu apprezzato anche dal popolo maschile, uno su tutti Douglas Fairbanks senior, che indossò delle babbucce orientali nel film Il ladro di Bagdad, pellicola del 1924, così come da Daniel Brühl e Chris Hemsworth, che con le sue scarpe hanno solcato le piste del film Rush, dedicato ai due piloti di Formula 1 Niki Lauda e James Hunt.

Una storia di successi che verso la fine della sua vita, come al solito prima di tutti, Salvatore sapeva gli sarebbe sopravvissuta, e sperava si estendesse dalla scarpa al total look. Una leggenda che vive ancora oggi, nel nome della stessa eccellenza artigianale degli inizi.

(guarda anche: come nascono le scarpe Ferragamo)