Luna Rossa, Oracle, New Zealand, Artemis e i loro uomini. Storie di passione, forza e amore per un’unica donna: la barca

“Questo non è uno sport per deboli di cuore. Non è impresa da prendere alla leggera o per capriccio. È una lotta tra velisti di Yacht Club sparsi nel mondo che vogliono disperatamente la stessa cosa: mettere le mani sulla Coppa”. Aveva ragione a sostenerlo Sir Peter Blake, la voce più autorevole della Coppa America, capo carismatico del Team New Zealand ucciso durante una spedizione ecologista in Amazzonia nel 2001.

Gli uomini dell’America’s Cup passano quasi 300 giorni lontano da casa e sono persone dalla motivazione ferrea, dalla dedizione incondizionata, dall’attenzione maniacale ai particolari e dall’amore illimitato per una sola donna: la barca. E la loro vita oscilla dalla comune semplicità all’azzardo e alla sfida.

James Spithill, oggi skipper dell’Oracle Team, è cresciuto a Elvina Bay, paesino vicino a Pittwater, una baia che affaccia su un corso d’acqua sulla costa est dell’Australia. Nessuna strada. La barca come unico mezzo di trasporto. Per andare a scuola Spithill usava il traghetto, a 10 anni vinceva la sua prima gara alla guida di un gommone e a 19 anni era il più giovane capitano nella storia della Coppa America di cui ha già vissuto tre edizioni. Lo chiamano il “Pitbull” per le sue tattiche aggressive nella pre-partenza delle gare e l’animo è quello di un boxeur: lottatore, potente ma con alto senso del controllo. 

Con lui il timoniere Ben Ainslie, 36 anni, da ragazzino sognava di fare il pilota di Formula 1. Riservato, dall’animo calmo, parla sempre con toni pacati, sicuro di sé ma senza mai strafare. Lo ha dichiarato lui stesso: nel poco tempo libero a disposizione ama guardare film seduto in poltrona, i piedi sollevati: Il Padrino è tra le sue pellicole preferite. Ascolta musica rock e lo rilassa giocare a golf. Poi c’è la parte spietata, competitiva, instancabile che ha come unico obiettivo la vittoria e che gli concede di stare lontano dal mare il minimo indispensabile. Come un’amante gelosa.

Altra faccia della stessa medaglia Massimiliano Sirena, per tutti Max, lo skipper 40enne riminese che ha incantato Patrizio Bertelli, l’inventore di Luna Rossa. L’anno scorso l’ha portato fuori casa per 11 mesi, nove tappe e 301 regate. Sirena ama la barca in modo incondizionato e dedica i suoi successi alla sua compagna di vita, quella vera, in carne e ossa, Tatiana. Una vita trascorsa in mare a scapito della vita personale, degli amici che non riesce a frequentare, di un figlio che vede poco ma che nascendo gli ha fatto provare l’emozione più grande. E quel Max che sognava l’America‘s Cup, in fondo, l’ha già vinta. Come lui anche Chris Draper, 35 anni, al debutto in America’s Cup. Punta tutto sulla concentrazione, non sulla pressione. ‘Quella la sente chi non è preparato’ ha spiegato.

Dean Barker, invece, skipper e timoniere del team New Zealand, è il timoniere-imprenditore. Ha già pronto nel cassetto un “piano b” nel caso in cui la barca lo tradisca, prima o poi: seguire l’attività del padre, il multi-milionario Ray Barker titolare della catena di abbigliamento Barkers Clothing. Ma negli anni ha investito anche in altre attività tra cui la società di tecnologia Nexus Marine e la Kiwi Yachting Consultants. Ma anche in famiglia non ha perso tempo: ha sposato l’ex attaccante della squadra neozelandese di hockey su prato, Mandy Smith, nel febbraio 2004 e ha quattro figli, Mia, Olivia, Isla e Matteo.

Lo skipper laureato in economia, invece, è Iain Percy e a San Francisco gareggia con Artemis. A 36 anni vede nella sua qualità migliore, la tenacia, il suo peggior difetto: l’incapacità di non saper lasciare andare le cose. Di dover sempre forzare la mano. Perché questo è quello che gli viene richiesto per salire sul gradino più alto del podio. Fuori dall’acqua si rilassa ascoltando la radio, si definisce un grande fan di BBC Radio 4 e delle serate al pub con il suo team che lascia soltanto per prendere il largo su una vela da crociera.

Al fianco di Percy c’è lui, Nathan Outteridge, 27 anni, il timoniere più giovane della Coppa America 2013. Ma alla giovane età non corrisponde certo un temperamento debole. Outteridge ha già superato nella vita dure prove. Nel 2004 è stato vittima di un incidente d’auto che lo ha costretto a un delicato intervento chirurgico alla schiena, tre mesi di busto e uno stop forzato dalla navigazione e da ogni tipo di attività. È stato sul punto di abbandonare barca e mare. Ma un po’ di fortuna e tanta tenacia lo hanno riportato in gara.
Ultimo, ma non certo per importanza, è Loïck Peyron. Lui, 54 anni, è il velista francese icona dell’America’s Cup, tecnico eccellente, proveniente dalle regate d’altura, pluri premiato. Ha attraversato l’Atlantico in solitaria per la prima volta a 18 anni in occasione della traversata Mini Transat e ha completato per primo la circumnavigazione in solitaria Vendée Globe che lo ha reso famoso per il salvataggio di Philippe Poupon. Ma di lui vince la modestia giocosa. E la capacità di scrittura: al mare e alle sue leggende ha dedicato sei libri.

America’s Cup: il calendario e i protagonisti

Testo: Chiara Degl’Innocenti

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