Addio a Peter Beard, il fotografo che raccontò l’Africa
Il fotografo e artista statunitense che ha raccontato la fauna africana è scomparso a 82 anni. Ha ritratto personaggi dell’arte e della moda, ma il suo lavoro più celebre è il libro “The End of the Game” che documenta la scomparsa degli elefanti in Kenya.
Peter Beard nasce a Manhattan il 22 gennaio 1938. Fotografo, artista, naturalista, ma soprattutto avventuriero di New York, è stato ritrovato morto quasi tre settimane dopo la scomparsa dalla sua casa di Montauk, nell’East End di Long Island. Aveva 82 anni. È conosciuto per le sue fotografie dinamiche e realistiche che hanno immortalato tutto il fascino di una savana selvaggia e sconfinata. Ma anche per i diari che aveva continuato a scrivere fin da quando era un ragazzo, per i suoi collage creati raccogliendo quasi ossessivamente qualunque tipo di oggetto, oltre che per la sua tecnica: abbelliva le sue stampe fotografiche con inchiostro e sangue (umano, il suo, e animale, da macelleria). Un creativo che, con il suo lavoro, ha influenzato artisti come Andy Warhol e Francis Bacon ma che considerava se stesso un uomo che semplicemente viveva:
«Ogni singolo momento della mia vita è servito solo ad ottenere vita attraverso di esso, non c’è un solo momento di programmazione. Tutto ciò che è (la mia vita) è proprio come una barriera corallina: accumulo accidentale»
Cresciuto tra l’Upper East Side e Long Island, figlio di una famiglia illustre, ha iniziato a scattare fotografie da bambino ma è nel 1955, a 17 anni, che Peter fa il suo primo viaggio in Africa. Rimase folgorato. Lontano dalle convenzioni americane, qui scoprì la meraviglia e il dramma della natura, che avrebbero condizionato tutta la sua poetica artistica.
Entrato a Yale per intraprendere studi medici, cambia rapidamente rotta e inizia a studiare storia dell’arte. «Ben presto divenne dolorosamente chiaro», disse in seguito Beard, «che gli esseri umani erano la malattia». Torna in Kenya l’estate dopo il suo ultimo anno e qui fotografa e documenta la scomparsa degli elefanti e di altri animali selvaggi, scatti che saranno pubblicati nel suo primo libro: The End of the Game. Di questo capolavoro, come riportato dal New York Times, nel 1965 il giornalista americano J. Anthony Lukas scrisse:
«I ritratti degli animali stessi – vivi, morenti e morti – sono superbi. Questi non sono ‘graziosi’ scatti di gazzelle di Walt Disney che saltano attraverso i prati o pappagalli che chiacchierano nel verde della giungla. Le foto di Beard catturano tutta la ferocia selvaggia degli animali che devono dimostrare ogni giorno che sono adatti a sopravvivere»
Peter Beard ha vissuto e lavorato in Kenya per lunghi periodi. Collabora con la scrittrice danese Karen Blixen e, a metà degli anni ’70, camminando per una strada di Nairobi conosce Iman, la supermodella e attrice somala, futura moglie di David Bowie.
Una vita intensa ma segnata da cicatrici profonde. Nel 1977, mentre si trova a New York, la sua casa di Montauk viene distrutta da un incendio e, con lei, il lavoro di decenni, tra fotografie e diari, oltre che i dipinti che avera realizzato di Warhol e Bacon. Nel settembre 1996, invece, durante un picnic vicino al confine tra Kenya e Tanzania, fu attaccato da un elefante. Per giorni lotta fra la vita e la morte, i danni al suo nervo ottico lo resero cieco, ma nel tempo ha riguadagnato la vista e la capacità di camminare.
Oltre a documentare la fauna e la natura dell’Africa, ha fotografato alcune delle donne più belle del mondo nei servizi di moda per Vogue, Elle e altre riviste. Nel 2009, poi, è stato scelto come fotografo per il calendario Pirelli in Botswana.
Questa era la sua vocazione all’arte, talmente immerso nella natura da subirne il sublime e il dolore, ma con uno spirito di sopravvivenza tipico animale. Addio al fotografo della Natura.