Il nuovo completo da uomo ha i colori della Louisiana, tra tramonti bruciati e cieli polverosi. Parola di True Detective (e del presidente Obama)

Negli Stati Uniti, la messa in onda dell’ultima puntata ha mandato in tilt i server dell’HBO, per le eccessive richieste di accesso. Le speculazioni sui protagonisti della seconda stagione (che, come la storia e l’ambientazione, cambieranno di anno in anno) sono state acceso argomento di discussione non solo sui principali giornali, ma anche tra le celebrities, tutte in fila per un provino fuori dalla porta dello sceneggiatore Nic Pizzolatto.

Le ragioni del successo di True Detective (in Italia dal 3 Ottobre su Sky Atlantic) sono più di una: la storia, prima di tutto, ispirata, secondo una recente inchiesta di Vice USA ad una vera serie di omicidi collegati ad alcune sette sataniche, avvenuti una decina di anni fa a Ponchatoula, in Louisiana (dove ha luogo anche il telefilm), ma non solo. A renderlo un oggetto di culto è di certo l’interpretazione di un Matthew McConaughey fresco d’Oscar, nei panni dell’ombroso detective Rust Chole, un doloroso passato alle spalle e un presente spoglio, scarno, cupo, come la casa nella quale vive e che si rifiuta di arredare. A fargli da valida spalla Woody Harrelson, nei panni di Marty Hart, detective dedito alla famiglia solo in apparenza. Un’accoppiata esplosiva la loro, capace di crescere e vivere dei contrasti tra i due protagonisti che, costretti dalle circostanze e da un caso in particolare, si ritroveranno amici, nonostante tutto, legati a filo doppio per più di 17 anni. Una sintonia spiegabile anche con l’amicizia di lunga data che unisce i due attori nella vita reale, che si inserisce perfettamente nell’ambientazione selvaggia e pericolosa della Louisiana del sud.

Il regista Joji Fukunaga, premiato agli ultimi Emmy, estetizza attraverso l’uso (ormai desueto) della pellicola, i panorami brulli, le brutture della perferia industriale semi-deserta, i detriti delle raffinerie, le vecchie chiese abbandonate e le barche da pesca ormeggiate ai bordi di fiumi paludosi, trasformando ogni fotogramma in uno scatto degno di Instagram. La colonna sonora firmata da T Bone Burnett (già chitarrista di Bob Dylan e autore delle musiche dei film dei fratelli Cohen, dal Grande Lebowski all’ultimo A proposito di Davis) si mischia ai suoni della natura, frinire di cicale e gracidio di rane.

A ricoprire un ruolo di primo piano ci pensa anche il guardaroba, colorato delle tonalità della torrida estate nel Sud dell’America. Quando non frequentano le stazioni di polizia con indosso dei cinquetasche dal lavaggio used, Rust e Marty selezionano i completi, sempre essenziali, dai colli a lancia e dalle linee affilate, tra un arcobaleno di colori che annovera nuance di blu freddo, polveroso, che ben si sposano con il grigio sabbiato delle highway americane, e tonalità bruciate dal sole, khaki e beige. Un’eleganza da strada inconsapevole e non ricercata, che si incontra al bivio con la praticità: via i fronzoli, i pantaloni hanno il cordoncino in vita, i tessuti hanno la consistenza ottimale per coprire senza risultare un ingombro. I dettagli di stile sono da ricercarsi nei dettagli: la cravatta dalla composta fantasia regimental, il discreto motivo spinato sul blazer, o le scarpe in suede con motivi laserati. Un’attitude presa in prestito anche dal presidente Obama, che in una delle sue più recenti apparizioni pubbliche ad inizio di Settembre ha sfoggiato un completo khaki, sollevando un insospettabile polverone mediatico. In pieno stile True Detective.