Polestar, la strada svedese verso l’elettrico

Polestar, la strada svedese verso l’elettrico

di Marco Coletto

A colloquio con Maximilian Missoni, responsabile del design del brand. Tre pilastri: minimalismo, funzionalità, sostenibilità

Un marchio dalla tripla vita: si potrebbe riassumere così l’evoluzione del brand Polestar. L’azienda svedese è nata nel 1996 come team attivo nel motorsport, poi è diventata il reparto “racing” di Volvo (un po’ come AMG per Mercedes, per intenderci) e ora è un costruttore a tutti gli effetti, specializzato nella produzione di auto “premium” totalmente elettriche. Attualmente la sua gamma è composta da due modelli – la berlina a cinque porte Polestar 2 e la grande Suv Polestar 3 – ma è destinata ad allargarsi nei prossimi anni. Nel 2024 arriverà la Polestar 4 (una crossover media), nel 2025 sarà la volta dell’ammiraglia 5 (molto simile alla concept Precept del 2020) mentre nel 2026 toccherà alla sportiva 6, che riprenderà gli stilemi del prototipo O₂ del 2022.

Polestar oggi è una Casa automobilistica basata sulla sostenibilità, sulla tecnologia e – soprattutto – sul design. In occasione della presentazione a Göteborg del nuovo centro stile della marca scandinava abbiamo avuto modo di parlare con il responsabile Maximilian Missoni. Un 44enne austriaco che dopo un passato in Volkswagen ha ridato identità alle Volvo mescolando le forme monolitiche dei modelli degli anni ‘80 e ‘90 del XX secolo con la bellezza della coupé P1800 del 1961. Il risultato finale? La Concept Coupé del 2013: un progetto che non solo ha anticipato le linee delle Volvo attuali ma che nel 2019 è stato usato come base per la coupé ibrida plug-in benzina 1, la prima Polestar della storia.

Il minimalismo e la funzionalità sono i tratti distintivi del design scandinavo. Come si possono rivoluzionare due concetti così semplici?

Se uno pensa allo stile nordico, ai mobili e a Volvo immagina un forte collegamento tra la natura e il prodotto. Polestar vuole invece comunicare la tecnologia con il design adottando un approccio sostenibile: per esempio sulla O₂ gli interni sono realizzati con componenti di un solo materiale, più facili da separare e da riciclare.


L’elettrificazione sta portando più libertà o più limiti al car design?

Più libertà, a cominciare dalle proporzioni: ruote alle estremità della carrozzeria, cerchi e freni più grandi… L’elettrificazione è stata una liberazione improvvisa per tutti, spinta molto dalla Cina. Loro non hanno un’eredità da salvaguardare e noi abbiamo lo stesso approccio. Non seguiamo deliberatamente le vecchie convenzioni, non diciamo che “un’auto deve avere per forza questo per essere lussuosa”: ci chiediamo come possiamo utilizzare i nuovi materiali e le nuove tecnologie per creare un design entusiasmante.

Come descriverebbe in breve il brand Polestar?

Un marchio guidato dal design che usa lo stile come catalizzatore per rendere desiderabile la sostenibilità.


Quanto può essere libero un designer che deve rispettare il linguaggio stilistico di un marchio?

È l’equilibrio tra questi due elementi che rende un designer un buon designer. In altre Case automobilistiche ci sono squadre che si occupano dei primi schizzi e poi fanno continuare il lavoro ad altri team. In Polestar abbiamo le stesse persone che seguono il progetto dalle prime linee alle negoziazioni con gli ingegneri che si devono occupare della produzione del modello. I responsabili cambiano ma i designer sono sempre loro e combattono insieme a me fin dall’inizio per far passare le loro idee. Secondo me questo enfatizza parecchio il carattere della vettura. Il risultato finale dipende molto dalla motivazione delle persone impiegate nel processo di sviluppo.

Uno degli elementi stilistici più caratteristici della Polestar è l’assenza della griglia frontale. In futuro sarà considerata il feticcio di un passato endotermico o rimarrà comunque come segno distintivo per altri costruttori?

Per molte Case è difficile rompere un legame così forte con la griglia. Fortunatamente noi non abbiamo un passato da rispettare così l’abbiamo trasformata nella SmartZone: uno spazio in cui inserire e mettere in risalto telecamere, radar e altre tecnologie per l’assistenza alla guida.


L’elettrificazione sta portando più libertà o più limiti al car design?

Più libertà, a cominciare dalle proporzioni: ruote alle estremità della carrozzeria, cerchi e freni più grandi… L’elettrificazione è stata una liberazione improvvisa per tutti, spinta molto dalla Cina. Loro non hanno un’eredità da salvaguardare e noi abbiamo lo stesso approccio. Non seguiamo deliberatamente le vecchie convenzioni, non diciamo che “un’auto deve avere per forza questo per essere lussuosa”: ci chiediamo come possiamo utilizzare i nuovi materiali e le nuove tecnologie per creare un design entusiasmante.