Kurt Cobain in mostra a Firenze
Courtesy of Michael Lavine

Kurt Cobain in mostra a Firenze

di Andrea Giordano

Ventisei anni fa, uno dei più grandi rocker della storia della musica, Kurt Cobain, leader dei Nirvana, spariva dalla scena, e dalla vita. La sua leggenda, però, continua a essere viva, e adesso, a testimoniarlo, riprende una mostra-evento a Firenze, “Peterson – Lavine. Come as you are: Kurt Cobain and the Grunge Revolution”. Un viaggio di ricordi e memorie, tra scatti inediti e d’autore.

Chi c’era (come il sottoscritto) se lo ricorda bene quel concerto a Milano. Era il 25 febbraio 1994, all’ex Palatrussardi, seconda data meneghina, e gran finale, ahimè amaro, dopo Modena a Roma, del tour unplugged dei Nirvana. Lì, un malinconico Kurt Cobain, praticamente circoscritto sul palco, sembrava già non essere più lui. Quasi profetico, essenziale, nel dare l’addio ai suoi fan, per entrare (drammaticamente) nella leggenda qualche mese dopo, ad aprile, uccidendosi a soli 27 anni. Da allora di lui si è scritto, detto, raccontato, tutto, o forse il contrario di tutto, è entrato nella cultura di massa come icona maledetta, poetica, rivoluzionaria, tanto che nel 2015 Brett Morgen fece uscire un bellissimo documentario: Kurt Cobain: Montage of Heck, ricco di materiali inediti, registrazioni amotoriali, disegni e fotografie. Ma sono soprattutto le sue canzoni, da Smeel Like Teen Spirit a Rape me, PollyAbout a Girl, Lithium, a essere diventate l’emblema di un modo di far musica alternativa e innovativa.

Ed è proprio ispirandosi a una di quelle tracce, Come As You Are, che riprende dal 2 luglio (sospesa lo scorso marzo per l’emergenza Coronavirus) al 18 ottobre, la mostra fotografica Peterson – Lavine. Come as you are: Kurt Cobain and the Grunge Revolution, in programma nello splendido contesto di Palazzo Medici Riccardi di Firenze, a cura di ONO arte contemporanea, organizzata e promossa da OEO Firenze Art e Le Nozze di Figaro, in collaborazione con MUS.E e con il patrocinio di Città Metropolitana di Firenze e Comune di Firenze.

Un viaggio di memorie e ricordi, legati alla storia della scena musicale: oltre 80 immagini, tra cui alcune inedite, firmate da Charles Peterson e Michael Lavine, ma proposte in un accostamento inusuale, capaci di immergere il pubblico nella fascinazione di quegli anni, restituendo un ritratto intimo ed iconico di Cobain. Il percorso espositivo, scandito dalle stesse canzoni dei Nirvana, compenetra così perfettamente i bianconeri di Peterson con i colori pop di Lavine, e segue di fatto la cronologia della band. Si parte dagli inizi, quando al posto del batterista Dave Grohl c’era Chad Channing, fino a quelli del successo internazionale, per concludersi con una sezione interamente dedicata agli altri esponenti della Seattle anni ‘90, tra cui Pearl Jam, Soundgarden e Mudhoney.

Scatti memorabili. Da un lato Peterson, utilizzando uno stile personale, creò un proprio marchio di fabbrica inconfondibile: i suoi flash, molto potenti per poter squarciare il buio dei club, furono in grado di isolare i soggetti in modo classico e iconico al tempo stesso. Ne viene fuori allora un Cobain ritratto in immagini intime e rivelatrici. Come quella colta sul palco dello storico Reading Festival, in Inghilterra, nell’agosto del ’92 quando il cantante (di cui già si vociferavano le precarie condizioni psicofisiche), si presentò sul palco in sedia a rotelle, esibendosi in uno degli show più incredibili nella storia del gruppo. Oppure, legata sempre al 1992, quella che lo vede assieme alla figlia, Frances Bean, davanti agli elementi di un collage che rappresenta modellini di feti umani su una distesa di gigli e orchidee, idea che, poi, gli ispirò la realizzazione del retro della copertina dell’album In Utero.

Dall’altro, invece, Lavine immortalò il gruppo in studio nei mesi della loro prima formazione, fino al trionfo globale, quando accanto al leader della band c’era l’ex moglie Courtney Love, seguendoli nella promozione di Nevermind e ancora In Utero. Due album diventati a loro volta simbolo di un’era: una vera e propria registrazione visiva del gruppo, che il fotografo accompagna in studio in tutti i diversi momenti, fino appunto alla morte del suo leader.

Da allora Kurt non smette di far sentire la propria voce, continuando a regalare suggestioni e rimpianti.