Le 5 poltrone must del design italiano
Courtesy Molteni&C

Le 5 poltrone must del design italiano

di Digital Team

Storia, aneddoti e significati di cinque fra le poltrone che hanno contribuito a scrivere la storia del design italiano nel corso del Novecento

Perché alcune poltrone sono riuscite a superare indenni la prova del tempo, continuando a imporsi come autentici ‘oggetti del desiderio’ anche nelle case contemporanee? Cosa ha contribuito alla loro ascesa e capillare diffusione, nonostante le innumerevoli ‘concorrenti’ progettate e prodotte nel corso dei decenni? Non esiste un’unica risposta a queste domande, così come sarebbe riduttivo spiegare il successo di alcuni esemplari solo a partire dal talento dei rispettivi designer o dall’affidabilità delle aziende produttrici. Le descrizioni delle cinque poltrone che seguono testimoniano come ciascuna incarni uno e più aspetti che hanno contribuito a scrivere la storia del design. Convincenti soluzioni formali, novità tecniche o nella scelta dei materiali, innovazioni produttive, l’attitudine dimostrata nell’oltrepassare i limiti propri del design così da riuscire a restituire lo spirito di una precisa fase storica sono fra le ragioni che rendono queste poltrone punti di riferimento dell’abitare domestico. Ieri come oggi.

1. Lady di Marco Zanuso

Taglia il traguardo dei 70 anni proprio nel 2021 la poltrona Lady di Marco Zanuso, prodotta da Cassina. Premiata con la Medaglia d’oro alla IX Triennale di Milano nel 1951, anno del suo lancio, è considerata un simbolo del design italiano del secondo dopoguerra grazie alle significative innovazioni di cui fu portatrice, sia sul fronte dei materiali che in ambito tecnologico e costruttivo. Designer, architetto e docente universitario, Zanuso tradusse il suo peculiare interesse verso il tema dell’industrializzazione del prodotto anche in questo progetto, rendendo Lady la prima poltrona rivestita in poliuretano espanso e gommapiuma. Per assecondare le esigenze di un sostegno differenziato, proporzionato alla pressione esercitata dal corpo, introdusse livelli di imbottitura diversi per sedile, schienale e fianchi. Dotò inoltre la seduta di un sistema di molleggio con cinghie elastiche in Nastrocord rinforzata così da migliorarne il confort. Infine trasferì metodologie produttive messe a punto per il settore automobilistico, superando il tradizionale sistema di lavorazione degli imbottiti, che era concepito per parti separate, successivamente (e non simultaneamente) assemblate. Oltre al rivestimento in quadrettato bianco e nero, distintivo della versione elaborata da Zanuso, Lady include oggi una gamma di finiture in pelle o in tessuto.

2. D 153.1 di Gio Ponti

Quintessenza del ‘vivere alla Ponti’, per usare la medesima espressione adottata nella mostra che ha raccontato lo spirito dell’abitare domestico secondo il celebre architetto, la casa milanese di via Dezza 49 (oggi sede di Gio Ponti Archives) comprendeva fra i propri arredi anche la D.153.1. Presenza imprescindibile nella Gio Ponti Collection di Molteni&C, la poltrona fu disegnata nel 1953, due anni dopo la nascita della celeberrima Sedia 646 La Leggera. Le finiture attuali sono in Velluto ‘Punteggiato’ e in pelle, negli abbinamenti cromatici bianco L212 / blu L100; bianco carta S1211 / sabbia S1222; tortora L209 / testa di moro L216.

3. Proust di Alessandro Mendini

Quando il nome ripercorre la genesi di un progetto. Architetto e designer prolifico ed eclettico, nonché direttore di alcune fra le più autorevoli riviste del settore, Alessandro Mendini puntò (anche) sulla ‘neobarocca’ Proust per sviluppare il personalissimo itinerario nel cosiddetto ‘re-design‘, pratica che lo avrebbe condotto verso la reinterpretazione formale di progetti e motivi legati a epoche e stili precedenti. Volendo quindi ripensare la seduta dell’autore de À la recherche du temps perdu, Mendini ha affiancato echi postmoderni a un’eccentrica carica cromatica, ponendosi l’obiettivo della massima comodità. Dopo aver debuttato nel 1978 fra gli arredi della mostra Incontri ravvicinati di architettura, allestita nelle sale di Palazzo dei Diamanti di Ferrara, Proust ha conquistato la scena internazionale. Dal percorso autonomo e straordinario intrapreso negli anni sono nate numerose varianti, capaci di declinare la vibrante energia attraverso la sperimentazione di nuovi materiali e sosfistici pattern. Oggi Cappellini la produce nelle versioni multicolore azzurro/grigio/giallo e nero/verde/rosso.

4. Up 5 di Gaetano Pesce

È in un’Italia segnata della rivolta studentesca e operaia e, nel campo della progettazione, dall’avvio di esperienze destinate a fare storia, come le ricerche dei gruppi Archizoom e Superstudio, che lo scultore, designer e architetto Gaetano Pesce disegna uno dei prodotti più rilevanti della sua lunga carriera. Ribattezza Mama e Donna, la poltrona ufficialmente denominata UP5_6, prodotta fin dal 1969 da B&B Italia, evoca dichiaratamente con le proprie forme sinuose il corpo femminile e rivela tutta la complessità dell’essere donna. ‘In quel momento io raccontavo una storia personale su quello che è il mio concetto sulla donna: la donna è sempre stata, suo malgrado, prigioniera di sé’, ha dichiarato Pesce. ‘Così mi è piaciuto dare a questa poltrona una forma di donna con la palla al piede, che costituisce anche l’immagine tradizionale del prigioniero‘. Rieditata nel 2000 e presentata in occasione del recente cinquantenario nelle versioni in tinta unita rosso aranciato, blu navy, verde smeraldo, verde petrolio e cardamomo, oltre che con righe beige/verde petrolio secondo la palette del ’69, la poltrona è parte delle collezioni di design permanenti della Triennale di Milano, del MoMA di New York, del Vitra Design Museum e del Musée des Beaux-Arts di Montréal.

5. Vanity Fair di Renzo Frau

Fondatore nel 1912 di Poltrona Frau, il cagliaritano Renzo Frau progettò alcuni dei modelli che permisero al suo laboratorio artigianale di diventare un affermato e strutturato polo produttivo. Dopo la sua prematura scomparsa, nel 1926, ad assumere la direzione dell’azienda fu la moglie, Savina Pisati. Proprio a partire da disegni da lei conservati prende avvio la storia della poltrona ‘modello 904′, entrata in produzione dal 1930 e conosciuta con la denominazione Vanity Fair dal 1984. Oggi declinata anche in una versione baby, il cui volume corrisponde a due terzi esatti dell’originale, è dotata di una struttura portante in massello di faggio stagionato. Scultorea e compatta, è contraddistinta dalla morbida curvatura superiore del sedile e dei due braccioli; può essere rifinita in Pelle Frau® o in tessuto.