Lontana anima e corpo dai set, presa dalla magia della musica. Alla sua seconda vita da artista, Violante “Viola” Placido interpreta per Icon l’icona del punk rock anni 70.

Hey sister, walking in the sun, you walked on the wrong side of the track, and you didn’t know… Violante Placido accenna una strofa della sua Hey Sister guardandosi intorno guardinga, un po’ come se stesse bisbigliando all’orecchio un segreto. Per l’imbarazzo si copre la bocca con una sciarpa rosa che per contrasto le accende ancor di più gli occhi verdi e, al contempo, attutisce la voce che sembra arrivare da un posto lontano e maschera il cuore che probabilmente le pulsa agitato, sotto una T-shirt della cantante dei Blondie Debbie Harry. Da settimane, Viola (è questo il nome d’arte che s’è scelta per scrivere canzoni) è chiusa in uno studio di registrazione di Milano per incidere il suo secondo disco, prodotto da Gaben e distribuito dall’etichetta indie Mescal, dopo un’estate passata in giro per l’Italia a cantare dal vivo insieme a Lele Battista. «Sono tutta presa dalla musica adesso», dice, dove “presa” fa vibrare corde femminili, di resa e passione allo stesso tempo: «pubblicherò l’album e poi partirò in tour». Il cinema per ora resta sullo sfondo: non ha voglia di costumiste, ore di trucco, motore, azione. Le piacciono le fette di pizza fredda mangiate sul pavimento. I viaggi sul pulmino tra un locale e l’altro. Perdersi nel mare agitato che divide il sogno e la veglia. Vivere una seconda vita, ecco cosa vuole.

Prima di parlare d’arte, solo una curiosità sul tuo corpo: vestita sembri sottile, appena accenni a svestirti esplode invece una sensualità rotonda. Ma sei sempre tu?

«Sì, ma ho un corpo che cambia, è vero. Il mio bioritmo è un flusso, e scorre di continuo, mi plasma. Ci sono periodi in cui mi faccio influenzare dalla morbidezza di certi personaggi. Periodi in cui sono più nervosa e allora mi asciugo. Dipende».

Ti senti più spirituale o carnale?

«Spirituale. Sempre in cerca di connessioni, coincidenze, magia».

Fai bei sogni?

«No, orribili: io che cado da una barca col mare in tempesta, o che finisco sott’acqua con gli squali, o sola su un aereo abbandonato. Il lato positivo di questa mia instancabile e stancante attività onirica è che traggo parecchia ispirazione per le mie canzoni».

Sento i lupi ululare nella notte, il vento scuote la mia casa di legno. Canzoni come questa?

«Le parole di Sheepwolf sono uscite di getto, in uno stato di dormiveglia, molto meditativo, mentre stavo seduta in un angolino con altri musicisti nella penombra di un loft. Quando entro in contatto col mio inconscio scrivo le cose più vere».
(leggi il testo integrale su ‘Icon’ n. 8, marzo 2013)

Foto: Simon

Styling: Miki Zanini
Testo: Raffaele Panizza

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