Istriana, non è mai riuscita ad arrivare dove voleva: al grande cinema. Ma ha rappresentato il mito, immortale, della donna erotica e gradita al grande pubblico

Quando, nel 1976, girò L’Innocente, Luchino Visconti volle Laura Antonelli, l’aveva vista in Divina creatura di Patroni Griffi e gli era piaciuta moltissimo. Questo è uno dei possibili “fermo immagine” nel film della vita di Laura Antonaz, profuga istriana (è nata a Pola il 28 novenbre 1941), professoressa di ginnastica, stellina dei fotoromanzi, arruolata dal cinema a 25 anni, col nome d’arte di Laura Antonelli.

Probabilmente a lei non dispiace: essere ricordata come attrice nei film “d’autore” è un riconoscimento a cui ha sempre tenuto molto. Perché non solo era partita tardi (la Loren e la Podestà, per fare due nomi a caso, avevano esordito prima dei venti), ma aveva fatto sette anni di gavetta, sette anni di guai, per dirla alla Totò. Confinata spesso in operine audaci (per l’epoca) girate per i mercati esteri, o girate due volte (pellicole con sequenze più castigate per l’Italia, più nude per l’estero), sembrava che che Laura anelasse al grande cinema, senza esserne ricambiata, quando successe qualcosa.

Accadde quando Laura era disperata per esser stata scartata da Vittorio De Sica per il suo Giardino dei Finzi-Contini, e confessava: “Non combinerò mai niente, sono condannata a quei filmacci, la mia carriera è a un vicolo cieco, non sarò mai un’attrice”. Accadde che nel 1973 Salvatore Samperi la prese come protagonista di Malizia. Per capirci, quel film è un Big Bang per l’universo cinematografico italiano. Ufficialmente inaugurò la commedia sexy all’italiana, in sostanza aprì la strada dei sensi a tutti i generi.

Il fatto è che Laura Antonelli, spogliata, è una bomba erotica, come le pin up degli anni Cinquanta. Anche a costo di litigarci, piuttosto che quello dei film d’autore, questo è il “fermo immagine” che va privilegiato e che la consegna alla leggenda. Enrico Lucherini ricordava: “Con Malizia Laura diventa un sex symbol, come la Loren dieci anni prima. Eppure lei non ne era contenta”. Il gossip dice che un po’ dipendesse dall’età: troppo avanzata (secono i canoni del tempo) per indossare il nudo e basta. Comunque, di certo, lei non voleva essere “un corpo, nient’altro che un corpo”. Sappiamo che in qualche modo non c’è riuscita, forse davvero condannata, nella vita, dalla sua bellezza esplosiva. E segnata da amori, come quello, epocale, con Jean-Paul Belmondo (suo partner, nel 1972, in Trappola per un lupo), che oggi è facile rievocare con commozione, ma che l’hanno lascciata sempre più sola con i suoi fantasmi.

Ecco perché, per quanto lontani nel tempo, è giusto collocare i fermi immagine proprio all’inizio del suo percorso. Il suo corpo prepotente e la faccia innocente (come oggi appare Charlize Theron) sono davvero, come ha scritto la critica, “il punto di raccordo tra le grandi dive dell’epoca d’oro e le divette del nuovo cinema”. È un ritratto che non va sporcato con le tragedia della droga, della chirurgia che l’ha sfigurata, dei turbamenti personali. In ogni caso, Laura Antonelli non deve rinnegare i suoi “facili” successi commerciali, che l’hanno resa graditissima al grande pubblico. Avrete notato che ne parlo al presente: un mito come Laura non muore mai.