Antonio Perazzi, il filosofo dei giardini

Antonio Perazzi, il filosofo dei giardini

di Carolina Saporiti

Paesaggista e botanico, Perazzi ha l’anima delicata dei fiori e le idee salde come le radici di una pianta. In occasione di Radicepura Garden Festival, di cui è Direttore Artistico, ci ha spiegato perché non possiamo fare a meno dei giardini nelle nostre vite e come la loro bellezza ci può salvare

“I documentari hanno preso una deriva brutta, manca la narrativa poetica, sono narrazioni disilluse che mettono a disagio” dice così a fine intervista Antonio Perazzi, paesaggista, botanico e Direttore Artistico dell’appena inaugurata edizione di Radicepura, la Biennale del Mediterraneo di Giarre (Catania) che quest’anno ha scelto come tema il Giardino del Futuro e che proseguirà fino al 19 dicembre. Invece per lui è la bellezza della Natura che va lasciata parlare, è lei che ci può salvare. Basta solo lasciarla esprimere.

Sono tante le riflessioni che facciamo con Perazzi al telefono: uomo sensibile, cresciuto in una famiglia di giornalisti e scrittori, ha avuto un’infatuazione infantile verso la Natura (in particolare quella del Chianti) che lo ha portato, come ripete più volte, ad amare le piante. “Da piccolo volevo fare l’etologo, mi piaceva pensare di avere a che fare con chi non si esprime come noi, poi mi sono appassionato alle piante che sono ancora meno facili da interpretare, non tanto perché non parlano la nostra lingua, ma perché hanno un modo di comunicare collettivo”.

Antonio Perazzi da quella “infatuazione” ha fatto tanta strada ed è diventato un paesaggista riconosciuto a livello internazionale che parlando emana tutto il fascino che solo le persone appassionate possiedono. E noi ci lasciamo affascinare volentieri: “Ci vuole poesia nel creare un giardino, bisogna riuscire a dare senso alle cose impercettibili”. Il suo pensiero sembra quello di un filosofo, un filosofo dei giardini, che parla di problematiche ambientali come di questioni etiche, facendo intervenire anche l’estetica. Dopo aver creato un giardino permanente a Catania due anni fa, in occasione di Radicepura Garden Festival, ora e per tre edizioni ne sarà il Direttore Artistico. Incarico che ha accettato volentieri anche e soprattutto per le caratteristiche di quell’area geografica: “è il Paradiso dei giardinieri, tra mare e montagna, una montagna che è un vulcano quindi con un terreno fertilissimo, dove c’è acqua abbondante e un clima subtropicale, quasi tropicale. Qui le piante non hanno inverno, ma hanno due primavere. Ho piantato un eritrina che è già cresciuta 6 metri e alcune piante di frutti tropicali che stanno già fruttificando”. Lo dice emozionato, così tanto da farci capire la straordinarietà dell’evento; ma soprattutto Perazzi ha accettato l’incarico perché è una bella occasione (o pretesto, se vogliamo) per fare chiarezza sui giardini del futuro, tema scelto per questa edizione.

Si parla tanto di sostenibilità, di cambiamento climatico, della fragilità della Natura e mai come nell’ultimo anno ci siamo resi conto di quanto sia una fortuna avere a disposizione un po’ di verde nelle vicinanze: “Abbiamo capito finalmente che il giardino non è un luogo elitario, ma un bisogno quotidiano. Questo periodo storico ci ha insegnato che non possiamo farne a meno, è una condizione di sopravvivenza”. Secondo Antonio Perazzi, poi, questo è anche il momento giusto per tornare alle origini, stilisticamente parlando: “i giardini sono luoghi raffinati ed eleganti dove si entra in contatto con le piante. Negli ultimi anni questo concetto era deragliato in nome del design, che non dico non debba esserci, ma non deve farci sentire esterni. In un giardino si diventa parte tutti di un unico ecosistema: non c’è antropocene e plantocene, c’è convivenza”. L’idea che il giardino sia un posto “esclusivo” è recente e sbagliata, ci spiega Perazzi, perché un bel giardino si può fare anche con piante che costano poco, addirittura senza impianto d’irrigazione, “quel che è importante è il progetto, che deve tenere conto – a differenza dell’architettura – anche delle variabili. Il lavoro del paesaggista è un lavoro creativo, manuale, ma anche intellettuale”.

Ma se Radicepura quest’anno ha deciso di dedicare al Giardino del futuro questa edizione, concentrandosi sulla parte risolutrice che i giardini possono e devono avere nei confronti dei tanti problemi di oggi, Antonio Perazzi ci tiene a fare chiarezza sul binomio etica/estetica. “Guardo con ammirazione quegli imprenditori che fanno cose belle ed etiche e vorrei che lo stesso avvenisse con i giardini. Io ho un’idea di giardino selvatico, provo un amore sincero nei confronti della Natura e per questo insisto a favore dei progetti belli, non pieni di sensi di colpa e linee abbozzate: non bisogna provare imbarazzo o disagio a fare cose belle, perché la bellezza parla. Il giardino è il luogo dove riscoprire una relazione umana con il vivere. Chi fa giardini dovrebbe assumere un approccio ambientale, etico e artistico. Ci sono alcuni giardini in cui le piante sono maltrattate o in cui non si vede il loro lato affettuoso, altri con arredi o illuminazione sbagliati che fanno sentire estranei”. Invece, ci insegna, il bello della Natura ha una funzione: migliorare la nostra vita.