Quali forme hanno gli oggetti di oggi? La risposta di un grande disegnatore

Vi ricordate il mitico film 2001 Odissea nello spazio? Ebbene, il grande Kubrick si conferma una volta di più un lucido visionario e anticipatore dei tempi. Questa volta per un elemento particolare, simbolo del potere, dell’intelligenza e del sapere: il totem. Quel parallelepipedo nero magico e misterioso, è l’emblema della contemporaneità.

Diventa cioè, la forma di tutte le forme, in una sorta di sintesi o astrazione perfetta dell’oggetto concreto nella sua idea. Oppure e anche, è la rappresentazione dell’annullamento dell’oggetto fisico, il tratto grafico dell’impossibilità a maneggiare qualcosa. L’impalpabilità è del resto elemento fondamentale della società liquida.

Così Guido Scarabottolo firma il suo Prontuario iconografico per il designer contemporaneo, un prezioso libro edito da La Grande Illusion che potrebbe gettare nel panico (per horror vacui) chi crede nella progettazione di ‘cose’ funzionali alla vita quotidiana, scatenare discussioni filosofiche sulla prossima evoluzione umana e far sorridere chi ama giocare ai paradossi. Il motivo? La scelta del disegnatore è una sola: rappresentare un rettangolo nero al posto di ogni oggetto.

‘In quanto disegnatore, non so più come fare a disegnare gli oggetti. Ma ci sono arrivato, come quasi sempre, per via empirica: ero a Bruxelles e sono entrato in un negozio per comprare una mappa della città. Ma mi hanno risposto che non le tenevano più perché tutti usano quelle sul telefono’, spiega l’autore, “Ecco perché mi è venuto in mente di fare un rimando al totem del film 2001: è l’oggetto che provoca il cambiamento’.

Il totem dunque è lo smartphone di oggi?

‘Le cose sono tutte nel nostro telefono, dunque stanno perdendo la loro forma. Ho studiato architettura e a quei tempi si facevano intense discussioni su quanto la forma di un oggetto ne rispecchiasse la funzione. Ora non ha più nessun senso. D’altra parte, prima ci si occupava anche di capire il funzionamento delle cose, eventualmente smontandole, altra cosa che si è persa. Però se ne conserva la memoria’.

Cioè?

‘L’interfaccia delle varie applicazioni su computer o smartphone fa riferimento a una memoria che abbiamo noi delle cose, che peraltro ai giovani non dice più niente. Addirittura nei programmi di disegno c’è un riferimento ai materiali e alle loro reazioni fisiche. Quindi la pittura a olio sarà diversa dall’acquarello e l’asciugatura di un tipo di carta reagisce diversamente che un altra. Lo stesso le mappe: il telefono potrebbe semplicemente condurci al punto che cerchiamo, senza farci vedere la carta geografica. Ma c’è una cosa che mi terrorizza ancora di più’.

Quale?

‘Il fatto che lo smartphone sia destinato a sparire. Avremo un chip incorporato, come nei peggiori film di fantascienza?’.

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Il libro verrà presentato il 23 giugno alla Galleria Carla Sozzani di Milano, alle ore 19, con Sylvie Coyaud e Mario Piazza.