Torna l’appuntamento di Icon dedicato al piacere della lettura: ogni mese, una selezione di testi per decifrare il presente. Per perderesi e ritrovarsi tra parole e pensieri.

In questi tempi vulcanici fra social media e talk-show, di imbarazzanti bagarre e discussioni che strabordano tracotanza e poco senso, si consumano velocissime parole enormi: si parla di confronti ma non di sovente si riescono a trovare spazi fertili, generosi, dove lasciar germogliare le idee e costruire un discorso comune, anche e soprattutto su tematiche sensibili come l’identità, il ruolo, la femminilità.

La letteratura è un laboratorio privilegiato di ascolto e osservazione: le nostre biblioteche domestiche ci consegnano dei ritratti, ci regalano Donne che sono personaggi, sì, ma anche opportunità in grado di aiutarci a decifrare i complessi codici del reale.

Ci sono e ci sono state delle scrittrici, per esempio, che hanno tratteggiato delle figure femminili con una tale intensità che scordarle sarebbe fatale. Eccole.

Virginia Woolf: Gita al faro

La Virginia Woolf di “Gita al faro,” la sua Mrs Ramsay, lontana rielaborazione del lutto materno o ipotizzato alter-ego, che si trastulla fra premura e tenacia con una tenerezza lancinante, con tutti che “ricadono nel raggio del suo esserci”. Instancabile e materna, perno degli amori e delle debolezze familiari, inafferrabile e contemplativa: fra i caratteri della celebre scrittrice e attivista britannica, Mrs Ramsay è una delle tante donne-sentinella che processano febbrilmente i moti dell’animo umano. Enciclopedie emotive, le sue, scritte in un tempo e uno spazio che ben poche opportunità lasciava al femminile (del resto ce lo insegna la stessa in “Una stanza tutta per sé” o ne “Le tre guinee”).

Controversa ed elogiata, a fronte di una vita terribilmente inquieta, la Woolf ha caratterizzato le sue voci femminili con toni inconfondibili: le sue donne sono qui, sono adesso, sono complesse e granitiche come la Rachel de “La Crociera”, pubblicato nel 1915.

Grazia Deledda: Canne al Vento

L’universo femminile di Grazia Deledda, la prima donna italiana a vincere il Premio Nobel per la letteratura, nel 1926, ha un fascino primitivo: autrice per certi versi ancora poco esplorata, con la Donna Noemi di Canne al vento la scrittrice sarda consegnò alla memoria collettiva un personaggio complesso e iconico. Simbolo di fierezza, provata dall’indigenza e dall’asperità di una terra, quella sarda, che non risparmiava l’onta del disonore e del peccato, incestuosamente innamorata del nipote Giacinto, la donna si fa responsabile del suo agire, sempre, e commette errori ma ne accetta anche le conseguenze e le rielabora tutte. La compassione dell’autrice, scevra da ogni opinione, colora in questo romanzo magistrale una figura in piedi, di fronte all’ineluttabilità degli eventi, un’anima tormentata che tuttavia in nulla perde l’ancestrale grazia.

Ilaria Tuti: Fiori di Roccia

Da poche settimane Ilaria Tuti è in libreria con Fiori di roccia (Longanesi), un romanzo che fa luce sul ricordo delle portatrici carniche, ossia quelle donne che durante la I guerra mondiale si adoperarono lungo il fronte della Carnia per trasportare munizioni e rifornimenti ai soldati impegnati sulle prime linee italiane.

Gerle cariche di provviste, un braccialetto legato al polso e le scarpetz ai piedi, molte ancora bambine, altre più anziane, il lavoro delle portatrici è un fenomeno storico di cui le pagine dell’Autrice friulana si fanno sentita testimonianza, riconsegnandoci un femminile fisicamente instancabile e intimamente puro, sagome caparbie che salgono su per sentieri sconnessi con abnegazione e volontà. Se il fronte italiano della Carnia non cedette mai fu anche merito di questo donne, persone semplici, che parlavano in dialetto, che si scambiavano messaggi di guerra e di amore, sguardi e sospiri rapidissimi.

Alice Munro: La vita delle ragazze e delle donne

La vita delle ragazze e delle donne (Einaudi) è l’unico romanzo di Alice Munro, geniale autrice canadese, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel 2013. Epica nelle sue raccolte di racconti dove ogni personaggio – donna, uomo, animale – porta in sé qualcosa che va oltre la singola identità e scava nel bacino di emozioni e storie che ciascuno ha scritto in sé, l’opera in questione sembra sia stata una sorta di battesimo di fuoco letterario: l’editore le disse che prima di proporre racconti, genere a cui la Munro rimarrà comunque devota, avrebbe dovuto cimentarsi nella stesura di un romanzo ed essere così consacrata al pubblico. Quello che ne seguì fu il ritratto della giovane Del Jordan: la cornice è quella della provincia – fra i temi sacri della scrittrice – e i punti di osservazione della storia-romanzo di formazione cambiano a seconda degli occhi su cui si volge l’attenzione. Il mondo intimo della protagonista, le sue scelte, i valori (come il matrimonio, la scelta della maternità) sono il terreno su cui, come sempre, la Munro lascia germogliare le parole e nel frattempo caratterizza degli spaccati superbi della società e delle persone che travalicano il tempo, i luoghi o le diverse condizioni sociali.