miart 2021: una fiera d’arte all’insegna della fiducia
Courtesy Officine Saffi

miart 2021: una fiera d’arte all’insegna della fiducia

di Elena Bordignon

Alcune domande al nuovo direttore artistico della fiera Nicola Ricciardi su temi attuali che interessano il contemporaneo

Si prospetta all’insegna della fiducia la prossima edizione di miart: la fiera d’arte moderna e contemporanea ospitata a Milano dal 17 al 19 settembre 2021.
Dopo l’edizione dello scorso anno, svoltasi in digitale, ora la kermesse si presenta con una serie di iniziative volte ad approfondire e valorizzare nuovi dialoghi tra presente e passato, storia e sperimentazione.
La 25° edizione – che ha per titolo
Dismantling the silence è diretta da un nuovo direttore artistico, Nicola Ricciardi, a cui abbiamo posto alcune domande su temi attuali, come la sostenibilità, e come l’arte può (e deve) affrontare problematiche attuali ed urgenti.
In parallelo alla fiera, un ricco programmi di eventi anima la città con la Milano Art Week: il ricco calendario di inaugurazioni e progetti speciali che coinvolge le maggiori istituzioni pubbliche e le fondazioni private della città.

Mai come ora gli eventi che radunano molte persone – come può essere una fiera d’arte – sono diventati non solo importanti, ma anche una ‘cartina di tornasole’ per verificare nuovi modi di vivere delle esperienze collettive. È il tuo primo anno di conduzione, come direttore artistico, di miart. Dopo l’ultima edizione, fatta esclusivamente in digitale, come hai vissuto l’organizzazione del tuo esordio a miart?

Facendoci ispirare dal titolo di una raccolta di poesie di Charles Simic del 1971 — Dismantling the silence — ci siamo posti come primo obiettivo quello di smantellare il silenzio che si era andato a creare, complice la pandemia, tra miart e le gallerie. Nei primi due mesi di questa nuova avventura abbiamo parlato con oltre cento galleristi, italiani e stranieri, cercando di immaginare e costruire una fiera partendo per prima cosa dalle loro esigenze. Quel che è emerso da tutte quelle conversazioni è stato innanzitutto il desiderio quasi unanime di tornare ad una fiera fisica — ovvero in presenza — e dunque non più esclusivamente digitale. Le fiere online only sono state un interessante esperimento, in tempi in cui non c’era alternativa, ma rimane ancora molto da lavorare per avvicinare l’esperienza digitale a quella fisica — e oggi come oggi c’è una gran voglia di tornare a dialogare e lavorare vis-a-vis.

Uno dei temi fondamentali, affrontato in tutti gli ambiti – economico, ambientale e sociale – è quello della sostenibilità. Anche in ambito culturale, è in particolare, in ambito artistico, molti curatori e artisti si occupano di approfondire e diffonderne i principi. In merito al tema della sostenibilità, mi dai un tuo punto di vista? Ci sono in fiera degli artisti particolarmente sensibili a questo tema?

Uno dei pochissimi aspetti positivi del terribile anno e mezzo che abbiamo vissuto è stato senz’altro l’impatto favorevole che la drastica riduzione degli spostamenti ha avuto sull’ambiente. Come me, molti curatori e direttori di istituzioni si sono resi conto che buona parte dei viaggi che eravamo disposti e abituati a fare per partecipare a fiere, manifestazioni, opening, erano sacrificabili. Personalmente credo che anche in futuro non sarà così scontato prendere un aereo quando non strettamente necessario. È una goccia nel mare, ma comunque una buona notizia per il clima. A livello di progetti presenti a miart, molte gallerie hanno dimostrato particolare attenzione e sensibilità nei confronti di questi temi. Per citare un esempio, MLF | Marie-Laure Fleisch, di Bruxelles, presenterà esclusivamente artisti che usano l’ambiente come una forza ispiratrice — sia come materia da trasformare che come la scenografia di un mondo post-umano, dove gli elementi organici prendono il sopravvento.

Ci sono punti di vista contrastanti sulle potenzialità dell’arte di sensibilizzare su temi quali l’identità di genere, il rispetto della diversità, il concetto di ‘inclusività’. A tuo parere, l’arte deve compiere un ruolo di sensibilizzazione su questi temi importanti? Ci sono delle sezioni della fiera che li affrontano in modo esplicito?

Se ci fossero delle sezioni dedicate non si potrebbe parlare di inclusività. Ritengo che l’attenzione alle diversità debba partire necessariamente dal non ghettizzare — anche se con i migliori propositi — ciò che è diverso, ma piuttosto dall’includerlo nel discorso generale. A miart sono ovviamente presenti molteplici realtà e numerosissimi artisti appartenenti o riconducibili a contesti atipici, meno privilegiati, non omologati. A definirli tuttavia non è la peculiarità di per sé, ma la loro capacità di trasmettere un messaggio — qualunque messaggio, dunque non per forza legato al loro contesto particolare. Ho sempre trovato poco interessante e poco produttivo applicare delle etichette: la mia speranza è che il visitatore, girando per gli stand della fiera, possa riempirsi gli occhi e il cervello dell’arte in tutta la sua eterogeneità. Non ritengo che la mia responsabilità, nei confronti del pubblico, sia quella di fornire delle risposte, ma piuttosto di stimolare delle domande: l’unica vera forza in grado di far sopravvivere la cultura è la curiosità. Ed è così dall’alba dei tempi.   

Solo negli ultimi decenni, nelle fiere d’arte, sono comparse, tra gli stand delle gallerie provenienti da aree come l’Africa, l’America Latina ed Europa dell’Est. Al di là dell’aspetto prettamente economico, ritieni che ci siano ancora molte disparità tra le ricerche degli artisti occidentali, rispetto a quelle di artisti provenienti da aree emergenti?

Sicuramente rispetto a 50 anni fa possiamo dire che il palcoscenico dell’arte è sensibilmente più globale — e che artisti, gallerie e istituzioni a cui precedentemente era precluso l’accesso hanno oggi mezzi e possibilità per recitare una parte da protagonisti. Questo non va ovviamente confuso con il mito dell’accessibilità universale: la soglia per salire sul palco è ancora abbastanza stretta — e che vi sia una disparità tra Occidente e altre aree geografiche o sfere di influenza è sotto gli occhi di tutti. Tuttavia, ci rende particolarmente felici sapere che tra le molte gallerie straniere che quest’anno parteciperanno a miart vi sono realtà provenienti da una grande varietà di latitudini e longitudini: da Atene a Lima, da Mosca a Città del Capo, da Bratislava a Città del Messico.