Oliver Stone e la (nuova) sfida autobiografica
Foto: Carlos R. Alvarez/WireImage

Oliver Stone e la (nuova) sfida autobiografica

di Andrea Giordano

Oliver Stone racconta i suoi primi quarant’anni in “Cercando la luce”, autobiografia uscita da poco in Italia, edita da La nave di Teseo. Un’avventura personale e artistica, nella quale il regista americano di “Nato il 4 luglio” e “JFK”, narra l”infanzia, i genitori, i primi lavori, gli Oscar, i fallimenti e il successo, coronato da due capolavori, “Salvador, e “Platoon”, ispirato alla sua esperienza durante la Guerra in Vietnam.

Provare a raccontare i primi quarant’anni di esistenza, quelli della formazione, dove educarsi al bello – e soprattutto al brutto che vedeva intorno – gli è servito a diventare un autore atipico e lontano dai cliché.

Oliver Stone, 74 anni il 15 settembre, è sicuramente il regista cinematografico più controverso, ribelle, innovativo, coraggioso e amato oltremodo dai cultori proprio per la sua epica della narrazione, devota a un immaginario reale e sempre a caccia della verità. Non un personaggio come gli altri, perché da sempre è riuscito a distinguersi nel voler, a tutti i costi, sfidare se stesso, e correre Cercando la luce. Da qui il titolo della sua corposa autobiografia (in originale Chasing the Light), uscita negli Stati Uniti a luglio, e adesso disponibile anche in Italia, il primo paese europeo a pubblicare, grazie a La nave di Teseo, l’ottima traduzione di Carlo Prosperi, recentemente presentata all’ultima Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro.


Oltre 500 pagine di memorie e raccordi, curiosità e dettagli ben calibrati in una porzione di vita, partendo dai suoi genitori. Madre francese, sognatrice tanto quanto la Rossella O’Hara di Via col Vento, padre ufficiale dell’esercito, sbarcati nel 1946 (lui stava per nascere) a Ellis Island, prossimi a una nuova casa e a ricominciare (più in là divorzieranno scatenando alcune sue scelte) dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale. A New York, in quell’America oggi al collasso sociale (e non solo) per via di una politica insensata, quella di Trump, Stone è stato (lo è ancora) uno dei figli “scomodi” nel decifrare momenti cruciali del cambiamento. Lo ha fatto in opere a tratti leggendarie: Wall Street, JFK, Snowden, Nato il 4 luglio, World Trade Center, eppure mai così d’attualità per riannodare il passato al presente.

«I miei film sono stati ammortizzatori che mi hanno permesso di percorre decenni di un’intensa, quasi folle, esperienza americana», scrive. E in quel viaggio a caccia d’identità, ha attraversato i terreni più aridi e difficili da comprendere: la Guerra del Vietnam, in primis, in cui, dopo essere partito volontario, aver scavato buche, ucciso, pattugliato, tornerà decorato con una stella di bronzo eppure scosso, ferito dal desiderio di non far scendere troppe ombre su quello che successe. Un conflitto insensato che «ci aveva corrotto tutti. Che avessimo ucciso o no, avevamo fatto parte di una macchina talmente immorale da bombardare, avvelenare, distruggere con il napalm quel Paese da cima a fondo, pur sapendo tutti che non era una vera guerra per difendere la nostra patria». Da quegli strani giorni, come li descrive, trae ispirazione e porta alla luce uno dei suoi capolavori assoluti, Platoon, che alla fine, nonostante le accuse da parte del Pentagono e i boicottaggi, sarà ricompensato da quattro Oscar, tra cui miglior film e regia.

Parla poi della travagliata lavorazione avvenuta per Salvador, altro gioiello focalizzato questa volta sulla Guerra civile a El Salvador. All’inferno e ritorno. Un lavoro monumentale, finito quasi senza budget, con l’ultimo ciak agguantato per un pelo grazie anche a produttori illuminati come John Daly, a cui dedica il libro. Una pellicola chiave, che servì da spartiacque. «Sono il burattinaio e ho il potere di decidere chi muore e chi vive in questo teatrino interamente costruito da me. Tra le mani ho tutto quello che rendeva i film così appassionanti ai miei occhi di bambino: battaglie, gesti eroici, colpi di scena».

Ma nel dividersi tra ricordi, non solo d’infanzia, c’è ovviamente spazio per altri momenti: la sceneggiatura di Midnight Express (Fuga di Mezzanotte), per la quale vinse la prima statuetta, quella di Scarface e il conseguente rapporto conflittuale con Brian De Palma, il successo, Hollywood e le sue contraddizioni, gli Studios, i fallimenti, i rischi, il demone della cocaina, paure e rinascite, miracoli e ritorni nella giungla. Cercando alla luce è un’avventura letteraria soprattutto sulla perseveranza umana, inevitabile, in grado di metterci di fronte ai rifiuti e alla delusioni, tentando di reagire, protestando e lottando per le proprie idee, senza divincolarsi dalla realtà.

«Il mondo si regge sulle promesse». Quello di Stone, invece, le ha mantenute.