Luigi D’Amelio, birraio dell’anno

El Mundo S.p.A.

Luigi D’Amelio, birraio dell’anno

di Aldo Fresia

Intervista al mastro birraio che si è imposto nel panorama delle artigianali italiane

Largo alle giovani realtà: nonostante abbia cominciato a produrre birra artigianale solo nel 2010, Luigi D’Amelio del birrificio Extraomnes di Marnate, in provincia di Varese, si è aggiudicato l’ambito premio Birraio dell’anno 2013.

Ideato e organizzato da Fermento Birra con la sponsorizzazione di Comac , questo riconoscimento viene assegnato sin dal 2009 al mastro birraio che meglio si distingue nel panorama artigianale italiano, il quale ha ormai da tempo varcato i confini nazionali imponendosi come una realtà capace di rivaleggiare con tradizioni antichissime (ad esempio quella belga).

Ed è proprio a questo stato europeo che fa riferimento la motivazione del premio: ‘Luigi D’Amelio si è imposto su birrai blasonati grazie a birre di personalità firmate con uno stile ispirato alle migliori espressioni moderne del Belgio. Birre intriganti, complesse, contraddistinte sempre da una freschezza di fondo, dall’immancabile secchezza e da una scorrevolezza pericolosa’.

Fra le birre segnalate dagli esperti ci sono chicche come la Weltanschauung, affinata 20 mesi in barrique, o la Donker, una imperial stout aromatizzata con caffè etiope. Ma non mancano sapori meno complessi come quelli che si possono gustare con un boccale di Blond, Zest, Tripel o di Kerst. E per queste quattro, il sito ufficiale di Extraomnes propone anche il piatto per ottenere un abbinamento perfetto .

Luigi, ma se dovessi indicarci l’abbinamento definitivo, quello che dopo puoi morire felice?
Ne ho due. Il primo è quello fra la Rochefort 10, che è una birra trappista belga, e il cioccolato fondente con alte percentuali di cacao (80, 85%). Durante i corsi che tengo, quando lo faccio provare parte la ola. Non è necessario scegliere un cioccolato ricercatissimo, va bene anche un Lindt che si trova al supermercato. Il bello della birra è che puoi gustare cose eccezionali senza spendere un patrimonio.

E il secondo abbinamento?
Questo è stagionale, non puoi replicarlo tutto l’anno, ma è una cosa totale, che ti fa vedere la Madonna che cammina con tutti gli angioletti. Bisogna avere la famosissima Stille Nacht, una birra di natale del birrificio delle Fiandre occidentali De Dolle. È fatta con zucchero candito, ma senza essere stucchevole. L’abbinamento perfetto è con il panettone, una cosa assolutamente straordinaria.

Hai qualche consiglio per gustare al meglio una birra artigianale?
Faccio sempre riferimento a una frase di Lorenzo Dabove, in arte Kuaska, che è mio grande amico ed è stato un maestro. La frase che lui dice sempre è che la birra non esiste, esistono le birre. Quindi dare un consiglio generale è un po’ difficile, anche se vale certamente la regola di non berle ghiacciate. Per apprezzare gli aromi di una birra artigianale, che hanno una marcia in più rispetto alla produzione industriale, suggerisco di aumentare di un paio di gradi la temperatura di servizio indicata, a seconda dello stile, per le tipologie industriali. Ad esempio, una pils artigianale non è da servire a 4-6 gradi, ma a 6-8. Poi bisogna cercare di utilizzare un bicchiere che non penalizzi la birra. In generale, se è una birra leggera si usano calici molto alti, mentre birre più alcoliche o di impronta belga hanno bisogno di un calice più ampio. In Belgio, dove la cultura della birra è decisamente più forte, se vai anche nel caffè più scalcagnato gestito da due vecchietti morenti e chiedi una Orval, questi ti porteranno l’Orval col bicchiere dell’Orval, il sottobicchiere dell’Orval e te la serviranno alla perfezione davanti a te.

Nel bicchiere va versato tutto il contenuto della bottiglia, giusto?
Se si tratta di un formato da 33 centilitri è meglio. Se è una 75 la si divide in due. Poi, per quanto riguarda i lieviti che rimangono nella bottiglia, il discorso è lungo e complesso. Riassumendo posso dirti che c’è chi sceglie di metterli direttamente nel bicchiere, chi invece preferisce servire la birra delicatamente, fare una bella schiumona e i lieviti depositarli sulla schiuma. Oppure addirittura c’è chi li serve a parte, per cui ti bevi la birra limpida e in un bicchierino ti servono il fondo della bottiglia. Tu lo bevi e poi scappi urlando verso il bagno, se non sei abituato (ride).

A parte Extraomnes, che ovviamente mettiamo nell’elenco, quali sono le case italiane assolutamente da non perdere?
Parto sicuramente dai birrai che sono arrivati in finale al premio Birraio dell’anno 2013. In quel quintetto chiunque scegli cadi bene. Secondo è arrivato Giovanni Campari del Birrificio del Ducato, che è molto eclettico ed è forse il più premiato all’estero. Poi c’era il Birrificio Montegioco, dove lavora Riccardo Franzosi, che è molto piccolo, è il classico birrificio di stranicchia. Fa birre a chilometro zero, con la fragola del posto, la pesca di Volpedo, utilizza il mosto del viticoltore accanto ed è straordinario. Poi c’era Nicola Perra, sardo, del birrificio Barley, che ha un livello eccezionale e fa una birra molto famosa e molto buona con il mosto di Cannonau. E poi c’era un birrificio giovane che è Foglie d’Erba, dove lavora Gino Perissutti, e fa delle birre buonissime molto caratterizzate dal luppolo. Fuori dai finalisti aggiungo Maltus Faber di Genova, molto orientato sugli stili belgi e di grande qualità. E poi consiglierei assolutamente Leonardo di Vincenzo di Birra del borgo, che è nel Lazio e fa birre premiatissime e buonissime.

Giochiamo sporco: chi sono i più sopravvalutati in Italia e all’estero?
In Italia non te lo dico (ride). All’estero secondo me sono sopravvalutatissimi due nomi che oltretutto vanno per la maggiore. Il primo è BrewDog. Sono bravissimi nel marketing, hanno cominciato facendo anche birre buone, poi però, forse per il successo economico che hanno ottenuto, sono diventati un po’ zoppicanti dal punto di vista qualitativo. E poi c’è questo fenomeno danese che si chiama Mikkeller, che oltretutto è una brewfirm, cioè non ha un impianto, però è uno dei più venduti ad esempio negli Stati Uniti ma anche in Europa. Le birre gliele fanno dei birrifici danesi, norvegesi e soprattutto un birrificio belga che si chiama De Proef. Io sono sempre un po’ critico nei confronti di quelli che fanno la birra senza sporcarsi le mani, cioè senza avere un impianto. Perché altrimenti potrebbe farlo chiunque. Cioè, vuoi farti una birra con i fichi della zia, vai dal birraio, glieli porti e lui ti fa la birra. Poi dici ‘l’ho fatta io’. L’hai fatta tu un corno, l’ha fatta il birraio perché l’hai pagato.

Chiudiamo con una tua birra: quale scegli per un abbinamento perfetto a un cibo?
Ne scelgo una che sta uscendo adesso, ne abbiamo fatto un migliaio di bottiglie. Si chiama Bloed, che in fiammingo vuol dire sangue, ed è una saison a 7,7 gradi fatta con l’aggiunta di circa il 25% di ciliegie. Ha una nota acidula e diventa quasi vinosa, sembra un po’ un lambrusco molto fruttato. Secondo me questa birra si abbina perfettamente con un piatto tipico della cucina lombarda che è la cassoeula.