Funghi, istruzioni per l’uso e consigli in cucina

Funghi, istruzioni per l’uso e consigli in cucina

di Aldo Fresia

La raccolta, l’importanza di rivolgersi a un esperto e quattro varietà da provare: porcini, ovoli, prataioli e vesce

I funghi hanno un fascino tutto particolare: temuti quando velenosi, associati alla magia e al mistero quando allucinogeni, e infine apprezzati dai palati degli intenditori quando raccolti del tipo giusto e cucinati con sapienza.

Una parte del loro fascino dipende sicuramente dal fatto che molti si procurano i funghi di persona, organizzando passeggiate nei boschi e custodendo gelosamente il segreto dei posti più propizi alla raccolta.

Il fai da te richiede però alcune accortezze. Intanto bisogna sapere come raccogliere, perché è fondamentale evitare di compromettere il delicato equilibrio su cui si basa il ciclo vitale del fungo. Esistono leggi scritte apposta per salvaguardare il suo ecosistema, e violarle comporta ovviamente sanzioni. Con una complicazione in più: le regole cambiano anche notevolmente di zona in zona, perché esiste un quadro normativo nazionale che ogni regione (ma a volte si scende fino alle province o alle comunità montane) recepisce in modo diverso.

Bisogna inoltre sapere cosa raccogliere, perché solo un occhio allenato può distinguere con sicurezza ciò che è commestibile da ciò che invece non lo è. La cultura popolare ci insegna infatti che non dobbiamo mangiare l’Amanita muscaria (il fungo di Biancaneve, con il cappello rosso macchiato di bianco), ma ci vuole un esperto per riconoscere la mortale Amanita phalloides o l’altrettanto velenoso Entoloma sinuatum – soprannominato ‘il perfido’ perché molto simile a specie che si possono mangiare.

È insomma importante evitare imprudenze, ma una volta certi di ciò che si trova nel piatto ci si può abbandonare serenamente alla golosità. Ecco allora quattro funghi che vale la pena di assaggiare quest’autunno.

PORCINO
È considerato a ragione uno dei più buoni, soprattutto il Boletus edulis, che è il porcino autunnale per eccellenza. La sua carne soda e compatta è l’ideale per una ricetta classica: il cappello impanato e cotto nel burro, come fosse una cotoletta.

OVOLO BUONO
Ha il cappello arancione e il gambo, l’anello e le lamelle color giallo. Il nome scientifico certifica la sua bontà: Amanita caesarea deriva infatti dal latino caesareus, cioè di Cesare (essendo Cesare l’appellativo degli imperatori dell’antica Roma). Ha un sapore delicato ed è ottimo in insalata con la maggiorana, oppure soffritto e poi allungato con del brodo e servito con una spolverata di Parmigiano grattugiato.

PRATAIOLO
Nome volgare dell’Agaricus campestris. Ha la carne spessa e bianca che può diventare rosata al taglio. Viene benissimo trifolato con olio extravergine d’oliva, aglio, prezzemolo e un poco di burro. Esiste anche un tipo di prataiolo più grande (l’Agaricus macrosporus): è meno buono, ma comunque commestibile. Attenzione, però: tende ad assorbire i metalli pesanti e dunque è meglio non mangiare quelli che crescono lungo strade molto trafficate o nei parchi cittadini.

VESCIA GIGANTE
Appartiene alla famiglia delle Lycoperdaceae e porta il nome latino Langermannia gigantea. È bianca e ha una forma quasi sferica, come molte vesce comuni, ma è decisamente più grossa: può infatti raggiungere i 10 chilogrammi di peso. Si mangia a fettone che vengono fritte o cotte ai ferri, ma può anche essere consumata in insalata, ridotta a pezzettini e condita con sale, limone e prezzemolo (con l’accortezza di lasciarla riposare un paio d’ore prima di consumarla).