Intervista a Vincenzo e Antonio Lebano, chef dell’Excelsior Hotel Gallia di Milano

Intervista a Vincenzo e Antonio Lebano, chef dell’Excelsior Hotel Gallia di Milano

di Carolina Saporiti

Indicati dai fratelli Cerea per seguire la cucina di Terrazza Gallia, ristorante dell’hotel 5 stelle lusso, i due chef di Napoli hanno portato la loro cucina mediterranea, saporita e giovane sulla terrazza più esclusiva di Milano

A volte un incontro casuale può cambiare la vita. Come quello tra Antonio Lebano, chef – insieme al fratello maggiore Vincenzo – del ristorante fine dining Terrazza Gallia dell’Excelsior Hotel Gallia di Milano, e i fratelli Cerea. Un incontro veloce e una piccola battuta si sono trasformati in un inizio di collaborazione che ha portato gli chef tristellati a nominare i fratelli Lebano come loro delfini e proponendoli all’hotel 5 stelle lusso di Milano, dove i Cerea sono consulenti.

Non è un caso, invece, la proposta mediterranea del ristorante, la scelta dei fornitori e l’attenzione e il rispetto dell’ambiente. Napoletani, classe rispettivamente 1987 e 1991, i due chef sono cresciuti a contatto con la natura, con i piccoli produttori e con l’immensa bellezza campana negli occhi. Hanno fatto esperienze importanti, accanto a grandi nomi della ristorazione italiana, fino ad arrivare qui, nel ristorante di uno dei migliori hotel di Milano.

Li abbiamo incontrati per farci raccontare la loro visione, la loro passione per il mare, il sole, i piccoli produttori e per tutto ciò che è italiano e per scoprire come sia possibile, anche in una grande azienda come lo è un albergo, prendersi cura del nostro Pianeta. 

Dall’orto della nonna alla terrazza dell’hotel 5 stelle L: cosa vi siete portati dietro? Cosa c’è di simile in questi due luoghi?

Antonio: «Io ho portato il ricordo di nostra nonna che andava in campagna e tornava con le buste delle verdure del suo orto da pulire. Noi andiamo all’alba al mercato e portiamo la frutta e la verdura in cucina: scegliere gli ingredienti non è solo un ordine da fare, è un lavoro ampio, in cui cerchiamo di coinvolgere soprattutto i piccoli produttori. Il pomodoro del Piennolo arriva da una coltivazione a Ercolano di nostro zio, la cipolla di Giarratana la produce Melchiorre in Sicilia e noi ogni agosto andiamo a fare la raccolta. A Castellamare di Stabia c’è un nostro fornitore di germogli, le caciotte di capra arrivano da Paestum e le produce il nostro amico Francesco».
Vincenzo: «l 60% del menu è composto da verdure di stagione. In ogni nostro piatto non manca mai l’elemento vegetale, sia nei piatti principali sia nei contorni dei nostri ristoranti di fine dining sia al bar dove si servono piatti più, diciamo, comfort food. Sicuramente l’orto della nonna è l’origine di tutto questo».

Siete molto attenti al tema della sostenibilità e dello spreco. Che applicazioni trovano in cucina questi concetti così ampi, urgenti e delicati?

Antonio: «Il nostro piatto simbolo è un piatto antispreco. È lo Spaghetto Masciarelli ‘Miseria e Nobiltà’, creato per recuperare lo scarto delle teste di gambero rosso, usate per il nostro antipasto di tartare. Un giorno Vincenzo ha pensato di usarlo per preparare una salsa molto saporita, abbinata agli spaghetti più semplici: aglio, olio e peperoncino. Successivamente abbiamo aggiunto il caviale e da qui il nome. Un’altra iniziativa sostenibile è il nostro accordo con l’azienda di Como che ci fornisce le uova: è un circolo virtuoso, quando abbiamo scarti vegetali che possono essere foraggio per le galline, glieli diamo. E internamente ciò che non viene usato in cucina o consumato nei ristoranti e catering arriva nella mensa del personale».
Vincenzo: «Come compagnia globale, Marriott si è prefissata l’obiettivo di ridurre l’impatto dei rifiuti di almeno il 25% in tutti i suoi alberghi. Le iniziative che ti ha raccontato Antonio vanno in questa direzione, quella dell’economia circolare, che poi è esattamente quella di un piccolo orto».

Come si compone il menù del ristorante?

Vincenzo: «Il nostro menu ha un’impronta mediterranea e stagionale. Ci sono i signature della famiglia Cerea (che sono i consulenti della cucina) e poi un’ampia varietà di proposte per accontentare tutti. Ci sono alcuni ingredienti del cuore che si trovano in molti piatti, dagli antipasti ai primi fino ai secondi, come la già citata cipolla di Giarratana e la scarola, tipica delle nostre parti».

A proposito delle vostre parti… Quanto portate della vostra città nei vostri piatti e come? E come può vivere Napoli, la città più mediterranea d’Italia, a Milano?

Antonio: «Da Napoli ci siamo portati tutto quello che ci piace. Al bar c’è sempre la pizza fritta, la bruschetta con le acciughe e il pomodoro del Piennolo, che a casa nostra era un pranzo fast, l’abbiamo trasformato in un secondo. E nelle nostre cooking class (aperte anche agli ospiti esterni) spesso prepariamo piatti napoletani, come il ragù napoletano o la pasteria».
Vincenzo: «Innanzitutto ci sono i fratelli Lebano da Napoli! Battute a parte, l’influenza napoletana c’è sempre, si vede nella presenza della scarola o della mozzarella di bufala, ma anche nello spaghetto ‘Miseria e Nobiltà’. E poi direi l’ospitalità, tipica del sud Italia».

Come si accontentano i gusti di tutti? Italiani, stranieri, persone sempre più attente a quello che mangiano… 

Antonio: «La policy di Marriott è di avere sempre dei piatti vegetariani e vegani nei menu dei ristoranti e dei bar degli hotel e noi comunque abbiamo sempre avuto questa attenzione. Come si accontentano tutti? Valorizzando al massimo gli ingredienti italiani, proponendo una cucina giovane, colorata e saporita».

La cucina italiana è la migliore del mondo?

Vincenzo: «Assolutamente sì. C’è così tanta diversità nella nostra cucina».

Com’è lavorare in famiglia?

Vincenzo: «L’Excelsior Hotel Gallia è un hotel molto grande, con ritmi alti. A volte ci si incontra solo nei corridoi, ma la verità è che lavorare in famiglia è sinonimo di garanzia e tranquillità».