Dagli speakeasy ai luxury hotel. Un tour tra i migliori locali di Londra, tra storia, design e ricette vintage.

Non sono semplici bar. Sono i locali in cui i migliori barman del mondo vanno a bere un drink quelle rare volte che sono dall’altra parte del bancone. Dai locali ispirati agli speakeasy in voga negli Anni Venti, la famigerata era del proibizionismo, perlopiù scantinati in cui si infrangevano le regole scolando tazze di gin artigianale preparato nelle vasche da bagno, fino ai Grand Hotel. Quelli con il bancone tirato a lucido a colpi di cera e bottiglie uniche, pezzi vintage, introvabili, centellinate come pozioni magiche per preparare cocktail d’altri tempi.

Come quelli che crea Salvatore Calabrese, il bartender più quotato al mondo, dietro al bancone del suo Playboy Club di Londra, un club con tanto di regole per i membership. La scelta è tra un White Lady preparato con un Gordon’s Gin del 1930 e un Santa Cruz Rum Punch shakerato con un rum jamaicano del 1890 e un Gin Cocktail secondo l’antica ricetta di Jerry Thomas preparato mescolando Fogkink Amsterdam Gin di fine Ottocento, Dubb Orange Curaçao del 1860 e angostura del 1915 (ma non si può uscire dal Club senza aver assaggiato il suo Breakfast Martini).

L’Artesian è il miglior bar al mondo e, dietro al bancone, c’è anche un italiano: Simone Caporale. Il bar del Langham Hotel di Londra in Regent Street, domina la classifica dei World’s 50 Best Bars per il terzo anno consecutivo. Tra shaker e affumicatori, mixing glass e coppe dorate la performance è impeccabile. Il menù dei cocktail varia ogni anno. Nel 2014 il tema era “Smell & Perfumes”, per il 2015, svelano ad Icon, sarà il Surrealismo. Inutile spiegare, bisogna riuscire ad entrare e sperimentare con i propri sensi. Da ordinare ora: il Camouflage, un drink a base di Tanqueray Ten, Americano, Carrot, Kombucha  e Sandalwood servito in un’ananas dorata tagliata a metà e il Digidiva, un cocktail 3D preparato con Absolut Elyx, Cypress e qua di Cedro e servito in un vaso di vetro rettagolare.

Altro hotel di lusso, altro cocktail bar d’eccezione. È la Punch Room del The London Edition. Nascosta nel retro della lobby dell’hotel, ha pareti in legno di quercia e divani in velluto. Atmosfera da gentleman’s club, la room è dedicata all’iconico punch inglese: una base alcolica, un’infusione di tè speziato, zucchero e aromi. Da assaggiare: l’Edition Punch con gin inglese, lemon juice, sciroppo d’acero, foglie d’arancio e tè al gelsomino, il Milk Punch preparato con uno spirit asiatico (il Batavia Arrack), Somerset Cider, brandy, rum, tè verde, ananas e spezie e il più classico, l’Oxford Punch, con cognac, rum, tè verde, arancia candita e scorze di limone.

Nel Mayfair invece si trova il bar del The Dorchester. Elegante, storico, frequentato per decenni dal jet set internazionale, il miglior luogo per farsi notare. Ha un ingresso privato (fuga di celebrity paparazzate) e uno dei bartender che hanno scritto la storia della mixology. Giuliano Morandin, e il suo team di alchimisti, è uno dei protagonisti italiani del mondo del gin che ha rilanciato il proprio marchio di Old Tom Gin in collaborazione con The City of London Distillery, un gin storico creato mescolando botanicals dolci. Una ricetta morbida perfetta per preparare cocktail come l’Old Tom Cobbler a base di cordiandolo, citronella e fiori di sambuco. Da ordinare, i più, un Gin Fizz e il Martinez.

Viaggia sullo stile degli speakeasy il Luggage Room all’angolo della Grosvenor Square. Come nei Ruggenti Anni Venti, la porta è quasi nascosta, all’interno arredamento artigianale, luci soffuse e il rumore dei cubetti di ghiaccio che tintinnano nello shaker. La cosa migliore è lasciar fare al barman, in alternativa, dal cocktail menù si può scegliere tra un Old Pal, Campari, Rye Whisky e Vermouth, e un Martinique Rhum Swizzle con rum della Martinica, Velvet Falernum, bitter (che i barman preparano artigianalmente), succo di limone e soda.

Il quartiere di Shoreditch è pieno di speakeasy, non tutti sono visibili, e in alcuni per entrare serve una password che cambia ogni settimana. Inutile segnalarli, questi vanno scoperti vivendo la città. Ma uno in particolare andrebbe proprio segnalato. Si tratta del The Nightjars sulla City Road, vicino a Hoxton Square. Musica jazz e cocktail sperimentali lo rendono unico. Il miglior posto in cui sedersi, senza dubbio, è il bancone. Da qui si osservano veloci mani che tagliano, mescolano, shakerano e guarniscono bicchieri con una precisione impressionante. La lista dei cocktail è un mazzo di carte, si beve quello che si pesca. I best: il Marmelade N2 con Tanqueray Ten gin, Aperol, infuso di mela e marmellata di albicocche, il Cardinal con Jhonnie Walker riserva, succo di limone e erbe e il Tea Punch con Hendrick’s Gin, cetrioli, rhum invecchiato e uno speciale spicy mix preparato dai barman.

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