Scandinavia, scena emergente della birra
(Credits: KariHoglund) - 15 agosto 2017

Scandinavia, scena emergente della birra

di Aldo Fresia

I birrifici artigianali di Svezia, Danimarca e Norvegia sono realtà ormai affermate fra gli esperti e sono pronte a conquistare anche il grande pubblico

Per molti anni il panorama delle birre in Scandinavia è stato dominato sostanzialmente da due marchi industriali, entrambi danesi: Carlsberg e Tuborg. Quando però in Europa si è diffuso il movimento delle birre artigianali, i mastri birrai locali non sono rimasti a guardare e hanno iniziato a sperimentare pure loro. Oggi le birrerie di Svezia, Danimarca e Norvegia sono tra le più vivaci del pianeta e rappresentano la scena emergente da tenere d’occhio.

LA BIRRIFICAZIONE NOMADE DI MIKKELLER
Una delle realtà più famose è Mikkeller, fondata a Copenhagen nel 2006 dall’insegnante Mikkel Borg Bjergsø e dal giornalista Kristian Klarup Kelle. I due amici hanno le idee chiare: vogliono prendere esempio da quei piccoli produttori, soprattutto statunitensi, che non hanno paura di infrangere le regole e intendono seguire il mantra ‘qualità, non quantità’. Il loro progetto assume una struttura particolare: non aprono cioè un vero e proprio birrificio, con tutti i costi di gestione del caso, ma collaborano con altri già esistenti, affittando i loro impianti e i loro tecnici per realizzare le ricette che hanno messo a punto. Questo sistema viene definito ‘gypsy brewing’ (birrificazione nomade) ed è utilizzato da Mikkeller ancora oggi che il suo giro d’affari si aggira intorno ai 4,5 milioni di euro.

SPERIMENTAZIONE A TUTTO CAMPO
La sperimentazione portata avanti da Mikkeller, e presto da altri epigoni in tutta la Scandinavia, si spinge ben oltre le regole e i confini noti. Bjergsø e Kelle non hanno paura di lavorare ingredienti peculiari come le alghe, le foglie di avocado, i frutti del litchi, il chipotle (un tipo di peperoncino affumicato). Hanno persino realizzato una stout a base di Kopi Luwak, il buonissimo e costosissimo caffè vietnamita prodotto con bacche parzialmente digerite dallo zibetto. Il risultato è che la scena birraia scandinava offre oggi un range di sapori molto ampio, capace di stuzzicare la curiosità di intenditori e amatori.

QUALCHE DRITTA SU COSA BERE
Quando si parla di birrifici artigianali e di scene nazionali (e in questo caso le nazioni sono tre), la scelta è difficilissima: esistono un’infinità di proposte e di stili differenti. Però, spulciando qua e là tra i pareri degli intenditori, e senza esagerare con le proposte estreme, possiamo azzardare una selezione.

SpontanBerliner Passionfruit (di Mikkeller)
È una ale realizzata seguendo lo stile berlinese, ma come idea generale ricorda qualcosa di simile alle lambic belghe, cioè birre con grande acidità e con note secondarie dolci dovute alla presenza della frutta tropicale. Un mix molto ben bilanciato, ma potenzialmente disorientante per i palati tradizionalisti.

3 Bean Stout (di Lervig Aktiebryggeri)
Nel giro dei super appassionati è una delle birre di cui più si è parlato negli ultimi anni. Si tratta di una imperial stout dal colore molto scuro, che è stata realizzata in collaborazione con la brasiliana Way Brewery: i tre ingredienti suggeriti dal nome sono semi di vaniglia, cacao e tonka (legume dai sentori di liquirizia). Niente di spiazzante, dunque, a parte la gradazione alcolica del 13%.

West Coast (di Stigbergets)
Fresca e beverina, è una IPA molto equilibrata, con un aroma che mescola in maniera mirabile il spore del malto con note fruttate che vanno dal mandarino al lime, dal mango all’ananas. Il nome è dovuto al fatto che il birrificio Stigbergets sorge a Göteborg, sulla costa occidentale della Svezia.