Leon de La Vallée: ecco il nuovo volto del momento

Leon de La Vallée: ecco il nuovo volto del momento

Leon de La Vallée, rapper romano, debutta sul grande schermo ne “La terra dei figli” di Claudio Cupellini, adattamento della graphic novel di Gipi. Scopriamo chi è e perchè ne sentiremo parlare

di Andrea Giordano

Non chiamatelo fenomeno del momento, o tendenza passeggera, in lui regna invece il sacro fuoco dell’artista in erba, che, nonostante, i soli 20 anni, sprigiona da qualche tempo, dedicandolo alla musica, e ora al cinema. Lui si chiama Leon de La Vallée, in arte Leon Faun, giovane rapper romano, nato a Fiumicino, ma già in grado di pubblicare (dal 25 giugno) il primo disco, C’era una volta, prodotto da Duffy, un viaggio intenso, di contaminazioni (e collaborazioni importanti), parole, immagini, da cui è stato tratto Oh Cacchio, il singolo, già certificato disco d’oro, capace di proiettarlo all’attenzione degli addetti ai lavori e del pubblico. L’occasione, però, per incontrarlo arriva dal Taormina Film Fest, dove in anteprima ha presentato La terra dei figli, l’ultima sfida (e lo è davvero) di Claudio Cupellini, in sala dal 1° luglio, tratto dall’omonimo fumetto di Gipi, in cui è un protagonista-guerriero, “il sogno che si realizza” dice, al contrario del suo essere timido e riservato dal vivo, un eroe non eroe, preda-cacciatore in una civiltà desolata, post-apocalittica, senza memoria. Un universo in cui sarà il quaderno redatto dal padre (scomparso), e che alla fine riuscirà a (farsi) leggere da un boia in fase di redenzione (un enorme Valerio Mastandrea), a dargli la spinta per andare avanti e proseguire il cammino.

La musica prima di tutto, come passione, hobby, lavoro: proviamo a definirla?

Ormai fa parte di me, quasi come l’acqua nel mio corpo, un’esigenza, come il cinema, l’arte in generale. Spero che in questo periodo di sblocco l’album sia un nuovo capitolo per portarlo dal vivo, sarebbe il massimo.

Niente talent, moderatamente social, la gavetta passa dall’esperienza sul campo allora?

Mai provato a sfondare, c’era il sogno (musicale), poi qualcosa è successo, era nel 2019, proprio durante le riprese del film, andando a realizzare il primo singolo, facendo il salto. Assurdo, magico, che i due percorsi siano confluiti nello stesso ciclo.

Il film parla anche (e soprattutto) di un rapporto tra padre e figlio. Il tuo cosa ti ha insegnato?

Tra le tante cose importanti, ad ascoltare nomi come i Queen, Hendrix e i Beatles, quando ero più piccolo, ma in realtà è stata mia madre a farmi scoprire Eminem. Pensavo fosse il nome di una caramella, si è rivelata una folgorazione, l’apertura di un mondo, e la successiva conoscenza di quello che accadeva in Italia a livello di rap.

Chi ti piace maggiormente?

Seguo tutta la scena, da Machete, Nitro, a Salmo, che ora debutta pure dietro le quinte in una direzione seriale, anche se un giorno sarebbe bello diventare come Caparezza, nel realizzare il suo percorso, sul palco e non. C’è molta crossmedialità oggi, voglia di alzare l’asticella, provare a fare qualcosa di diverso.

Vedi nel panorama musicale maggior apertura alle produzioni?

È un periodo che definirei molto colorato, ci sono nuove voci, influenzate da altre magari più mature, vedo in generale grande solidità, ondate d’ispirazione, ricerca, desiderio di particolarità, non solo nella scrittura.

L’idea di coinvolgere nel disco Madame c’entra?

Con Francesca (Calearo, all’anagrafe ndr) esiste un rapporto d’amicizia iniziato nel 2018, quando entrambi stavamo muovendo i primi passi.Fu lei a scrivermi, manifestando stima per quello che facevo, l’ho sempre trovata tra le artiste più forti nel giro, la sua presenza carismatica a Sanremo non mi ha stupito, farà la storia, e lascerà il segno.

E adesso il cinema…

A 8 anni vidi Un lupo americano a Londra di John Landis e me ne innamorai. Musica e cinema sono due linguaggi complementari, diversi, ma ricchi di immaginari. Ora dopo qualche comparsa, è finalmente arrivato un ruolo spettacolare ed intenso, l’anello (finora) che mancava.