Mattia Carrano

Mattia Carrano

Non lo sa nemmeno lui come ha fatto, ma è un esordio straordinario quello di Mattia Carrano nel doppio ruolo dei due gemelli protagonisti della serie tv Prisma: nel firmamento del cinema italiano c’è un nuovo astro

di Angelo Pannofino

«Merda! Merda! Merda!». Si perdoni il termine scatologico, ma è l’unico ammesso nel mondo (scaramanticissimo) dello spettacolo se si vuole esprimere il desiderio che a un attore accadano cose liete. Certo, dopo averlo visto all’opera la sensazione è che l’attore in questione, Mattia Carrano, 22 anni da Roma, non avrà granché bisogno dell’innominabile parola-che-inizia-con-effe per affermarsi come uno dei migliori talenti della sua generazione.

Anzi, forse lo è già e forse lo sta realizzando anche lui: se sia un bene o un male si vedrà, ma fa ben sperare la risata “sto scherzando o forse no” con cui, prima di salutarci, incoscienza della gioventù o certezza del predestinato, per la prossima intervista mi dà appuntamento «a Venezia!», nel senso di “Mostra del cinema”. Per la Coppa Volpi al miglior attore? Altra risata dietro cui si nasconde, sfrontato e imbarazzato, ma si vede che un po’ ci crede, o almeno ci spera. E fa bene: basta guardarlo recitare in Prisma. E poi considerare che è un esordiente e che non ha mai studiato recitazione. «Da bambino avevo fatto un paio di pubblicità ma poi ho smesso, perché fare l’attore non mi piaceva».


Abito Paul Smith, scarpe Dries Van Noten

Gran parte del merito, lo riconosce lui per primo, è della «mamma», come ancora la chiama, ungherese, designer d’abiti, arrivata a Roma a 17 anni, che lo ha cresciuto da sola dopo essersi separata quando Mattia era ancora un bambino: «È stata mamma, sono sincero: non mi è mai passato per la testa di fare questa cosa. Mamma diceva sempre “Vai a fare l’attore, vai a studiare”». Il noto teorema napoletano che definisce il rapporto tra mammà e il suo scarrafone, in questo caso non trova applicazione per mancanza di scarrafone: qui mammà ci ha visto giusto e ha mantenuto i contatti con l’agenzia, a cui periodicamente ha inviato foto aggiornate del figlio. E infatti Renate, l’agente, ogni tanto lo chiamava per proporgli un provino «ma io non ci andavo mai». È a lei che va il resto del merito, per aver visto in Carrano quello che lui non vedeva: «A me piaceva il cinema, ma mi immaginavo più dietro le quinte, regista non attore. Poi un giorno Renate mi telefona: “Senti”, mi fa, “lo so che queste cose non le vuoi fare ma… Ludovico Bessegato (regista e sceneggiatore di Prisma, ndr) ha visto le tue foto. Fidati di me. Provaci. Poi, se non ti piace…”».

Mattia si è fidato. Com’è andata a finire si sa. Prisma è una serie tv che sorprende già nella scelta, azzeccatissima, della location, Latina con la sua architettura fascistissima, invece della solita Roma. Prodotta da Prime Video, racconta le vicende di un gruppo di ragazzi alle prese con identità di genere, orientamento sessuale, fluidità, disabilità… Insomma, questioni oggi di gran moda, ma bene che se ne parli, lo testimonia lo stesso Carrano: «Prima di Prisma conoscevo questi temi e il mondo LGBTQ+ solo superficialmente. Grazie a questa serie sono cambiato molto, ho immaginato quanta sofferenza deve provare chi non può mostrare una parte di sé per paura di essere giudicato».


Abito e camicia Gucci

Nel cast, bei giovani, promettenti e affiatati, tutti alla ricerca di spontaneità e naturalezza, spesso trovate, e poi soprattutto c’è lui, o meglio loro: Carrano, infatti, esordisce col botto e interpreta non uno ma due ruoli. Andrea e Marco, gemelli. Identici solo nell’aspetto, credibili entrambi: virtuosismo che gli riesce anche grazie a una recitazione in sottrazione, di gesti minimi ma rivelatori, con quella nonchalance mozartiana che fa andar fuori di testa i Salieri, che invece devono sudare e faticare, e comunque non ci arrivano. Il bello è che non lo sa nemmeno lui come ha fatto: «Io non ci capivo niente. Il regista mi chiede “Come li facciamo ’sti gemelli? Che caratteri? Cosa hai provato a casa?”. E io “Più o meno li ho provati ma… non so come si fa! Non so come si recita! (ride)». 


Trench PT Torino, abito Paul Smith

La fortuna di non aver mai fatto corsi di recitazione: «Non avendo mai studiato mi è partito l’istinto. Quando mi sono rivisto mi dicevo “non capisco”: vedevo i due personaggi ma non vedevo me. Non mi ricordavo di aver mai fatto certe espressioni, certe smorfie. Mi veniva naturale: leggevo la scena, la visualizzavo nella testa, immaginavo come il mio personaggio avrebbe reagito alle cose che gli venivano dette, poi entravo e la facevo, diventavo subito Andrea o Marco, a seconda». Dei gemelli si riconosce solo due tratti caratteriali: «Di Marco ho la competitività: dai 6 ai 12 anni ho praticato un’arte marziale coreana che si chiama Hwa Rang Do e sono arrivato ai mondiali. Tra i 13 e i 19 anni, invece, ho fatto pallanuoto, portiere. Andrea, invece, è espansivo ed estroverso come me: mi muovo tanto, attacco pipponi, amo stare in mezzo alle persone…».  


Da sinistra, cappotto Dolce&Gabbana; cappotto, camicia e pantaloni Dior

Non più un bambino, non ancora un adulto, quasi uscito dall’adolescenza? «Quasi?! Io mi sento ancora un po’ bambino: se vedo i tappeti elastici ci vado subito a giocare, frega niente se ho 22 anni». Due fisse: i motori («Vorrei correre in auto: faccio corsi al circuito di Vallelunga, cerco sponsor») e i videogiochi («L’ultimo che mi è piaciuto è Elden Ring»). Adulto, o meglio, maturo, nei rapporti: occasionale quello con i social, stabile con la fidanzata: «Stiamo insieme da cinque anni». Dice di non essere uno che piange spesso, l’ultima volta è stato guardando Prisma: «Lacrime di gioia. Lo so, lo so che sembra una paraculata ma mi è successo veramente». E chissà la mamma… «Mi fa “Andrai a Hollywood” e io “Mamma… stai calma”. Però, certo… sarebbe un sogno». E nel sogno chi c’è? «Tarantino». Per ora, però, meglio restare coi piedi per terra: «Prossima intervista? A Venezia!». Me lo segno.