La capitale croata è due in una, e generosa di opposte suggestioni. La zona storica, amata dai nativi, e la Città Nuova, preferita da artisti e “adottivi”, come lo scrittore bosniaco che ci racconta la "sua" Zagabria.

C’è un periodo dell’anno in cui Zagabria si trasforma, da semplice bellissima città, in un luogo che dà la sensazione di vivere in un quadro di De Chirico. Intorno al 20 luglio, infatti, i zagabresi migrano in massa verso il mare e vi rimangono fino al 18 agosto. Ecco, è questo il momento in cui dovrebbe essere visitata, e non solo perché è più facile muoversi e trovare parcheggio, ma perché gli spazi davvero si dilatano, diventano luoghi dello spirito. Zagabria è una metropoli particolare, formata da due città diverse tra loro  dal punto di vista architettonico e divise da un fiume, il Sava. A nord del corso d’acqua si trova la parte vecchia, una piccola città austriaca con costruzioni del periodo a cavallo tra il XIX e XX secolo, splendide. Come il Palazzo oggi chiamato dell’Archivio Statale, vero capolavoro di architettura. Lì vicino, in centro, c’è l’immenso Giardino Botanico, un’altra rarità se si considera che sul territorio dell’ex Impero austro-ungarico ci sono pochissimi giardini così ben conservati: è rimasto praticamente immutato dalla sua creazione, nel 1889. La cosiddetta città alta o Gornji Grad,  dove Orson Welles ha ambientato il suo Il processo, tratto dall’opera omonima di Franz Kafka, sembra proprio uscita da un romanzo di Kafka, sia in senso positivo (suggestione) che negativo (oppressione). Ma io trovo più interessante l’altra parte della città, quella a sud del Sava, che si chiama Novi Zagreb o Città Nuova. Venne edificata negli anni 50, 60 e 70, i più felici dal punto di vista architettonico: prima di costruirla venne studiato dove posizionare i monumenti, e solo in un secondo tempo riempita di case, grattacieli, parchi, caffè, locali: vita. Novi Zagreb è l’espressione del periodo d’oro della creazione artistica degli architetti croati, e anche se nei decenni successivi, purtroppo, la città ha iniziato a espandersi senza piani di urbanizzazione, rimane in assoluto l’esempio più brillante della scuola jugoslava, assolutamente all’altezza delle migliori scuole di architettura europee di quel periodo.
La descrizione della città è di Jergović Miljenko, scrittore nato a Sarajevo che vive a Zagabria dal ’94. In Italia è appena uscito il suo ultimo romanzo, Volga Volga (edito da Zandonai). Testo raccolto da Carla Brazzoli.

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Foto Bruna Kazinoti

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