Un Gesto Danzato: L’invito a cena
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Un Gesto Danzato: L’invito a cena

di Alessandro Turci

Torna la rubrica di Alessandro Turci dedicata al bien vivre. Questa volta si parla dell’invito a cena a casa, un gioco di equilibri e di eleganza da guidare con charme (e ironia).

L’invito a cena a casa è un’arte e l’ingrediente fondamentale, come tutti sanno e nessuno ammette, è la conversazione. Vediamo le regole alle quali dovrebbe attenersi il gentiluomo moderno.

Essere molto all’antica, innanzitutto. Nel senso che alcune cose non tramontano mai, come la gente noiosa. Partirete quindi dalla selezione degli invitati, un sapiente mix di aficionados e di volti nuovi.

Nella cene a due siate disinvolti e irresistibili, vuol dire che un finto James Bond deve lasciare il posto al vero Jerry Lewis che è in voi. Non nascondete l’emozione. Potete anche dirglielo, mentre curate il risotto, che lei vi emoziona davvero. Il risotto alla Jerry Lewis è imbattibile, ma deve venire dal cuore. E magari non scuocere.

Le cene a tre sono le migliori; en petit comité il dono di tutti è l’ascolto. La confidenza assume i contorni dello spaccato di vita. Sono le cene dove gli ospiti, entrando, col soprabito tolgono anche la maschera sociale. Si mangia divinamente perché, volendo coccolare i vostri squisiti amici, avete speso una fortuna. Sono anche quelle dove i progetti più folli, gli unici che nella vita val la pena tentare, fanno capolino.

La cena a quattro è un po’ gioco delle parti. La cena a sei, gioco delle alleanze. Per la prima scegliete il ruolo di voi stessi, aiuta da non credere. Per le seconde siate esigenti, inflessibili e antipatici.

A chi vi entra in cucina, mentre siete ai fuochi, chiedendo come può rendersi utile rispondete: tornando in sala. Oppure aiutandovi a portare i piatti, che usciranno sempre pronti dalla cucina. Le dosi mai eccessive e mai e poi mai fumanti. Un piatto fumante genera ilarità (è un epifenomeno delle situazioni di pericolo) e fa molto osteria. Vassoi comuni che girano per la tavola? Mon Dieu. Insalatiere? Please.

Per le bottiglie di plastica sulla tavola c’è una moratoria internazionale. E come si fa con l’acqua minerale nel senso di gasata? E’ obbligatorio avere un tavolino di servizio dove le bottiglie di acqua gasata in vetro attendono in una glacette. Period.

L’acqua naturale sarà invece servita in una caraffa di cristallo oppure in bottiglie (splendide quelle dei whisky giapponesi) usate come caraffe rivisitate.

Da anfitrioni non fate gli esperti di tutto (aiuta molto non esserlo davvero, ma è un traguardo per pochi. Però attenti a non esagerare in platitude, potrebbero offrirvi la direzione di un magazine di viaggi…) e mai e poi mai del vino. Ora il vino che offrirete sarà eccellente; questo significa molto buono senza essere spudoratamente caro. Può venire dall’enoteca o dal migliore scaffale del supermercato, ma voi dovete conoscerlo bene. Questo vi permetterà di valutarlo una volta aperto e capire se la bottiglia è nata sfortunata.

Non potete rovinare una cena con vini incoerenti: la sequenza dei vini che offrirete deve seguire una scaletta precisa in una qualità costante. Il vino portato da un ospite non si apre mai: se dovesse essere una bottiglia sfortunata lo mettereste nella condizione di doversi scusare. Se invece decidete di pasteggiare a champagne – che non è un vino da dolce – resterete sullo champagne per l’intera cena. Lo champagne (degli altri) mette tutti di ottimo umore, soprattutto le belle donne e gli avari.

Fondamentale la qualità della mise en place, con tocchi di anticonformismo (sempre a togliere, mai a mettere) e delle luci tenui per esaltare la ménagère d’epoca; un servizio chiaro si fa preferire a quelli colorati perché la capacità mimetica dei cibi è sorprendente. Provate a servire, come antipasto, un filetto di trota di Lillaz su un piatto arancione e vedrete che alcuni torneranno indietro intatti. Penserete non sia piaciuta, quando semplicemente non è stata vista. Trota in camouflage, meglio di no.

Il dolce sarà molto curato, e non significa “liberi tutti”. Contegno. Ognuno ha la sua predilezione: c’è chi non vede l’ora di assaggiare il vino, chi l’aragosta e chi il dolce. Noi, ad esempio, non vediamo l’ora di restare soli. Se siete golosi, salvate le forme.

Ringraziate ironici l’amico che ha portato a casa vostra qualcuno d’impresentabile, con l’abitudine d’iniziare tutte le frasi col pronome “io”. Voi distinguetevi: non vantatevi dei molti viaggi fatti e dei rari successi ottenuti. Gli insuccessi ci penseranno gli altri a ricordarveli per tutta la sera.

La vostra passione mai seduta accanto: non riuscendo a trattenervi finireste per parlare solo a due, abbassando troppo la voce (cosa che si sente tantissimo). Meglio che la bellezza si sieda di fronte a voi: capirete in un attimo come tiene le posate. Non c’è nulla di più elegante delle persone eleganti a tavola. Se dimostrasse di aver capito la differenza tra una forchetta e una pialla, potrebbe davvero essere l’inizio di una splendida amicizia.

p.s. Se vi siete riconosciuti in quello che entra in cucina mentre il padrone di casa è ai fuochi chiedendo se può essere utile, non è un dramma. Solo non fatelo mai più.