Il fenomeno delle capsule collection: nemiche o amiche della creatività?
Foto di Chesnot/Getty Images

Il fenomeno delle capsule collection: nemiche o amiche della creatività?

di Giulio Solfrizzi

Quella tra Shawn Mandes e Tommy Hilfiger è l’ultima. Forse Fendace la più famosa. Eppure il fenomeno delle collab sembra essere in declino. Chissà se ha danneggiato la moda oppure no

Solitamente in due si uniscono le forze, e questo la moda l’ha compreso già da tempo grazie alle capsule collection. Cosa sono? Una serie di prodotti realizzati da parte di due realtà differenti ma capaci di apportare qualcosa l’una all’altra. Cercando un solido collegamento che faciliti l’identificazione e affermi il valore trasferito, sempre se quest’ultimo ci sia. Rispettando i tempi stringenti tipici dei social e limitando a poche unità la produzione dei capi d’abbigliamento, affinché aumenti la desiderabilità del prodotto stesso.

Ciò ha poco a che vedere con la creatività poiché è una pura tecnica di marketing, ora insediata nella moda. Così la famelica necessità di ottenere e ricevere qualcosa in più ci ha condotto alla collaborazione tra alta moda e fast fashion: acerrimi nemici quanto, occasionalmente, alleati per il dio denaro (e i tessuti economici).

Foto di Mike Coppola/Getty Images
Sfilata di debutto per la capsule tra H&M e Moschino

Capsule collection: il legame tra alta moda e fast fashion

Gli esempi di queste collaborazioni sono molteplici, infatti recentemente è stata annunciata quella tra H&M e Mugler simile alla viralissima di UNIQLO con Marni. Sebbene oggi non ci stupisca più, nel lontano 2010 si era soliti aspettare ore ed ore per accalappiarsi le esclusive capsule fra il già citato colosso del fast fashion e brand del calibro di Kenzo, Maison Margiela, Alexander Wang e Moschino. In questi casi non si può parlare di semplici contaminazioni, bensì di perfette proiezioni dell’estetica di griffe apprezzate ed affermate su capi d’abbigliamento accessibili a tutti, facendo si che si perdano i valori propri del lusso come la qualità e l’unicità del prodotto.

Ciò accade perché le catene d’abbigliamento non sono solite detenere caratteri distintivi, finendo per attingere all’operato altrui. Forse potremmo usare la simpatica espressione coniata da alcuni addetti ai lavori, pret-a-copier, per spiegare la vera essenza di questi business che scopiazzano il prossimo e, mediante partnership ufficializzate, cercano di trovare il loro motivo di essere e di resistere. Offrendo un sogno al piccolo-medio borghese vittima sia del capitalismo sia dei loghi. 

Foto di Chesnot/Getty Images
Capsule collection Kenzo x H&M

A mancare non è solo l’identità, ma persino la reputazione. Proprio per questo si opta per collaborazioni degne di nota, oppure edizioni limitate che siano la prova di una nuova direzione intrapresa dall’azienda. Ottenendo effetti a breve termine perché l’essenza del fast fashion rimane quella, anche se ci si nasconde dietro campagne pubblicitarie stellari o nomi altisonanti.

Capsule collection: il legame tra colleghi

E queste alleanze non si limitano all’incontro di perfetti sconosciuti, al contrario si evolvono tra colleghi, o quasi. Quando fu rivelata attraverso uno show iper-esclusivo e segreto la collab tra Fendi e Versace – mix di loghi, scritte e caratteri propri del trend Y2K -, gli amanti della moda, e non solo, si sono concessi al sogno quanto al riso. Dato che sembrava essere tutto troppo bizzarro ed improvviso, oltre che improvvisato. L’esito, a discapito delle prime impressioni, è stato straordinario riuscendo a raggiungere il completo sold out, e a segnare in piccola parte il fashion system.


Collezione – collab Fendi by Versace

Capsule collection: il legame tra alta moda e celebrità

Addirittura celebrità tipo Cher e Harry Styles hanno rispettivamente contribuito alla creazione di prodotti esclusivi per Versace e Gucci. Unendo la loro profonda amicizia al lavoro e alla creatività di Donatella e Alessandro Michele. Come la recente collaborazione tra Adrien Brody e Bally o l’unione tra Shawn Mandes e Tommy Hilfiger suggellata da una serie di abiti ed accessori presentati a Milano.

Capsule collection: pro o contro la creatività?

A questo punto è lecito chiederselo: le chiacchierate capsule collection distruggono o favoriscono la creatività? È noto che la coesione di più menti creative possa portare all’ideazione di qualcosa di fenomenale, difatti ogni fashion designer che si rispetti è circondato da schiere di aiutanti, sarti e giovani talenti. Però queste collaborazioni non sono focalizzate soltanto sul desiderio di estasiare il pubblico, alcune volte senza neanche riuscirci, bensì vogliono ottenere maggiori vendite e interazioni sui social. 

Foto di Steve Granitz/FilmMagic)
Harry Styles in Gucci

Il fattore sorpresa è funzionale alla buona riuscita di un’iniziativa del genere, specialmente nell’era di Internet. Ed uno stilista, se non è capace di creare qualcosa di rivoluzionario, deve servirsi di tecniche ad hoc per colmare il vuoto delle proprie creazioni, e delle entrate. I vantaggi economici della coesione tra più marchi o persone sono inevitabili, quanto i danni nei confronti della creatività nel momento in cui non avviene uno scambio di estetiche e pensieri. O banalmente ci si limita combinazione di loghi e pezzi d’archivio, come si vede nella maggior parte dei casi. 

Senza rendersi conto che spesso la via migliore sia quella percorribile da soli. Specialmente in un mondo che sta già abbandonando il fenomeno delle capsule. Eppure una domanda rimane: la creatività è capace di vendere ancora?