Pitti Immagine Uomo riparte da 101

Pitti Immagine Uomo riparte da 101

di Gianluca Cantaro

L’edizione ha raddoppiato i numeri del luglio 2021, la prima in presenza dopo il lockdown. La maggiore attenzione al prodotto, anche per la mancanza di eventi collaterali, ha rimesso la Fortezza da Basso al centro dell’attenzione, com’era alle origini. Può essere lo spunto per ripensare al futuro della manifestazione, ecco perché…

L’edizione 101 di Pitti Immagine Uomo è da leggere come un nuovo inizio. Dopo il numero simbolico di 100 fatte, questa apre idealmente un altro ciclo che guarda alle origini per reinventarsi. La Fortezza da Basso, sua sede storica, era diventata una delle diverse componenti della manifestazione fiorentina, non più il vero punto d’attrazione. Mi spiego. La sua funzione di aggregatore di marchi in mostra era ed è inalterata, ma la quantità di eventi, cocktail, performance, raduni e altre forme di attrazione collaterali distribuite per la città avevano reso tutta la kermesse un momento di svago circense, che spesso distraeva dalla ricerca e dal prodotto, diventando a volte anche un noioso cliché. Visitando la centunesima edizione, invece, c’è stata la possibilità di un maggiore approfondimento dei contenuti. La sostanza che torna protagonista. Non si vuole dire che prima fosse sbagliata o negativa, ma in tempi veloci e imprevisti la pragmaticità è più efficace della dispersione.

Una fiera potrebbe sembrare una formula magari sorpassata, ma, alla fine, Pitti è l’unica che ancora funziona: il numero di espositori da giugno 2021 a gennaio 2022 è quasi raddoppiato (circa 600), assestandosi su quasi il 50% dei tempi pre-Covid e considerando che le gli altri eventi mondiali non esistono più è un indiscutibile successo che fa ben sperare per il futuro. Certo, i travel bans, le restrizioni e i vincoli legati al momento non permettono di aggiungere molto più, ma già il reshuffling dei padiglioni e dei temi intorno ai quali è stata costruita l’edizione hanno un po’ cambiato la percezione. Si diceva che è un altro inizio. Da sempre Pitti ha contribuito a lanciare nuove realtà, da Prada Uomo in passato a brand più piccoli cresciuti stagione dopo stagione proprio per la capacità di attirare pubblico in fortezza. Oggi questa forzata attenzione su meno proposte contribuisce ad accendere i riflettori su realtà che magari prima passavano inosservate. 

Molti tra gli espositori si sono detti sorpresi e soddisfatti dei riscontri ottenuti con la presenza, nonostante niente sia a pieno regime. Ci sono poi anche quelli spaesati e critici sui cambiamenti logistici o organizzativi. Ma com’è nella storia del mondo la capacità di adattamento e la dinamicità di pensiero sono tra le qualità che fanno sopravvivere alla selezione naturale e per chi non se ne fosse accorto, stiamo vivendo in un periodo in cui è particolamente feroce. Non è vero che solo i più forti resistono, spesso sono i più pronti ad accogliere il cambiamento a farla franca. Per questo Pitti, oggi più che mai, rappresenta un’opportunità per le medie e piccole aziende che vogliono aumentare la loro visibilità e la necessità della kermesse di rinnovarsi offre la stessa opportunità a chi vi partecipa.

Ovviamente una volta presa confidenza con la nuova normalità è necessario che l’istituzione faccia un profondo ragionamento su come dare maggiore dinamicità all’evento per farlo correre alla velocità di oggi, senza ricadere nella polverizzazione di situazioni extra contesto, che sarebbe nociva per tutti. Alla fine sono gli abiti e il sogno di essi a dover essere protagonisti. Questa stagione ha consolidato i principi estetici e di pensiero che hanno preso vigore durante la pandemia. Il guardaroba maschile, più di quello femminile, ha subito trasformazioni importanti. 


Il cosiddetto formale, uno dei protagonisti del passato, non ha perso consistenza, come si sente dire, ma si è rafforzato quando si è aggiornato. Così chi non si è lasciato contaminare dal comfort dell’homewear, rischia di perdere la chance di far parte della rivoluzione dell’eleganza che parte da qui. La sartoria ha nel suo DNA la manualità e la forza di essere versatile. Usare gli stessi principi per cucire materiali diversi dal solito, alleggerendo, ammorbidendo, smontando, mixando è la vera sfida che la renderà anche cool. 

Non parliamo di semplici giacche destrutturate, ma di un mindset dove non esiste più la distinzione tra formale e casual. Una bella sfida per un comparto fin’ora poco flessibile e aperto al nuovo. Per questo i ‘wannabe dandy’ presenti in Fortezza e residuo del passato, ancora lì per farsi fotografare, sono un glitch letale per chi vuole andare verso il futuro. Altro tema importante, va da sé, è quello della sostenibilità. Pur se spesso usato impropriamente è fondamentale che sia ovunque. Upcycling, riciclo, zero waste e ogni forma che abbia il minor impatto ambientale è ormai un mantra per quasi tutte le aziende. Il più delle volte marketing e superficialità prendono il sopravvento, ma il consumatore, soprattutto quello più giovane, è molto sensibile e informato sul tema, perciò i progetti non veri non avranno successo. Però tante piccole iniziative, anche se inizialmente poco precise, possono diventare importanti se messe insieme e migliorate.