Bruce, High Hopes e il rock nel destino

Bruce, High Hopes e il rock nel destino

di Gianni Poglio

Il bello di ricominciare a 65 anni

Ha riso come non gli capitava da tempo il Boss due sere fa negli studi programma cult di Jimmy Fallon, eroe della tv comica americana: bandana rossa, giubbotto di jeans senza maniche, occhiali da sole e una parrucca di capelli ricci come i suoi ai tempi Born in the Usa.  

Al suo fianco Mister Fallon agghindato esattamente come lui, un gemello con tanto di chitarra a tracolla: insieme hanno storpiato le parole di Born to runtrasformandola in una parodia. Nel mirino, il potente governatore repubblicano del New Jersey, Chris Christie, accusato di aver fato chiudere un ponte e di aver scatenato ingorghi fantozziani nell’area urbana di un sindaco democratico a lui ostile. 

A 65 anni le carriere di solito finiscono, quasi tutte, tranne quelle della generazione che ha iniziato a fare musica alla fine dei Sessanta. Bob Dylan, Mick Jagger, Neil Young, Roger Waters, Pete Townshend, sono tutti ancora lì. Tra palchi, nuovi album e ancora palchi. Una sorta di gioco magico che sfida il tempo, gli acciacchi, la forza di gravità e la tenuta delle corde vocali.

Ecco, il Boss a 65 anni ha scelto di godersi tutto quel che gli resta. Non caso il nuovo album si chiama ‘grandi speranze’. High hopes non è solo un discoNel mix di brani vecchi splendidamente risuonati e di antichi nastri tirati fuori dal cassetto c’è lo spirito libero di un artista che, arrivato a questo punto, si permette anche il lusso di giocare con il suo repertorio. Qualche mese in studio di registrazione e poi di nuovo fuori negli stadi a suonare per quelle tre-quattro ore ogni sera. Un rito magico che si ripete da quarant’anni (l’anno prossimo cade il trentesimo anniversario dello storico concerto a San Siro del 1985). 

‘Come si diventa Bruce Springsteen?’ gli ha chiesto Fallon in diretta. ‘C’è una sola risposta possibile’ ha detto Bruce. ‘Io sono nato nell’era giusta per diventare una rock’n’roll star, In un’era in cui i sogni diventavano realtà. Sono un uomo fortunato’.

Lui i fan li ripaga con performance sono diventate leggendarie per bellezza e durata. ‘Tre ore è il minimo‘ dice. ‘A volte mi spingo anche più in là. In uno degli ultimi show non volevamo più scendere dal palco. A un certo punto, nella pausa tra un brano e l’altro un signore in prima fila mi urla: Bruce, ancora 15 minuti e arrivi a quattro ore. Ok, se mi provochi, so come reagire, ho pensato. Ho preso fiato, mi sono girato verso il batterista e ho urlato con tutto il fiato che mi era rimasto: one, two, three, four…’.