Storia di un piccolo miracolo sartoriale nato in riva a un fiume. E cresciuto cercando bellezza, nell’arte e altrove

I pezzi d’arte contemporanea sono sparpagliati un po’ ovunque all’interno dell’azienda. Non solo nell’ufficio di rappresentanza e nello showroom, dove transitano i clienti: quadri e piccole installazioni sono in bella mostra in tutte le stanze dello stabilimento, dalla sartoria al magazzino, a testimoniare che il titolare è un appassionato collezionista. E come tale ha piacere che anche i propri dipendenti possano godere in ogni momento di tanta bellezza. Un gesto di cortesia che Claudio Marenzi, presidente della Herno S.p.a. nonché ultimogenito del fondatore, rivolge a chi lavora con e per lui, ricambiato dal clima familiare e di collaborazione che si respira in azienda.

GUARDA COME PIOVE –  Le idee migliori vengono guardandosi semplicemente intorno. Fu proprio osservando la piovosità di Lesa, il piccolo borgo sul Lago Maggiore dove viveva, che Giuseppe Marenzi nel 1948 ebbe l’illuminazione: realizzare impermeabili di qualità (inizialmente solo da uomo) che si distinguessero per le alte prestazioni. Il desiderio di rendere omaggio al paese di origine portò alla scelta del nome: Herno fa riferimento al torrente Erno che attraversa Lesa, mentre la H iniziale è un richiamo alla formula chimica dell’acqua (H2O) e un modo per dare al brand una connotazione più internazionale. L’ espansione verso il mercato estero in effetti non si fece attendere: iniziata negli anni 60 arrivò presto a toccare il mercato giapponese, e ancora oggi è in continuo sviluppo verso Germania, Spagna, Russia, Corea,  America.

NUOVA CONSAPEVOLEZZA – Se oggi Herno è un brand capace di rappresentare nel mondo il made in Italy di lusso, fatto di tradizione sartoriale, tecnologia ed eleganza, il merito va a Claudio Marenzi, che nel 2007 intraprese una decisiva e necessaria riorganizzazione interna: «Dal 1948 alla fine degli anni 80 Herno era sempre cresciuto e prosperava sul proprio marchio. Poi, dai primi anni 90, abbiamo iniziato a ragionare come manifatturieri, cioè producevamo molti capi ma per altri brand del lusso. Raggiunta la consapevolezza di aver per le mani un’azienda ben strutturata, con un prezioso know-how acquisito in oltre 60 anni e la capacità di poter fare un prodotto estremamente competitivo, mi sono accorto che avevamo intrapreso una strada sbagliata: diventando soprattutto terzisti stavamo sacrificando i prodotti a marchio Herno», spiega Marenzi. «La nuova strategia prevedeva di rimanere focalizzati sul monoprodotto, il capospalla, ma bisognava implementarlo e arricchirlo di tecnologia, modernità, stile. La strada giusta, visto che siamo riusciti ad affermarci tra i marchi più innovativi e importanti del luxury outwear».

LA TESTA E LA CODA –  L’intero processo produttivo, dall’ideazione alla distribuzione,  si sviluppa all’interno dell’azienda di Lesa: «Qui ci sono tutti i macchinari e le tecnologie necessarie per realizzare qualsiasi nuova tipologia di prodotto», continua Marenzi. Che spiega le varie fasi della creazione: «Il capo viene prima ideato dal nostro staff composto da quattro stilisti e successivamente valutato dal responsabile commerciale sotto l’aspetto della fruibilità».
 I passaggi successivi riguardano la creazione del modello, la realizzazione del prototipo, la discussione su eventuali aggiustamenti e la definizione di un campionario. «Fondamentalmente facciamo lo stesso lavoro da quasi 70 anni: credo nella specializzazione, nel monoprodotto. Ma al suo interno bisogna sperimentare tutto il possibile». Da qui deriva la continua ricerca di nuove tecnologie che hanno portato Herno a introdurre importanti innovazioni, soprattutto nell’assemblamento: i capi infatti non vengono più cuciti ma termosaldati con gli ultrasuoni. Si tratta di un procedimento molto lento, che richiede più tempo rispetto alla cucitura sartoriale: i lembi dei tessuti vengono prima attaccati con una pellicola di colla quindi, attraverso una sequenza di presse con passaggi caldo-freddo, saldati definitivamente. «Grazie a questi macchinari per le termosaldature, destinati a sostituire presto le macchine da cucire, i capi risultano totalmente impermeabili». Le nuove tecnologie sono preziose anche per la realizzazione dei piumini ultralight, caratterizzati dall’abolizione del sacco piuma: la materia prima viene inserita in un macchinario che seleziona le piume più leggere da iniettare direttamente nel capo. 

Tutto quello che si trova in circolazione a marchio Herno è controllato a Lesa, dove ci sono 125 dipendenti che tagliano e lavorano l’80% dei capi. Il resto viene commissionato a laboratori esterni, molto qualificati, che operano in esclusiva e rimandano il prodotto confezionato in azienda per il check finale. «L’ ok definitivo alla spedizione deve arrivare da Lesa: se vogliamo continuare a essere il top nella creazione d’impermeabili e piumini dobbiamo arrivare sul mercato con la massima credibilità».