Pilota di successo, playboy, anti-eroe celebrato nel film di Ron Howard

Chi vuole conoscere la vera storia del pilota più audace, coraggioso ed estremo degli ultimi 40 anni di Formula 1, dell’uomo alla continua ricerca di approvazione, dello scapestrato playboy a cui piaceva fumare, bere oltre ogni limite, segni questa data: 19 settembre. Da quel giorno tutte le sale italiane proietteranno Rush, il nuovo film del regista hollywoodiano pluripremiato Ron Howard , che racconta la storia della carriera agonistica del campione britannico James Hunt e della sua rivalità con il pilota austriaco Niki Lauda.

Sono passati 37 anni da allora, ma James Hunt resta un’icona. Pochi lo hanno dimenticato e Ron Howard ha riacceso la curiosità sulla sua vita fuori dagli schemi, in pista e nel privato, raccontando tutto quello che girava dentro e fuori dal campionato mondiale del 1976, l’anno drammatico che vide il protagonista Niki Lauda quasi in fin di vita prima, rientrare in corsa poi. Hunt, nella vita e nel film è l’antagonista per eccellenza. Se non fosse stato reale sarebbe stata una perfetta invenzione narrativa. L’anti-eroe che insegue, combatte critiche e squalifiche, recupera terreno, lotta senza smettere mai di crederci.

Hunt è libero, spregiudicato: sulla sua tuta da corsa si leggono le parole: “Sesso, la colazione dei campioni”. Ama, sbaglia, cerca di cambiare per la sua compagna, ma fallisce. Un dio in pista, un uomo con tutti i suoi difetti sulla Terra.

Nato in una famiglia benestante nella contea inglese del Surrey, Hunt frequenta l’esclusivo Wellington College. Inizia a guidare e ‘a vivere’ all’età di 17 anni, superato l’esame per la patente. Nelle prime gare juniores fa subito notare un approccio alla pista e alla competizione privo di compromessi che lo porta ai primi posti in classifica e gli vale il soprannome di Hunt the Shunt (Hunt lo schianto per sottolineare i suoi frequenti incidenti) ancor prima di vincere un posto sulla famigerata Hesketh Racing Team per la stagione 1973.

Nel 1975 il pilota britannico vince il suo primo Gran Premio sul circuito olandese di Zandvoort e termina la stagione quarto in classifica. Poi nel 1976 la svolta in McLaren. L’anno dell’incredibile e drammatica battaglia per il titolo tra lui e Lauda che culmina con la vittoria del Campionato del Mondo da parte dell’inglese per un solo punto.

Questo è il suo unico campionato mondiale vinto, poi si ritira a metà della stagione 1979, anno in cui comincia una nuova carriera da commentatore per la BBC collaborando anche con il famoso Murray Walker. Il pilota non c’è più ma l’uomo di carattere resta, tanto che parla di sé e delle gare come pochi commentatori moderni avrebbero avuto il coraggio di fare.

Lascia la vita e la sua compagna Helen Dyson improvvisamente per un attacco di cuore nel 1993. Ha vissuto soltanto 45 anni ma la sua storia e il suo personaggio resteranno una delle più entusiasmanti leggende delle corse automobilistiche.