Celebrities, attori e registi da Oscar, ma anche sportivi sul tetto del mondo e premi Nobel: ecco chi sono stati gli uomini protagonisti del 2014

Matthew McCounaghey: dalle commedie romantiche all’Oscar in poco meno di 24 mesi. Il percorso dell’attore texano è stata una vera e propria metamorfosi kafkiana, un percorso di ‘redenzione’ dai ruoli del belloccio tutto pettorali che ha interpretato con nonchalance per una decina d’anni. Una parabola iniziata con Killer Joe del ‘Regista del Male’ Friedkin dove dà corpo (e squilibri mentali) al sicario del titolo, e proseguita con Magic Mike, la pellicola di Soderbergh nella quale interpreta l’avido Dallas, proprietario della discoteca Xquisite, dove si esibisce insieme ad una banda di giovani stripper. A consacrarlo (e a regalargli l’Oscar per la migliore interpretazione da protagonista) è però Dallas Buyers Club, film la cui sceneggiatura era stata rifiutata 137 volte e che ha richiesto all’attore 4 anni di impegno personale alla ricerca dei finanziamenti. La vera storia del rozzo cowboy che, negli anni novanta, si scopre malato di AIDS, una malattia che si pensava fosse stigma solo della popolazione omosessuale, è interpretata da McCounaghey con un’umanità che nulla ha di stucchevole o scontato, e che conquista i cuori e i plausi dell’Accademy e del pubblico. Di rilievo anche il suo ruolo sul piccolo schermo nel prodotto televisivo dell’anno, True Detective, che ha mandato in sovraccarico di visite il canale online Netflix, responsabile della produzione. La sua stella sulla Walk of Fame è stata inagurata da poco, ma McCounaghey ci ha preso gusto: protagonista al cinema dell’epico Interstellar di Chris Nolan (nelle sale adesso), sembra già voler prenotare la prossima statuetta.

Paolo Sorrentino: l’Oscar quest’anno l’ha vinto anche lui, per la sua Grande Bellezza, epopea di una Roma sul viale del tramonto dove Toni Servillo gioca il ruolo di un Virgilio dantesco, introducendo lo spettatore, con disincanto, tra le decadenti feste capitoline, principesse in rovina e mazzi di chiavi che aprono i più bei palazzi della capitale. Un traguardo di riconoscibilità che lo schivo napoletano ha apprezzato, eludendo con eleganza le polemiche che la pellicola ha suscitato, accuse infuocate come non accadeva dagli anni sessanta dei film di Fellini, che allora non furono amati come oggi.  Attualmente impegnato sul set della sua nuova pellicola, La giovinezza, alla sua corte sono accorsi i migliori attori holliwoodiani, giganti come Harvey Keitel, Michael Caine e Jane Fonda  conquistati dalla classe e dall’estetica fragile, e perciò purissima, del nuovo Re di Napoli.

Novak Djokovic: è diventato il numero 1 del tennis, e intende restarlo a lungo. Il serbo Djokovic ha (ri)guadagnato l’agognato titolo (guadagnato nel 2011 e perso solo l’anno dopo) vincendo a Wimbledon proprio contro chi, quel titolo, gliel’aveva tolto due anni prima, ovvero il sette volte campione del mondo Roger Federer, che batte (per il ritiro dello svizzero) anche agli ATP World Tour Finals di Londra. Dal tetto del mondo, però, continua a guardare il cielo: tra i suoi prossimi obiettivi le Olimpiadi di Rio del 2016.

George Clooney: l’impenitente scapolo è finalmente (e inaspettatamente) convolato a nozze in quel di Venezia con l’avvocato difensore di Julian Assange, Amal Alamuddin (ora solo Amal Clooney). La coppia ha organizzato il ricevimento nuziale con una pompa mediatica pari a quella di un matrimonio tra reali, e il Daily Mail sussurra già che stiano pensando di adottare un orfano di guerra siriano. Non solo traguardi sentimentali, però: quest’anno Clooney è anche stato protagonista di Gravity, film di Cùaron che ha fatto incetta agli scorsi Oscar. E sono in molti quelli che cominciano a sussurrare di un suo ingresso in politica: da sempre difensore delle cause ambientaliste, e dei diritti umani, Clooney non ha mai fatto segreto delle sue ambizioni, a cui può finalmente dare sostanza, con al fianco una moglie con il pedrigree da first lady.

Pharrell: se c’è qualcuno al quale il 2014 ha sorriso, quello è senza dubbio Pharrell. Il produttore e cantante statunitense è il nuovo Re Mida della musica, capace di trasformare in oro tutto quello che tocca (ed infatti fuori dalla sua porta fanno la fila tutti i maggiori cantanti americani che gli chiedono di produrre i loro album). Una fama che ha toccato nuove vette dopo la hit Happy, divenuta fenomeno virale di Youtube, dove ognuno ne ha dato la propria interpretazione, adattandola alla città di residenza. Pharrell è l’uomo dai mille talenti: musicista ma non solo, si è riscoperto stilista (collaborazioni con Adidas, Louis Vuitton, G-Star e Uniqlo), benefattore ( oltre alla sua charity From One Hand To AnOTHER, che si occupa di ragazzi a rischio tra i 7 e 20, sta attualmente costruendo un immenso centro doposcuola del costo di 35 milioni di dollari, nella natia Virginia Beach) architetto (ad Hypebeast ha dichiarato di star lavorando con l’archistar Zaha Hadid su un progetto di casa prefabbricata) e designer (ha ridisegnato la classica Bourgie Lamp di Kartell). Tutto in un solo anno. 

Alex Zanardi: è diventato Iron Man quest’anno a Kona, Hawaii, centrando l’obiettivo che si era posto, quello di riuscire a realizzare l’intero ed estenuante percorso della gara di thriathlon più dura al mondo ( 4 km a nuoto, 180 in bicicletta e 42 di corsa) in meno di 10 ore, ma che la sua tempra fosse di ferro, lo si sapeva già prima. L’atleta già due volte oro paraolimpico che ha perso entrambe le gambe in un incidente di cart nel 2001 non ha mai smesso di gareggiare con se stesso, prima che con gli altri, divenendo quest’anno più che mai un simbolo della riscossa umana, celebrato anche negli Stati Uniti, dove è stato di recente invitato come ospite al programma del giornalista guru della tv americana, David Letterman. Un uomo la cui grandezza sta nel declinare elegantemente l’appellativo di esemplare, definendosi, ad oggi, un privilegiato.

David Bowie: la sua mostra, David Bowie is, ha inaugurato al V&A l’anno scorso, ma il successo è stato talmente sensazionale ( definita ‘un trionfo’ dal Guardian ed ‘elegante e oltraggiosa’ dal Times) che si è trasformata in un film dallo stesso titolo e in un’exhibition itinerante che toccherà le principali capitali mondiali. Un musicista, Bowie, che al raggiungimento di quasi 50 anni di carriera, non sembra volersi fermare: è infatti uscito da poco il suo nuovo cd, Nothing has changed, a dimostrazione che le mode (di cui Bowie è sempre stato grande precursore) passano, ma un artista come lui, dura per sempre.

Matteo Renzi: il 40% alle europee sono un risultato storico, mai raggiunto prima dalla sinistra, che han ringalluzzito il già assertivo premier, panzer della politica nostrana, coccolato dalla Merkel, con le camicie con le maniche risvoltate prese a prestito da Barack Obama e un’idea di politica che si ispira, per sua stessa ammissione, all’oscura e corrotta Washington di House of Cards. L’anno prossimo è carico di sfide, dall’EXPO all’approvazione della legge elettorale, senza calcolare la probabilità dell’elezione di un nuovo presidente della Repubblica (le voci di Napolitano in uscita anticipata si rincorrono da molto, possibilità che Renzi sembra voler scongiurare) ma questo, dopo le elezioni regionali, sorride ancora a Matteo da Firenze.

Patrick Modiano: le sue chance di vittoria non erano altissime, e non era certo nella lista dei favoriti, eppure Patrick Modiano ha vinto il Nobel per la Letteratura, lasciando a bocca asciutta scrittori ben più famosi a livello internazionale, come Haruki Murakami e il mostro sacro Philip Roth. Un evento dopo il quale molti libri del sessantanovenne francese, mai tradotti in italiano, risplendono ora nelle vetrine delle librerie (è uscito il 25 Novembre con Einaudi L’erba delle Notti, del 2012). Un universo affascinante  e misterioso, quello dei suoi libri, nei quali i temi ricorrenti sono quello della memoria, e della figura paterna (ispirata a suo padre, un ebreo francese della Toscana) sullo sfondo di una Parigi affascinante come una donna da conquistare.

Benedict Cumberbatch: erede dello humor inglese e di una goffaggine forse studiata, che ricorda lo Hugh Grant dei tempi migliori, Benedict Cumberbatch è la nuova passione del cinema britannico (e non solo). L’attore di teatro è diventato prima Sherlock Holmes nella serie della BBC, dove interpreta il detective dei romanzi di Conan Doyle in una Londra moderna e  tecnologica, per poi passare al grande schermo, dove quest’anno è stato lo schiavista buono di 12 anni schiavo. Ironico senza mai essere sgradevole, elegante senza risultare affettato, il Time lo ha inserito nella lista delle persone più influenti al mondo, lasciando la sua descrizione al conterraneo Colin Firth, che, con affetto, lo ha definito ‘ capace di mostrare contemporaneamente molte qualità, spesso opposte: vulnerabilità, senso di pericolo, un chiaro intelletto, onestà, coraggio, e un’energia quasi allarmante’.