Perché il mullet è molto più che un semplice taglio di capelli
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Perché il mullet è molto più che un semplice taglio di capelli

di Michele Mereu

Il ritorno di uno dei tagli che hanno fatto la storia dell’hair styling

Basta buttare l’occhio sulla pagina Istagram di Guido Palau, l’hair stylist della moda, e guru che detta le tendenze in fatto di capelli, per accorgersi che il taglio della prossima stagione sarà indubbiamente il mullet. Un taglio unico, caratterizzo per essere corto davanti, sopra e sui lati e lungo dietro, che ha fatto ritorno nella sua versione “reloaded” durante le ultime sfilate uomo (dedicate alle collezioni  uomo autunno-inverno 2021) di Prada  e Dior. In realtà, il mullet è molto più di un taglio stravagante e alla moda, è un vero e proprio simbolo di estetica ribelle che cha ha segnato la storia dell’hair styling internazionale. Icon ripercorre qui in breve le tappe della sua evoluzione.


Un po’ di storia
Il mullet è un taglio che, sin dalla sua nascita, ha avuto diverse evoluzioni di stile, il suo nome pare derivi dal modo di dire australiano “ looking like a stunned mullet” , ovvero ‘sembrare un cefalo stordito’. Ma quando è che venne usato per la prima volta il termine mullet? Pare, in una canzone del 1994 dei Beastie Boys, per poi entrare un anno dopo nell’ Oxford English Dictionary, come parola d’uso comune, anche se sappiamo che il famoso taglio, in slang chiamato anche “ Kentucky Waterfall”, esisteva già da prima. Nel suo libro Mullet Madness, lo scrittore Alan Henderson afferma che i popoli preistorici già usavano questo taglio avendone scoperto la sua estrema praticità: la frangia corta teneva lo sguardo libero, mentre un la lunghezza posteriore avrebbe mantenuto il collo caldo e protetto dalla pioggia. Osservando le statue greche, che risalgono al VI secolo a.C., si nota che questo taglio era utilizzato agli albori della cultura occidentale, e anche gli antichi corridori di carri romani puntavano su taglio antenato del mullet. Nel XVI secolo, anche i guerrieri ittiti usavano tagliare i capelli in questo modo, così come gli assiri e gli egiziani.

Patrick Swayze (Photo by Aaron Rapoport/Corbis via Getty Images)

David Bowie e gli anni 70
In tempi moderni, il mullet inizia a fare le sue prime apparizioni, pur senza ancora un nome preciso, negli ’70. Erano gli anni del glam rock, con Ziggy Stardust di David Bowie che fece da apripista a questo look, una cascata di capelli arancioni che scendevano lungo il collo. Bowie è stato il re dello stile androgino per tutta la sua carriera, e questa pettinatura unica ne era l’essenza: una fusione di stili femminili e maschili, lungo e corto, il taglio perfetto. Quello stesso decennio ha visto protagonista anche la chioma di Rod Stewart, che rimbalzava di spalla in spalla, mentre cantava sul palco con pantaloni stretti e t-shirt senza maniche. Sempre in quel periodo anche Paul McCartney che abbinava questo taglio a un paio di baffetti.
 
Gli anni gloriosi del mullet: gli anni ’80
È questo in realtà il decennio di massimo splendore del mullet,  gli adolescenti guardavano al look di Patrick Swayze in Dirty Dancing, realizzandone una aversione tutta loro. Molti di loro, poi, si sono ispirati anche alla versione estrema color platino dell’attore Kiefer Sutherland nel film Ragazzi perduti, il look più desiderato dai ribelli di quegli anni. Negli anni ’80, il mullet trascendeva la cultura. Tutti, da James Hetfield dei Metallica a Billy Ray Cyrus, avevano un mullet. Che si fosse metal o country, yuppie o punk, atleti o motociclisti, il mullet era il pilastro dei tagli di capelli da uomo di quegli anni, ma non solo, pian piano il look viene copiato anche dalle donne, Cher, Jeane Fonda in prima linea, o da chi non s riconosceva ne nel genere femminile, ne in quello maschile: effettivamente una delle sue forze è proprio quella di essere trasversale.

PARIS, FRANCE – JULY 04: Actor Joe Keery attends the Premiere of Netflix’s “Stranger Things 3” At Le Grand Rex on July 04, 2019 in Paris, France. (Photo by Stephane Cardinale – Corbis/Corbis via Getty Images)

Gli anni ’90, il declino del mullet
Questo è il decennio in cui il mullet entra in crisi e lentamente inizia il suo declino. È difficile capire cosa abbia causato questa inversione di tendenza per quanto riguarda questo look che pian piano diventa sinonimo di persona poco raccomandabile. Non è essendo più scelto da star della musica, del cinema o della televisione, il taglio non è più legittimato agli occhi del pubblico, e questa pettinatura è quasi tabù, diventando un motivo di imbarazzo per le persone che una volta lo sfoggiavano con orgoglio. Bono Vox, leader degli U2, dichiarò di essersi pentito del suo mullet, Mel Gibson lo tagliò senza ripensamenti. Per farla breve, il mullet non era più di moda. Sul finire degli anni ’90 solo gli acentrici frequentatori del mondo dell’arte e gli appassionati delle subculture non abbandonarono questo stile, che diventò così la bandiera estetica degli outsiders.
 
Il mullet oggi
Negli ultimi dieci anni questo hair-cut è rimasto sostanzialmente legato alle scelte dei nostalgici degli anni ’80, ma adesso fa il suo grande ritorno grazie ai personaggi delle serie in streaming, uno fra tutti Steve di Stranger Things, interpretato dall’attore Joe Keery. Nel campo della moda, ciclicamente, lo ha fatto risorgere Guido Palau, che lo ha proposto in diverse versioni: l’ultima quella “equilibrata”  vista sulle passarelle di Prada e Dior. Un mullet scalato, minimale, con code laterali, e ciuffo quasi inesistente nella parte posteriore. Perfetto per l’uomo contemporaneo e attento alle ultime tendenze in fatto di tagli di capelli maschili.