Ma non chiamateli remake…
Camaleonda_PH by Aldo Ballo B&B Italia

Ma non chiamateli remake…

di Digital Team

I brand dell’arredo rieditano, aggiornandoli, i loro classici ormai fuori produzione. È l’heritage formato contemporaneo, durevole e sostenibile

Da moda e mania collezionistica che non teme flessioni e, anzi, fa la felicità soprattutto economica di case d’asta e negozi di modernariato, la passione per l’arredo vintage ha in qualche modo “contagiato” anche le aziende del mobile. Per loro, grandi o piccoli marchi che siano, la questione è comunque differente: mettere mano all’archivio, riscoprire i “classici” gloriosi non più in produzione da tempo è una scommessa importante. Non si tratta solo di rifare, perché i progetti di 40, 50 anni fa e magari più, se rieditati oggi tali e quali, non funzionano. Tanti difetti (strutturali, nelle finiture, nelle imbottiture, nei colori) che allora potevano essere marginali e scusabili oggi non sono accettati da un pubblico sempre più esigente. Ecco allora che rifare significa di fatto riprendere l’intero progetto, ristudiarne caratteristiche e finanche dimensioni per adattarle sia ai macchinari d’oggi, sia al gusto del mercato. Insomma, la forma, l’idea di partenza sono identiche, ma quello che c’è dietro e dentro (è tutto nuovo, migliore (con tutto il rispetto per gli originali di allora). Ecco alcuni esempi riuscitissimi.

Molteni&C


È da anni che l’azienda di Giussano lavora sul vasto corpus di progetti di Gio Ponti, tanto da avergli dedicato la Heritage Collection (in collaborazione con i Gio Ponti Archives) nella quale riedita perle rare e ancora magistrali. Tra le ultimissime proposte, spicca lo scrittoio consolle modello D.847.1, datato 1947/48. Le date sono importanti, la guerra è appena finita e le materie prime sono contingentate, ma per il vulcanico Ponti non è un problema, anzi è uno stimolo.  Contatta un costruttore aeronautico specializzato in alianti (e quindi esperto nella lavorazione del legno) e progetta una “camera da letto per uno scapolo” che entra in produzione e vi rimane fino ai primi 50. Tra gli arredi, vi è anche la piccola consolle/scrittoio, modello D.847.1. È tutto in noce nazionale con classici puntali in ottone “alla Ponti”. La linea dello scrittorio è moderna, aeronautica si può dire, con il piano dai terminali curvati che richiama il profilo di un ala d’aereo. Nuovo è anche il cassettino con frontale arrotondato che l’architetto milanese avrebbe riutilizzato poi spesso per diverse successive produzioni.

B&B Italia


Camaleonda è il sistema a composizione libera disegnato da Mario Bellini per B&B Italia.

Disegnato da Mario Bellini nel 1970, Camaleonda ritorna con nuove soluzioni strutturali e scelte sostenibili a dimostrare che le buone idee sono valide sempre. All’epoca ebbe un grande successo di pubblico e critica tanto da renderlo una presenza costante nei maggiori musei di design internazionali e sui set di tanti film. A curare la riedizione in chiave contemporanea è stato ovviamente lo stesso Bellini in stretta collaborazione con il centro ricerche e sviluppo dell’azienda. Rimangono tutti gli elementi che lo hanno reso un classico contemporaneo, come il modulo di seduta 90×90, così come lo schienale e il bracciolo, fedeli al progetto originario del quale sono state recuperate anche le dime originali per il taglio del rivestimento. Rimane anche la generosa imbottitura in poliuretano che forma il caratteristico capitonné, così come la grande innovazione di allora e cioè la modularità pressoché infinita che permette di disegnare a piacere il proprio ambiente domestico. Agganciando e sganciando sedute, schienali e braccioli si può cambiare idea quante volte si vuole, spostando e ridisegnando lo spazio. Le imbottiture di seduta, schienali e braccioli sono realizzate in poliuretano a densità e portanza diversificate. La complessità maggiore è nella seduta, i cui elementi sono sagomati in modo da incastrare e far interagire ogni strato. I diversi strati generano spazi vuoti congegnati a creare un confortevole effetto molla. Questa scelta ingegneristica permette inoltre di rendere l’interno del divano disassemblabile e perciò facilmente riciclabile.

De Padova


Silvia byTommaso Sartori

L’interesse per l’heritage è talvolta l’occasione per riscoprire anche figure particolari e magari oggi ricordate del mondo del design, il cui contributo in termini di creatività non è inferiore ai vari celebrati maestri. Un esempio, davvero singolare di progettista e insieme imprenditore, ma non solo perché fu  anche a lungo conduttore televisivo, è Paolo Tilche. Fu lui ad aprire a Milano, nel 1955, Arform, forse il primo negozio con quanto di più moderno il design (arredo e non) proponeva a livello non solo italiano.  Era “oggetti di buon gusto e mai di moda”, dichiarava Tilche che per la sua azienda progettava molto, così come per altri marchi. Disegnò la poltroncina Silvia nel 1960 per Bonacina 1889. Uscita dall’archivio storico dell’azienda di Lurago, la riedita De Padova. Per una volta è tutto come allora, gli ingegneri qui non servono. Ampia e accogliente è ancora realizzata manualmente con canne d’India legate con corteccia di giunco; a dire che il tempo passa sono i piedini in termoplastica. Il cuscino per la seduta è un optional, ma ci  sta proprio bene.