Design Collezionisti di domani

Design Collezionisti di domani

di Paolo Lavezzari

In attesa delle novità che ci auguriamo di vedere nel 2023, a cominciare dal Salone del Mobile, proviamo a fare una riflessione su ciò che è nei cataloghi ora. Cosa rimarrà e diventerà un cult? Qui la prima puntata di un’ipotetica collezione per i posteri

All’inizio si parlava unicamente di modernariato, era per pochi, tutto sommato, cioè quella schiera di amanti degli arredi e complementi d’antan che battevano le bancarelle di Porta Portese, del Balùn a Torino o le botteghe dei rigattieri; i più avventurosi si mettevano anche in viaggio verso i pingui mercati francesi e, quando era il momento, li trovavi al Mercante in Fiera, a Parma o al Brocantage, dietro l’aeroporto di Linate, a Milano. I lungimiranti, all’epoca, hanno fatto sicuramente ottimi affari. Poi, la cosa ha cominciato a prendere una consistenza diversa, anche a livello economico: a certificare il cambiamento è stato non solo lo scaltrirsi dei trovarobe che hanno, magari con attribuzioni talvolta inverosimili, fatto lievitare i prezzi; poi l’interesse delle case d’asta (nazionali e internazionali) che nel giro di pochi anni, oltre alle aste di pezzi unici delle star del design contemporanei, hanno inserito nei loro calendari regolari anche vendite di arredi del 900, con molta attenzione a quelli del secondo dopoguerra; infine, a confermare il tutto, sono arrivate le riedizioni che le aziende del mobile sfornano, ripescando nei cataloghi di un tempo pezzi firmati da designer blue chip (Ponti, Scarpa, Bellini…), ma anche da nomi ‘dimenticati’, debitamente aggiornati alle parole d’ordine odierne, sostenibilità in primis. Insomma, il passato, se ben considerato, fa sempre guadagnare. A questo punto della storia sembra venuto il momento di guardare al futuro e farsi la domanda: quali saranno (o potrebbero essere, volendo concedersi il beneplacito del dubbio) i pezzi delle collezioni odierne che domani diventeranno da collezione? Forse più che domanda è una scommessa, ma perché non cimentarsi?


CASSINA Tramonto a New York screen Gaetano Pesce, ph. Paola Pansini

Cominciamo ‘facile’, come si dice, con un’edizione numerata di un maestro irrequieto, spesso provocatore, sempre sul confine tra progetto e arte tanto che lui si definisce scultore. Parliamo di Gaetano Pesce che, alla reverenda età di 84 anni continua a far sentire la sua voce. Ultimo esempio è la rinnovata collaborazione con Cassina, con cui, quando l’azienda si chiamava C&B, cioè Cassina e Busnelli, aveva disegnato fra l’altro la lounge chair Up, tuttora prodotta da B&B Italia. Ora per l’azienda di Meda Pesce firma un paravento (d’artista) che prende nome e spunto dal suo celebre divano Tramonto a New York (guarda caso appena rieditato). Siamo sempre fra arte e industria, tra unicità e produzione seriale, e su tutto uno spirito molto pop. Ancora una volta infatti Pesce si diverte con le resine che qui, diventate semitrasparenti e coloratissime, formano i tre pannelli del paravento. È chiaramente al profilo della città dove abita da 40 anni cui Pesce si rifa, ma come? Versando in varie fasi la resina colorata in stampi per riprodurre, strato dopo strato, le suggestive sfumature delle facciate degli edifici, che vanno dal viola e il blu al rosa e il verde, mentre il grande sole rotondo viene rappresentato con un rosso intenso. Anche i colori sono stati studiati appositamente e realizzati mescolando precise quantità di pigmenti per creare diverse intensità. Ed è tutto fatto a mano, sicché ogni pezzo non è mai del tutto identico all’altro. Last but not least: l’unicità di ogni pezzo è garantita da una targhetta con l’anno del progetto, il numero progressivo di produzione, il logo Cassina e la firma del designer/artista. Ultima nota: a chi volesse vedere dei pezzi di Pesce importanti, si consiglia la visita della personale alla galleria Luisa Delle Piane, a Milano. Fino ad aprile.