Doppio brivido con la seduta-scultura Due Più di Nanda Vigo

Doppio brivido con la seduta-scultura Due Più di Nanda Vigo

di Digital Team

Torna la seduta-scultura in calda pelliccia e freddo inox firmata Nanda Vigo. Un’idea avant-garde anni 70 che ancora stupisce, oggi viene rieditata da Acerbis

Insomma, diciamolo, l’uniformità della produzione contemporanea dell’arredo è palese: le leggi del mercato comandano, così nessuno osa osare; teoremi nuovi non se ne enunciano più da quel dì (neanche così facile), mentre i corollari sono spacciati per grandi rivoluzioni. In effetti, non è tutto così grigio, perché comunque l’industria del mobile va avanti sempre forte, con un notevole progredire sul versante ‘sostenibilità‘ che significa nuove soluzioni per la catena produttiva, la scelta dei materiali, la gestione del fine vita dei prodotti; come si dice oggi, tanta roba.Così, in attesa di un qualche divano che sia un po’ più alto di una spanna (visto l’invecchiamento della popolazione italiana, una percentuale minima degli acquirenti ma pure esiste, che, ci si chiede, come possa rimettersi agilmente in piedi da un sofà comodissimo quanto rasoterra) la ‘next big thing‘ arriva non già dal futuro, ma dal passato, perché, le tante riedizioni fanno quantomeno sentire un brivido sincero di novità. Un brivido che peraltro, pur arrivando magari da 50 anni fa, non ha perso la sua elettricità, anzi.


Un frisson caldo e insieme freddo lo trasmette questa seduta Due Più che l’architetto-designer-artista Nanda Vigo ideò nel 1971 e che oggi Acerbis ripropone, non più on demand come allora, bensì prodotta in serie, quale nuovo capitolo della riscoperta dell’opera della pirotecnica Nanda. Brivido caldo perché quei rulli pelosi che fungono da seduta e schienale – oppure da bracciolo sedendosi a cavalcioni, o addirittura da appoggio stando al contrario – erano una volta di mongolia (quel pelo che bordava i giacconi afgani ricamati stile hippie), mentre oggi sono di pelliccia recuperata dagli scarti dell’industria alimentare; freddo perché, pur con dimensioni lievemente diverse dall’originale, la struttura geometrica di acciaio cromato ha tutti, precisi precisi, i bagliori space-age di quegli anni là. 


La domanda è prevedibile: ma ti ci siedi per davvero, o sono solo ‘di bellezza’? Il quesito vale per molti dei progetti ideati in quei tempi di  fermento continuo (ma non solo), quando arte, sperimentazione e arredo andavano spesso a braccetto a delineare nuove proposte. La risposta: non c’è che provare, rimarrete sorpresi. Un’ultima noticina: Duepiù (tutto attaccato) si chiamava anche una rivista uscita proprio in quegli anni da Mondadori: il sottotitolo era ‘noi due più i nostri figli’ e parlava ai giovani delle nuove frontiere della famiglia, sesso incluso; insomma anche lì si provava (credendoci sul serio) a ‘fare la rivoluzione‘.