Dreamscape: dov’è sempre primavera

Dreamscape: dov’è sempre primavera

di Ivan Carozzi

Nel dreamscape design tutto è possibile: architetture immateriali, immerse nel lusso, nel silenzio e nella luce dorata di un tramonto perenne. Chimera di una nuova classe di super-ricchi. Sogno a cui è stato tolto il suo elemento perturbante

Salotti e piscine sospesi in un immacolato altrove digitale. Toilette invase dalla luce porpora di un tramonto irreale. Sono alcuni scenari tipici del dreamscape design, estetica collegata all’interior design, divenuta popolare su Instagram. «Durante la creazione o l’ideazione dell’immagine», dichiara il digital artist Massimo Colonna, «mi piace generare un’emozione prima di tutto in me stesso. Poi vorrei generare una sorta di connessione tra chi guarda e l’immagine. Quindi, tra chi guarda e chi crea».  Colonna, che in provincia di Reggio Emilia guida con Chiara Ormelli lo studio Il Magma, è l’unico artista italiano presente all’interno di Dreamscape & Artificial Architecture, volume di oltre 200 pagine uscito per l’editrice berlinese Gestalten. Nelle sue opere accade ogni tanto d’imbattersi in un essere umano, mentre nel dreamscape design è un evento raro. La presenza dei sapiens è abolita in favore della brillantezza traslucida del pixel. Viene spontaneo chiedersi se esista una relazione fra la nascita di un’estetica con queste caratteristiche e un’epoca segnata dalla pandemia e dall’esperienza del lockdown. 


Le architetture appaiono terse, pulite. Sono come nuove, vergini. Nessuno sembra averci mai messo piede. Prevalgono le tinte riposanti o pastello e gli arredi dalle linee asettiche e minimaliste. Sulle pareti si posa la luce quieta di un pomeriggio ideale. È la promessa di un’eterna primavera. Ville e appartamenti si offrono alla vista con l’intenzione di affascinare e rispondere a un desiderio di lusso e silenzio. Siamo di fronte a una forma di seduzione non lontana da quella praticata sui siti delle agenzie immobiliari dei nuovi quartieri di Milano o Singapore.

Ma veniamo al cuore della questione. L’espressione dreamscape, crasi tra “dream” e “landscape”, pone l’accento sul sogno e sull’incertezza dei confini tra realtà e sogno. Ma rispetto all’onirismo selvaggio professato nelle avanguardie del Novecento, da Salvador Dalí ad Alejandro Jodorowsky, qui non si producono sinistre interferenze tra una dimensione e l’altra. Non c’è l’elemento di ambiguità e inquietudine tematizzato da Freud nel saggio del 1919 Il perturbante. Al contrario, il dreamscape design è astrazione, matematica, razionalità, combinate a volte con intuizioni paradossali e poetiche, come nel caso di Colonna. Sono visioni che calmano e rasserenano. C’è chi dice che si tratta di una sorta di ASMR (Autonomous Sensory Meridian Response) per gli occhi.  Colonna, che è anche creatore di NFT, non ha mai preso ispirazione da un sogno vero e proprio. Parla d’incontro tra realtà e sogno lucido. «A volte, con l’ispirazione giusta, in un giorno riesco a creare un’immagine che mi soddisfa appieno, altre volte ci vogliono settimane». 


Il dreamscape design è anche al centro di Casa Immaginaria: Living in a Dream, mostra allestita nel padiglione della Repubblica Ceca alla Triennale di Milano (fino all’11 dicembre). Come appare evidente in molte delle immagini scelte, spesso le fantasie dreamscape sembrano accarezzare le chimere di una nuova classe di super-ricchi: piscine sospese nel tempo e salotti incantati, secondo un gusto global e artificiale da Metaverso. È l’utopia di un’élite che sogna di farsi la villa con piscina virtuale.

Nelle foto, tre esempi  di dreamscape design di Massimo Colonna