Dal Bauhaus all’innovazione: il percorso di Knoll raccontato da Jonathan Olivares
Portrait Ph Tanya and Zhenya Posternak

Dal Bauhaus all’innovazione: il percorso di Knoll raccontato da Jonathan Olivares

di Guido Milano

Come deve evolvere un marchio che ha fatto la storia dell’arredo moderno? Fedele ai fondamentali, e cioè una qualità senza confronti e anticipando i nuovi stili

Valori, codici, identità: una trinità tutta terrena che chiunque sia a capo di un’azienda, di qualsiasi cosa essa si occupi, deve onorare. Una venerazione con un quid in più l’hanno da Knoll, lo storico marchio di arredo – ora MillerKnoll dopo la recente acquisizione.  «Knoll nasce da un punto di vista ottimistico e architettonico del design», precisa Jonathan Olivares (1981), da poco più di un anno Senior Vice President of Design, ma partner dell’azienda da oltre un decennio. «È un’industria americana, con radici nelle idee europee di architettura». Il riferimento è ovviamente al legame fondamentale che dagli anni 30 il capostipite Hans Knoll – terza generazione di una famiglia di mobilieri di Stoccarda trasferitosi negli Stati Uniti – e la moglie Florence, americana di casa da Eliel Saarinen, hanno coltivato e sviluppato con i principi del Bauhaus nel cuore per creare (come hanno fatto) un arredo moderno, senza tempo e insieme anticipatore dei nuovi stili di vita.


Jonathan Olivares. Nel 2011 ha vinto il Compasso d’Oro con il contenitore Smith (Danese). Photo by Tanya and Zhenya Posternak.

Californiano, designer con un bel vissuto di esperienze lavorative anche in Italia, Olivares è insomma l’uomo giusto al momento e nel posto giusto. A parte i convenevoli, le belle parole di rito, gli entusiasmi dei “non vedo l’ora di cominciare” etc, Olivares dispone di quell’acutezza indispensabile per leggere il fermento e insieme l’uniformità del mondo dell’arredo oggi .«Tende a essere un po’ isolato», ammette, «e i brand passano molto tempo a posizionarsi rispetto ad altri marchi e spesso lavorano con lo stesso gruppo di designer». Situazione complessa cui trova soluzione nell’esempio dei padri fondatori: «Mentre facciamo progredire Knoll, guardiamo, come fece Florence Knoll, al di fuori dell’industria del mobile, al lavoro cioè di architetti che non disegnano spesso mobili, ma che offrono un punto di vista unico, e designer che sostengono punti di vista sottorappresentati». Come a dire: i tempi cambiano, i fondamentali restano. 


Custode dell’eredità e insieme Prometeo, Olivares spiega così i primi passi nel suo nuovo ruolo: «Ho trascorso parte dell’anno orientandomi all’interno dell’azienda, del suo mercato e delle sue capacità produttive. Nell’ultimo decennio, specie in Nord America, Knoll si era inglobata nel collettivo di marchi che aveva costruito. Quindi, con l’acquisizione da parte di Herman Miller, parte del mio ruolo consiste nel chiarire che cos’è il marchio – e che cosa non è». Il Salone del Mobile è stato il momento perfetto per spiegare con qualcosa di fisico quanto simbolico il new deal: «Abbiamo costruito una casa, la Casa Knoll, progettata dai belgi Kersten Geers David Van Severen, che ci ha offerto un contesto dove sognare nuovi lavori e una casa da continuare ad adattare e arredare. La sua natura durevole e riciclabile ha avuto una risonanza importante. Nel panorama di stand e bancarelle, costruire una casa con materiali di qualità architettonica ha segnato un punto di vista differente rispetto a un modello altrimenti temporanei e usa e getta».