

Verner Panton, l’enfant terrible del design
Prima di lui, il design scandinavo non aveva mai visto niente di simile. Considerato inizialmente troppo sopra le righe, l’enfant terrible della sua generazione, Verner Panton ha trovato riconoscimenti internazionali e oggi è celebrato come uno dei grandi maestri del design. Vi raccontiamo la sua storia.
Quando si parla di design nordico o scandinavo, l’immaginario collettivo evoca subito un’estetica minimalista, figlia del mantra “less is more”. Verner Panton (1926 – 1998), però, ha rappresentato l’eccezione più grande della sua generazione: un designer che ha sfidato le regole con un linguaggio estetico tutt’altro che essenziale. Non aspettatevi dunque il total white e le linee essenziali: il mondo di Panton è fatto di colori vibranti, forme fluide e imprevedibili, e atmosfere psichedeliche. Così facendo, Verner Panton ha scolpito senza vergogna una nuova identità nel mondo del design danese. Ecco perché si è aggiudicato l’appellativo di enfant terrible della sua epoca.

Chi era Verner Panton?
Verner Panton è una figura emblematica nel panorama del design del XX secolo. Un visionario capace di ribaltare le convenzioni dell’epoca e aprire nuove strade nel design di interni e industriale. Nato in Danimarca nel 1926, Panton si formò alla Royal Danish Academy of Fine Arts e collaborò inizialmente anche con alcuni dei più grandi esponenti del modernismo scandinavo. Tuttavia, non si fermò al modernismo: il suo stile si distinse presto per l’uso audace di forme scultoree, colori brillanti e materiali innovativi. Un vero e proprio shock per l’epoca.
A discapito di tutte le resistenze incontrate nel corso degli anni, anche da parte di istituzioni del design, Panton non volle mai rinnegare la sua vena anticonformista. Un giorno disse: “A scuola, quando dovevamo dipingere qualcosa, cercavo sempre di fare le cose in modo diverso. Ho sempre cercato di trovare altri modi, e semplicemente non sono stato in grado di trattenermi. È stato anche un handicap; è più facile fare ciò che vogliono gli altri. Non ti rendi popolare se hai altre idee”.
La sedia Panton: il grande capolavoro di Verner
Il contributo più iconico di Verner Panton al design industriale è senza alcun dubbio la Sedia Panton. Pezzo di design tra i più amati e conosciuti di tutti i tempi; per cui viene tutt’oggi ricordato e studiato. Progettata nel 1960 e prodotta in serie dal 1967 in collaborazione con Vitra, è la prima sedia al mondo realizzata in plastica stampata a iniezione in un unico pezzo. La sua silhouette fluida e ergonomica, ispirata alle linee organiche della natura, rappresenta una rottura con i tradizionali canoni del design nordico, notoriamente sobrio e funzionale.

Tralasciando per un attimo l’estetica, la Sedia Panton è anche un traguardo tecnico. Richiese anni di ricerca sui materiali per trovare una plastica in grado di mantenere elasticità e robustezza. Questo processo di sviluppo fece della sedia un simbolo di modernità, adattabile sia agli interni minimalisti che agli spazi più audaci e creativi. “Oltre che utili, le sedie dovrebbero essere ciascuna valida in sé e, quando sistemate vicine, costituire un ‘paesaggio-sedia’ che rifiuta di essere solo funzionale”, dichiarò una volta il designer.
Visiona 2: l’interior design del futuro
Negli anni ’60 e ’70, Panton portò avanti una visione olistica dell’interior design, concependo gli spazi come ambienti immersivi. La sua opera più famosa in questo campo è Visiona 2. L’ambiente, interamente rivestito di materiali sintetici e dominato da forme curve e colori psichedelici, trasportava i visitatori in un mondo futuristico, a tratti onirico, e avvolgente. Ogni dettaglio, dalle sedute ai tappeti, contribuiva a creare un’armonia visiva e tattile. Invece di distinguere nettamente tra arredi e spazi, Panton crea interni dove tutto si fonde in un continuum di elementi imbottiti e colorati, rispecchiando l’atteggiamento informale dell’epoca nei confronti dell’abitare. Questa filosofia progettuale ha influenzato il modo in cui oggi concepiamo il design degli spazi, integrando funzionalità, estetica e tecnologia.

Un maestro del colore e la sperimentazione tattile
Uno dei tratti più distintivi del lavoro di Verner Panton è il suo approccio rivoluzionario al colore. In un epoca in cui il design nordico era dominato da tonalità neutre e materiali naturali, Panton si spinse verso una palette esplosiva: rosso vibrante, arancione acceso, viola, blu elettrico e verde lime. Questi colori non erano scelti solo per attirare l’attenzione, ma per trasformare e influenzare l’umore e l’energia degli spazi. La sua audace ricerca cromatica culminò nella creazione di ambienti monocromatici immersivi, dove ogni elemento – dai mobili alle pareti, fino ai pavimenti – era armonizzato nella stessa tonalità.
“Lo scopo principale del mio lavoro è quello di provocare le persone a usare la loro immaginazione. La maggior parte delle persone trascorre la propria vita rinchiusa in un conformismo grigio-beige, mortalmente spaventata dall’uso dei colori”.

Parallelamente, Panton rivoluzionò il design del periodo con materiali innovativi come plastica, vetroresina e poliuretano espanso, rompendo con la tradizione del legno. La plastica, in particolare, divenne il suo alleato creativo, consentendogli di dare vita a forme organiche e scultoree impossibili da realizzare con tecniche convenzionali.
L’eredità di Panton
Inizialmente giudicato troppo audace per il tradizionalismo del mercato scandinavo, Verner Panton ha conquistato la scena internazionale, guadagnandosi un posto d’onore tra i grandi maestri del design. Le sue opere, come la celebre Sedia Panton, sono oggi esposte nei più prestigiosi musei del mondo, dal MoMA di New York al Design Museum di Londra. Oltre le opere, Panton ha insegnato al mondo del design il coraggio di osare, trasformando la progettazione in un’esperienza emozionale oltre che funzionale. La sua influenza attraversa generazioni, ispirando creativi a infrangere barriere e a esplorare nuovi orizzonti.