I finissage più interessanti

Una selezione delle mostre in chiusura. Un’ultima chiamata, per concludere il mese di gennaio in bellezza. Con una chiusura posticipata.

– Escher. La grande mostra milanese ha avuto un grande successo di pubblico ed è stata prorogata fino alla fine di gennaio. Ospitata a Palazzo Reale, dedicata all’artista Maurits Cornelis Escher (Leeuwarden, 1898-Laren, 1972) è un viaggio onirico nei mondi dell’impossibile. O del possibile, forse: i suoi intrecci tridimensionali, i suoi giochi prospettici e le sue visionarie creazioni, sono la rappresentazioni di mondi tanto concreti quanto fantastici. Perché prendono spunto da edifici reali per riflettersi all’infinito, come in un gioco di specchi magici. L’esposizione è suddivisa in sei sezioni e racconta cronologicamente il percorso artistico di Escher, capace di mettere in relazione natura, architettura e matematica, portando lo spettatore nel mondo appassionante delle illusioni. Milano, Palazzo Reale, fino al 29 gennaio.

– Vivian Maier. Sulla ‘Tata fotografa’ ci sono state diverse esposizioni e anche un film. Ma se non avete ancora visto i suoi lavori, questa mostra è imperdibile. Vivian Maier. Nelle sue mani è ospitata all’Arengario di Monza e raccoglie oltre cento fotografie, molte delle quali mai esposte prima in Italia e alcune pellicole in Super 8. Di professione bambinaia, Vivian non smetterà mai di dedicarsi alla sua passione per la fotografia. Non esce mai di casa senza la sua macchina fotografica, con cui documenta la vita quotidiana per le strade di New York e sperimenta giochi di luce, prospettive e autoscatti, dando vita a una forma di street art declinata in modo artistico. Accumula talmente tanti rullini da non riuscire nemmeno a svilupparli tutti. Sarà poi John Maloof, un agente immobiliare affascinato dalla fotografa, a cercare i suoi lavori, accumulando oltre 120mila negativi. E a regalare la loro magia al pubblico. Monza, Arengario, fino al 29 gennaio.

– Hokusai, Hiroshige, Utamaro. Tre grandi artisti giapponesi che hanno conquistato l’Occidente. Tutti e tre attivi alla fine del 1700, questi artisti hanno raccontato la leggerezza e la profondità di un mondo così lontano, attraverso tecniche molto particolari. Il percorso dell’esposizione propone una selezione delle silografie più significative dei tre artisti, mettendo in luce come uìognuno si sia distinto con una serie tematica specifica, quasi fosse un best seller. Tanto che poi gli artisti successivi non poterono fare a meno che ispirarsi ai tre maestri. Milano, Palazzo Reale, fino al 29 gennaio.

– Per Kirkeby. Uno dei maggiori protagonisti della scena culturale scandinava del Novecento, Per Kirkeby approda a Mendrisio per la prima volta con un’importante retrospettiva, mai realizzata neppure in Italia. Nato a Copenhagen nel 1938, studia e si laurea in geologia artica e partecipa a numerose spedizioni scientifiche. Dal 1962 però si iscrive alla Scuola d’Arte Sperimentale di Copenhagen: scrive poesie, partecipa ad alcune performance artistiche con Joseph Beuys, espone le sue sculture, pubblica il suo primo romanzo e una serie di saggi sull’arte. Negli anni 70 si dedica al cinema, realizzando numerosi film e partecipa a diverse edizioni di Documenta. Da quel momento in poi, le sue personali saranno ospitate nei musei di tutto il mondo, ma comincia anche una prolifica collaborazione con il Teatro reale di Copenhagen e il New York City Ballet, quindi alla fine degli anni 90 esporrà alla Tate Gallery di Londra, per tornarci nel 2009. La mostra della Svizzera italiana racconta gli ultimi 30 anni di carriera di questo poliedrico artista danese, concentrandosi sul periodo della maturità (1983 – 2012). Museo d’Arte Mendrisio, fino al 29 gennaio.

– John R. Pepper. Il suo campo d’azione è piuttosto vasto: Stati Uniti, Russia, Finlandia, Spagna, Grecia, Italia. In questi territorio ha messo a punto 50 opere di diverse dimensioni, realizzate tra il 2012 e il 2013 e ora raccolte nella mostra dal titolo Evaporations, presentata per la prima volta in forma di libro alla Galleria di Paolo Morello a Palermo e poi alla Biennale di Architettura di Venezia nel 2014. Le evaporazioni sono quelle del ciclo della vita, tra cielo e terra, dove, appunto, tutto evapora. Ma Pepper racconta dell’uomo, della sua solitudine, del suo vivere quotidiano. E lo fa con la tecnica del fotografo di strada, ritraendo situazioni al di fuori del tempo, dello spazio e di altri connotati culturali: sono storie atemporali, eterne, nella sua narrazione della natura dell’uomo. Tanto che, a conferma di questa concezione di una fotografia realistica quanto misteriosa, gli scatti in mostra sono privi di didascalia. Roma, Fondazione Terzo Pilastro, Palazzo Cipolla, fino al 18 gennaio.