Nel Festival open air di La Gacilly in Bretagna, gli scatti sensibili del fotografo milanese

Il tema della migrazione dei popoli è molto ‘caldo’ in questi mesi e settimane. Ma non c’è solo la guerra a muovere i popoli. Il fotoreporter Alessandro Grassani, 38 anni, racconta la fuga dell’uomo cagionata dal surriscaldamento globale che costringe numerose popolazioni a spostarsi.

Nella mostra open air di La Gacilly in Bretagna, che attira milioni di visitatori desiderosi di ammirare i lavori dei migliori fotografi del mondo in uno scenario naturalistico, il milanese Grassani descrive la steppa mongola che venti mila pastori hanno dovuto abbandonare perchè il bestiame moriva, e loro sono dovuti riparare nella capitale Ulan Bator cresciuta così a dismisura.

Poi ci porta in Kenya, nel Turkana, dove le gocce di pioggia annuali si contano sulle dita di una sola mano, e quindi per non morire, le tribù si spostano sino alla capitale dove li attende una vita di stenti anche maggiori, e le possibilità di adattamento sono praticamente nulle.

In Bangladesh il problema è opposto: l’acqua è troppa, i monsoni impalcabili, le inondazioni all’ordine del giorno perciò non resta che scappare: ma verso quale direzione? Qual è la strada verso una vita migliore? Questa domanda se la pongono costantemente anche gli abitanti di Haiti che devono far fronte a terremoti e cataclismi naturali.

Vincitore del Sony World Photography Award nel 2012, Grassani prova ad accendere la coscienza del mondo su questa problematica che non può lasciare insensibili.

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Alessandro Grassani,

Festival di La Gacilly, Bretagna

Sino al 30 settembre