Si intitola “Papiers” l’esposizione alla Great Design Gallery del protagonista del “Movimento Radical”

Parigi. Terzo arrondissement. Lo chiamano Haut Marais, o ‘Soho parigina’. Tra le molte, piccole vie da scoprire, ce n’è una, che collega place de la Republique alla Gaité Lyrique, che si chiama rue Notre Dame de Nazareth, ricca di gallerie di contemporaneo, cui fa da fulcro (al n°47) la libreria Volume, specializzata in architettura, urbanismo e paesaggio. Al n°65 si trova la Great Design gallery, che espone e produce giovani talenti di quel tipo di new design contemporaneo che divaga nell’arte.

Il 24 ottobre dalle 16h alle 21h la galleria inaugura una mostra-omaggio ad un maestro, protagonista del ‘Movimento Radical’ e autore del testo che lo racconta: Una generazione esagerata (Ed: Baldini&Castoldi, 2014), ovvero l’architetto e teorico Andrea Branzi. Appena varcata la soglia del suo studio e messo piede fra i suoi ‘oggetti’, ci si rende conto di trovarsi in uno ‘spazio di pensiero’ e non in un semplice luogo fisico.

Andrea Branzi è un umanista contemporaneo, dotato di quel costante sincronismo col presente che è tipico degli esseri non-cronologici.

In mostra ci saranno dei vasi, o contenitori, o non-so-come-chiamarli, in carta…
Forse potremmo chiamarli Ectoplasmi…

E poi delle opere apparentemente bidimensionali…
Si tratta di litografie, che con una certa luce potrebbero sembrare dei bassorilievi…

A volte vi si distinguono dei riferimenti di stili o di codici…
Io li considero delle ‘improvvisazioni’… Non ho un mio codice stilistico. Nel mio lavoro non è rintracciabile uno stile, ma piuttosto un atteggiamento sperimentale che varia. Più che fare l’industrial designer, ho sempre sperimentato, ho sempre preferito lavorare per i tempi lunghi, non per i tempi brevi. Molte cose che ho fatto negli anni 60 vengono comprese e rivalutate adesso. Io stesso ci ho messo molti anni a capire cosa avevo fatto.

Perché la carta ?
Lithos mi ha proposto di lavorare con questa carta francese che ha uno spessore notevole, e mi è venuto in mente di realizzare questi oggetti, che sono però come dei simulacri di oggetti perché in essi c’è una grande parte di cellulosa. Non lavoro a tesi, lavoro per andare verso qualcosa che non conosco e, attraverso cui potermi evolvere…

Come mai realizzare degli oggetti non-utili? Dei vasi che non potranno contenere acqua e dunque neanche fiori…
Ma esistono oggetti ‘utili’ ? L’utilità non è mai stata definita… Gli strumenti non esistono… Con gli oggetti c’è un rapporto non-chiaro. Ci sono oggetti con cui abbiamo un rapporto di simpatia, e altri che ci sono sgradevoli, che hanno un loro fascino. Altri che detestiamo.

Gli oggetti sono anche dei soggetti?
Sì, nel senso che essi vivono indipendentemente da noi. Quando usciremo di qui, queste cose non moriranno. Hanno una loro vita, un loro fascino, una traccia umana che gli rimane intrinseca. Qualcuno li ha toccati, qualcuno li ha realizzati, qualcuno li ha pensati.

I suoi ‘vasi/contenitori’ non toccano direttamente il reale, ma appoggiano su dei piedistalli…
Sì, perché l’oggetto ha bisogno di una sua base, per non essere solo una figurina, grazie ad essa acquista tono. È una pratica antropologica quella di dare importanza agli oggetti.

Perché nasce il Radical?
È il risultato di una generazione esagerata. In un paese (l’Italia) in cui non ci è mai stata una rivoluzione si produce una crescita di energia sopra le righe, come una forma di realismo estremo, che poi non ha più nessun rapporto con la realtà, ma da essa prende componenti che possono poi assumere un carattere profetico.

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GREAT DESIGN gallery, 65 Rue Notre Dame de Nazareth, Parigi
24 ottobre – 5 dicembre 2015