Alla Triennale di Milano l’universo di Antonio Marras si svela nell’allestimento di una personalissima Wunderkammer.

“Questa mostra su Antonio Marras è un segreto condiviso”. Così la curatrice, Francesca Alfano Miglietti, riassume il percorso immaginifico che si sviluppa lungo la curva spettrale della galleria al piano terra della del Palazzo della Triennale: un bric-à-brac di emozioni da percorrere tutto d’un fiato.

Marras è noto al mondo come stilista, della linea omonima e, per quasi un decennio, come direttore creativo di Kenzo. Cionondimeno il suo lavoro è già stato esposto in istituzioni prestigiose come la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (2009) e la Biennale di Venezia (2011).

Ma questa non è una mostra sulla moda, piuttosto un viaggio intimo dentro al mondo privato di un uomo e la sua bulimia creativa che gli impedisce di smettere di disegnare, accumulare, riempire quaderni. Nulla dies sine linea s’intitola infatti il progetto, che cita la frase celebre di Plinio il Vecchio riferita al pittore Apelle. “Ho aperto i taccuini, gli appunti, i pasticci – dice Marras con modestia – è stata un’occasione per riordinare il mio caos”. Liberando i cassetti ne è fuoriuscito un universo onirico dove suoni e odori sono estremamente reali: lo si attraversa passando in mezzo a mazzi di giacche assiepate, camicie impregnate di fragranza di lavanda, strisciando lungo pareti tappezzate di quadri, si entra e si esce da spazi conclusi delimitati da assemblaggi di vecchie porte e finestre. È costante la sensazione di trovarsi in uno spazio liminare. Si penetra un mastodontico scrigno in legno spostando una pesante tenda in broccato e, dentro, uno stanzino di tappeti stantii rivela un Marras erotico. E ancora: abitini da infante appesi a minuscole grucce trattenute da un cappio, case di bambola costruite dentro a scatole vuote, camicie da notte fantasmatiche, una scuola di pupazzi abbandonati, fino a imbattersi in una composita sottana femminile e torreggiante.

L’allestimento cita gli autori di cui Marras si è nutrito e che ama – Louise Bourgeois e Christian Boltanski tra loro – ma è soprattutto a Maria Lai e Carol Lama che questa mostra rende omaggio, ovvero agli incontri seminali che lo hanno confortato e spronato e che restano intrinsecamente parte di un’identità che si mette a nudo in questa pudica e intensa Wunderkammer.

Antonio Marras, Nulla dies sine linea

A cura di Francesca Alfano Miglietti

Museo della Triennale, Milano – fino al 21 gennaio