Il rap va all’asta. Notorious B.I.G. e altre storie dal mondo dell’hip-hop
Courtesy of Sotheby's

Il rap va all’asta. Notorious B.I.G. e altre storie dal mondo dell’hip-hop

di Marta Galli

Un’asta pioniera da Sotheby’s New York consacra la storia del rap tra cultura e consumismo.

Nel 1997 il fotografo Barron Claiborne aveva ricevuto l’incarico di scattare Christopher Wallace, meglio noto come Biggie/Biggie Smalls o Notorious B.I.G., per la copertina di Rap Pages Magazine. Pensò così di ritrarre il rapper nei panni di un “Re di New York”, seppur con una patina inusuale per lo stile “flamboyant” in auge nel mondo hip-hop allora; in una maniera per così dire più minimalista e disincantata. Aveva portato con sé un paio di corone di misure diverse, ma entrambe si rivelarono troppo piccole e si dovette infine rimuovere la schiuma all’interno. L’agente di Biggie, che lo aveva accompagnato sul set, non sembrava a suo agio con le scelte artistiche del fotografo, temendo che il cantante ne uscisse piuttosto come una sorta di “Burger King”. Tuttavia, quest’ultimo si mostrò ben disposto ad assecondare la visione di chi lo stava ritraendo. Tre giorni dopo, il rapper venne assassinato a Los Angeles.

«Alla luce dei tragici fatti che sono seguiti, quest’immagine di Notorius B.I.G. incoronato è diventata molto più di un ritratto» – racconta oggi Claiborne. «Lo ha trasformato in un aristocratico o un santo, per sempre immortalato non solo come King of New York, ma come un re della musica hip-hop e uno dei più grandi artisti di tutti i tempi».

Quella corona, rimasta per oltre vent’anni in possesso del fotografo, va oggi all’asta da Sotheby’s a New York (e online) all’interno di una vendita comprensiva di 120 lotti che documentano e celebrano la nascita e la rapida ascesa della cultura hip-hop, dagli Anni ’70 fino ad oggi e attraverso il suo periodo d’oro, negli Anni ’80 e ‘90. Un’evoluzione che ha fatto sentire il suo impatto non solo sulla musica e la moda, ma anche sulle abitudini sociali e il linguaggio.

Per molti dei lotti in asta è previsto che parte del ricavato della vendita sia devoluto in cause “charity” e tra i beneficiari figurano la Public Library Foundation nel Queens e altre associazioni non profit.

Scorrendo la lista di oggetti si trovano anche due lettere d’amore firmate e scritte da Tupac Shakur adolescente, che svelano tra le righe aspetti inediti della sua biografia. Le vicende personali di cosiddette “icone”, come Biggie e Tupac, sono infatti evocate qui «da lotti che offrono uno sguardo introspettivo, a loro modo, alla personalità dietro alla figura pubblica di ciascuno dei due», ha commentato Cassandra Hatton, Vice Presidente e Senior Specialist del dipartimento di Libri e Manoscritti da Sotheby’s.

Oltre ai cimeli più intimistici e di valore narrativo, non mancano articoli già cult e “alla moda” come lo skateboard con relativa custodia, la valigetta e la felpa con cappuccio frutto della collaborazione tra Louis Vuitton e Supreme nel 2017, tutti contrassegnati dal “monogram” e dal logo del marchio street. Oggetti con cui Sotheby’s sembra strizzare l’occhio a un pubblico giovane, potenzialmente il collezionista di domani. E d’altra parte, non è la sola casa d’aste ad andare in questa direzione. Ma è evidente che il fenomeno hip-hop è stato anche questo: un’apparente democratizzazione del mondo del lusso – o viceversa un rincaro della “coolness” di strada – a cui resistere è ormai impossibile.