La galleria Gagosian espone una sessantina di opere del maestro del XX secolo, comprese le polaroid che utilizzava come studi preparatori.

Dipinti provenienti da collezioni private e una corposa selezione di disegni e polaroid inedite in Europa, che Balthasar Klossowski de Rola, in arte Balthus, utilizzava come studi preparatori. Si tratta della prima retrospettiva in Francia dai tempi della grande mostra al Centre Pompidou nel 1983. Ecco cinque ragioni per non perderla: 

Balthus sta all’arte come Nabokov alla letteratura. Non fosse altro che per il soggetto pruriginoso, agli occhi di chi tale lo vuole vedere, della loro opera. C’è Lolita nel più famoso romanzo dello scrittore russo e ci sono tante pubescenti lolite disseminate nei dipinti del conte de Rola. E, per ragioni che naturalmente prescindono dalla natura del soggetto ma che hanno più a che fare con il virtuosismo linguistico, rimangono dei capisaldi l’uno della letteratura e l’altro dell’arte.

I detrattori dell’arte contemporanea celebreranno la mostra di “un vero pittore”. Sì perché pur essendo nato nel 1908 e morto novantatreenne nel 2001, Balthus ha sempre dipinto come un pittore pre-impressionista. I suoi maestri ispiratori sono Piero della Francesca, Courbet e Corot. Ed è rimasto un grande realista mai sconfitto da movimenti come il Cubismo, il Surrealismo o altri accadimenti dell’avanguardia che incidentalmente hanno segnato il corso della storia dell’arte mentre lui viveva in totale autonomia estetica.

La ricerca ossessiva della perfezione. Quando l’età avanzata lo ha reso troppo debole per disegnare ha sostituito la matita con la Polaroid, scattando numerose foto per ottenere quel che stava ossessivamente cercando. Era capace di incapricciarsi sulla posizione del braccio fino a chiedere alla sua modella di presentarsi in diverse sedute per una sola posa. La mostra alla Gagosian Gallery svela una selezione inedita di polaroid, tenute nascoste dalla famiglia del pittore per una decina d’anni. Tra queste anche i ritratti dell’ultima musa, la giovane Anna Whali, figlia del medico di famiglia, scattata tra gli 8 e i 16 anni.

Non amava affatto rivelare il work in progress del suo lavoro, come si evince dalla biografia di Balthus scritta da Nicholas Fox Weber. Per ironia della sorte la Jeune fille à la mandoline (2000-2001) in mostra a Parigi è un capolavoro che l’autore considerava un quadro ancora incompiuto.

Balthus, l’artista dalla vita “segreta”. Voleva che nulla si sapesse della sua vita privata, chiedendo di essere giudicato solo per il risultato della sua opera. Ma quel che si riferisce sulla sua vita somiglia a un romanzo che lo stesso artista ha contribuito a scrivere: si fa chiamare conte, si dice che sia un discendente diretto di Lord Byron, dichiara di aver bisogno di un castello quanto il pane e mentre si trova in Italia come direttore dell’ Accademia di Francia ne acquista uno a Viterbo, passa gli ultimi anni della sua vita nel “Grand Chalet” di Rossinière, tra i monti Svizzeri, in compagnia della seconda moglie Setsuko, una giapponese che veste sempre in abiti tradizionali, il kimono, indossato talvolta anche dallo stesso Balthus come si vede in certe foto nella sua tarda età. E se c’è qualcosa che la sua biografia non fa è diminuirne il valore dell’opera.

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Balthus, Gagosian Gallery, Parigi, fino al 28 febbraio