Tu chiamala, se vuoi, videoarte

Tu chiamala, se vuoi, videoarte

di Paolo Lavezzari

La grande antologica di Bill Viola, racconta trent’anni di attività del maestro della videoarte, a Palazzo Reale, Milano

Il primo a stupirsi che a Milano non ci fosse mai stata finora una mostra dedicata a Bill Viola è lo stesso assessore alla cultura Tommaso Sacchi che, invece, gli dedicò nei  suoi anni fiorentini una grande retrospettiva a Palazzo Strozzi. A ‘rimediare’ arriva l’esposizione (fino al 25 giugno) che nelle sale di Palazzo Reale – oscurate a regola d’arte per accendersi dei bagliori delle opere dell’artista –  dispiega un’antologia attenta ed esemplare che copre 30 anni di attività. 


Sono in tutto una quindicina di video, ma se desiderate vederli bene uno a uno dovete mettere in conto non meno di tre ore di visita. Perché questa è una delle caratteristiche dei lavori di  Viola e cioè contraddire la velocità del medium rallentando fino quasi a fermarlo lo scorrere delle immagini che così diventano ‘quadri’ luminosi da indagare senza fretta, cercando le emozioni dei protagonisti e le proprie. 


Martyrs WATER

In apparenza molto  semplici, e senza nessun indulgere in tecnicismi, le opere di Viola sono in realtà sempre dense di significati, ispirazioni, rimandi, simboli e riflessioni. Sono i grandi temi – quelli su cui, bene o male, tutti prima o poi finiamo per pensare – a interessare il videoartista americano, vale a dire la vita, la morte, il passare da una all’altra, la fragilità umana: il tutto analizzato e rappresentato con elementi primari come il fuoco e l’acqua o riprendendo stilemi classici presi dal grande Rinascimento che fa parte del comune patrimonio di immagini. 


Catherine’s Room

Le opere di Viola invitano ognuno a prendersi il suo tempo e attraverso quelle immagini partire per un viaggio interiore, un po’ come quello che ha fatto lui negli anni, interessandosi di  filosofia occidentale e orientale, sufismo.  Se però siete di fretta, lo ripetiamo, lasciate stare e andate a vedere qualche altra mostra (Max Ernst, Bosch; quella dedicata a Fluxus al vicino Museo del 900…).