Comandante Pierfrancesco Favino a Venezia. Il suo faro? La legge del mare
Photo by Gabriel Bouys/AFP via Getty Images

Comandante Pierfrancesco Favino a Venezia. Il suo faro? La legge del mare

di Simona Santoni

L’attore romano apre il festival lagunare raccontando Salvatore Todaro, militare alla corte del Duce che salvò i nemici naufraghi da morte certa. «Non temo letture politiche. Niente di creativo può venire dalla paura»

Eccolo Pierfrancesco Favino, uomo di guerra risoluto verso il suo dovere, uomo di mare che sa rispondere a un’etica che non guarda alle bandiere. Dopo Bettino Craxi nel suo ritiro tunisino ad Hammamet e il pentito di mafia Tommaso Buscetta de Il traditore, l’attore romano si mette addosso un altro personaggio della storia italiana, questa volta in divisa da militare alla corte del Duce. Al secolo Salvatore Todaro, comandante di sommergibili della Regia Marina, morto al largo della Tunisia nel 1942.
È lui il Comandante di Edoardo De Angelis, il film d’apertura della Mostra del cinema di Venezia 2023 che srotola red carpet e accende schermi al Lido. Un comandante di fierezza e scelte risonanti, che alla famiglia ha messo davanti la patria e alla patria le regole del mare. Perché «siamo tutti alla stessa distanza da Dio, la distanza di un braccio. Quello che ti salva».

Cinto da una gabbia di cinghie a tener saldo il busto malridotto da passate missioni, il Todaro di Favino è alla guida di uno stuolo di giovani italiani dagli accenti più disparati, ragazzi comuni ben lontani dai soldati macisti da war movies americani. Nel sommergibile Cappellini della Regia Marina, nell’ottobre del 1940, naviga in Atlantico con l’ardore del combattente: «La mia vittoria è la battaglia». Lo stesso ardore con cui affonda il mercantile Kabalo che viaggia nella notte a luci spente… Quando però in acqua avvista 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano, decide di salvarli per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. «Affondiamo il ferro nemico, senza pietà, ma gli uomini li salviamo». E perché? «Perché siamo italiani», la risposta di Todaro.

Pierfrancesco Favino nel film Comandante
Credits: Enrico De Luigi
Pierfrancesco Favino nel film “Comandante”

Sorridente, una delle facce più belle del cinema italiano, Favino risponde così alle domande della stampa al Lido.

Salvatore Todaro è descritto nel film anche come un saggio, un esaltato, un fachiro… Ma chi è per lei Todaro?

«È una figura che non conoscevo prima, lo ammetto. È un magnifico esempio di quello che ricerco sempre anche nel mio mestiere, ovvero un essere umano che non sia mai una cosa sola, che non sia un solo aggettivo, che, come nel caso di Todaro, possa essere contemporaneamente cattolico praticante e spiritista, uomo capace di guardare al momento e anche di guardarsi da fuori, appassionato di filosofie orientali e militare convinto. Questo per me ha un grandissimo fascino, è quello che da attore cerco. So di non essere una cosa sola, so che siamo tutti in potenza mille cose.

Non mi piacciono i personaggi che hanno un solo colore. Todaro è l’esempio meraviglioso di quante gradazioni ci siano all’interno di un essere umano, gradazioni sempre in mutamento. Penso che Comandante sia la storia di un’epifania: un uomo che parte con delle grandissimi convinzioni ma che è anche capace di disobbedire, per di più in un momento in cui non si può comunicare la propria disobbedienza. Sa che sta disobbedendo e segue una legge più alta che sente sua, che è quella di mettere l’uomo al primo posto. Un bell’esempio di quello che può essere l’umanità. Poi tornerà a far la guerra, e per altre due volte farò lo stesso gesto».

Nel film c’è un’implicazione politica che potrebbe scoppiare. Ha paura di ciò e che venga identificato come un eroe fascista?

«Niente di creativo può venire dalla paura. Non si può non fare qualcosa perché si ha paura che qualcuno possa prenderla in un modo. Le più grandi vittorie nella vita le ho prese quando sono andato contro alla paura che qualcuno potesse dire qualcosa. Allora avrei dovuto aver paura di interpretare il mafioso, il politico, l’anarchico… Ogni volta c’è la possibilità che qualcuno sia soddisfatto e qualcuno insoddisfatto. C’è chi vedrà il suo Craxi, chi il suo Buscetta, chi il suo Todaro. Ma preventivamente fare le cose per paura non può che portare a non farle».

Per prepararsi alla parte ha parlato con la figlia e la nipote di Todaro?

«Raramente disturbo le persone. Fatto salvo che ogni interpretazione di una persona realmente esistita è un tradimento, il primo pensiero ogni volta è di chieder perdono del tradimento, il secondo di non andare a toccare le intimità e i ricordi. C’è una cosa che mi è detta stata ieri (il 29 agosto, ndr) che mi emoziona», e la voce di Favino fatica a riprendere. «La figlia di Todaro mi ha detto: “Io non ho mai sentito la voce di mio padre”. Adesso ce l’ha. Una cosa bellissima».

Pierfrancesco Favino nel film Comandante
Credits: Enrico De Luigi
Pierfrancesco Favino nel film “Comandante”

È a Venezia con due film: è anche nell’altro titolo in concorso Adagio di Stefano Sollima. E Comandante è un film sull’essere italiani. Lei è una delle più grandi star italiane, ma ultimamente si è concentrato soprattutto su film tricolori guardando poco a produzioni internazionali…

«Mi sto concentrando sul cinema italiano perché l’Italia è il luogo a cui appartengo e il posto in cui lavoro. Vista anche la situazione attuale del cinema italiano è importante lavorare qui. Credo di poter dar corpo ad alcune figure italiane, non tutte ovviamente. Sono felice e mi sento privilegiato a poter interpretare i personaggi che mi sono stati affidati. Cerco di fare più cinema di serie tv: non sono film internazionali ma considero la cinematografia italiana internazionale. Se posso dare una mano al mio sistema sono felice di farlo. Ogni volta che c’è la possibilità di interpretare un personaggio italiano in un film straniero sono lieto di farlo e vorrei che gli attori italiani, e non sto parlando di me, fossero presenti nei film internazionali laddove ci siano personaggi italiani: credo che siamo l’unico Paese in cui questo non succede. Ci sono molti attori giovani italiani di talento che parlano fluentemente l’inglese, quindi perché non dar loro l’opportunità?».

Il suo Todaro parla veneto. Come si è approcciato al dialetto?

«Mi ha aiutato Maria Roveran, grande attrice. La scelta del veneto acuisce un aspetto della storia importante. Sarebbe stato facile scegliere un modo di parlare più caldo, invece certe asprezze del veneto, e anche certe monotonie a volte, consentono una strada più tortuosa all’emozione di questo film. Il veneto è la lingua più giusta per Comandante, oltre che quella vera».

Ad addestrare Favino a essere il comandante Todaro sono stati anche i militari della Marina Militare italiana.

«Voglio ringraziare tutte le persone della Marina che ci hanno aiutato. Se non avessi avuto accanto i sommergibilisti, che non solo mi mostravano ma mi raccontavano anche cose private della loro esperienza, non sarei stato in grado di stare lì sopra, sia nelle piccole correzioni tecniche sia soprattutto nella comprensione emotiva, sia nei quattro giorni in Arsenale in cui mi hanno preso e rivoltato, sia in tutti giorni lì vicino sul set».

Si farà un tatuaggio con l’ancora?

«Non l’avevo preventivato, chiederò alla mia signora», sorride Favino. Per chiudere, facendo ridere tutti: «Sono nell’età in cui poi scende, non vorrei poi non riuscire più a muovermi».

Comandante uscirà al cinema il 1° novembre con 01 Distribution.