Earvin Johnson Jr.: “They call me Magic”

Earvin Johnson Jr.: “They call me Magic”

di Andrea Giordano

La vita privata e professionale di Earvin “Magic” Johnson rivive in una docuserie da applausi

Magic Moments. La canzone scritta da Burt Bacharach, resa celebre nella versione cantata nel 1958 da Perry Como, in fondo sarebbe il titolo perfetto ed alternativo se pensiamo alla vita di una leggenda dello sport come lui, che solo l’anno dopo, nel 1959, vedrà la luce, a Lansing, nel Michigan, quarto di sette figli. L’esistenza di Earvin Johnson Jr. parte da lì, al numero 814 di Middle Strle, arriva adesso una docuserie-evento composta da quattro episodi, They Call Me Magic, diretta da Rick Famuyiwa. Un punto di vista nuovo, inedito, sull’incredibile storia personale di Magic Johnson, dentro e fuori dal campo, e che ancora oggi continua ad avere un impatto sulla nostra cultura. E come per The Last Dance, uscito su Netflix, incentrato sull’amico Michael Jordan, lo sguardo anche qui è di quelli autentici e senza schermi.

Si parte dalle umili origini, ai primi canestri, passione trasmessagli dal padre, Earvin Johnson Sr., che quando era piccolo lavorava nella catena di montaggio della Oldmobile, una delle più antiche case automobilistiche d’America. Ed è proprio da lui che imparò i fondamentali, i trucchi, l’approccio a quello sport, che si trasformerà in una ragione d’essere, in una filosofia pura. Il resto lo racconta la sua parabola, le cinque volte campione NBA con i Los Angeles Lakers, la squadra nella quale è stato ad un certo punto, dopo il ritiro, anche presidente, artefice del trasferimento di un’altra stella di prima grandezza, LeBron James. Un dream team, lo stesso del compianto Kobe Bryant, indimenticabile nei suoi ricordi, al pari degli altri ‘amici-nemici’. Rivali da rispettare.

Tanti, troppi, ma solo tre per cui continua a spendere parole di stima e ammirazione. «Larry Bird, per la sua abilità nel tiro ed intelligenza nel basket. Quando ci siamo incontrati per il primo campionato nel 1984», ci racconta, «tutti in America volevano vederci, l’anno dopo le persone si sono sintonizzate nuovamente guardando Celtics contro Lakers, ma principalmente per guardare Larry Bird contro Magic Johnson. Siamo stati in grado di cambiare quella Lega e renderla com’è oggi. Michael Jordan è stato poi in grado di portare il basket ad un livello completamente diverso, poteva saltare in maniera incredibile, fluttuando, sapeva creare come nessuno, poteva letteralmente dominare in campo. E poi è arrivato Kobe Bryant e la sua Mamba mentality».

Il nome Magic

«Significa che puoi influenzare la vita di qualcuno in modo positivo. La vera magia sta nel poter aiutare le comunità più povere in America», sottolinea,«quelle persone che non possono aiutare se stesse. Significa parlare per chi che non ha voce, responsabilizzare chi ha bisogno di essere autorizzato e merita di esserlo, assicurarsi che possano mandare i propri ragazzi al college, anche se non hanno i mezzi finanziari, vul dire istruire le persone sull’HIV e l’AIDS, specialmente nella comunità nera negli Stati Uniti. La magia: difendere sempre ciò che è giusto, dire la verità». Una magia sportiva, umana, che per lui vale molto di più.

Cosa ha fatto la differenza? «La mentalità vincente, l’idea di poter migliorare sempre insieme ai tuoi compagni, l’amore per il gioco e per la competizione. Ho sempre giocato con gioia e passione ogni singola partita, senza mai barare, non risparmiando neppure un briciolo di energia. La cosa più bella è stata scoprirmi grazie agli altri».

I momenti e i contributi

Si va dall’oro alle Olimpiadi di Barcellona ‘92 con il Dream Team americano, uno dei picchi più alti della carriera, arrivato l’anno successivo l’annuncio al mondo di aver contratto l’HIV, l’inizio della propria battaglia personale. «Sembrava una condanna a morte, sapere invece che sono seduto qui a parlare con voi e fare questa intervista 30 anni dopo, penso che sia una benedizione. Questa è stata la mia più grande sfida nella vita». Magic parla e si svela, affrontando il coming out del figlio EJ, le sue radici, la famiglia, l’essere padre, marito, filantropo, imprenditore di successo, fondando la Magic Johnson Enterprise, a cui aggiungere la comproprietà della Urban Coffee Opportunities, e l’acquisizione, tra gli azionisti, della squadra di baseball dei Los Angeles Dodgers. Il tutto scandito da filmati inediti e d’archivio, le testimonianze dei già citati Bird, Jordan, a cui si aggiungono gli ex Presidenti degli Stati Uniti Barack Obama e Bill Clinton, amici e famigliari, politici e uomini d’affari, altri eroi di cinema e sport, Spike Lee, Kareem Abdul-Jabbar, Arsenio Hall, Snoop Dogg, Charles Burkley, Shaquille O’Neal, Jimmy Kimmel, LL Cool J.

Un vincente, un competitivo, una leggenda: semplicemente chiamatelo Magic.