Elvis Presley nella giostra sfolgorante di Baz Luhrmann
Photo credit: Courtesy of Warner Bros. Pictures

Elvis Presley nella giostra sfolgorante di Baz Luhrmann

di Simona Santoni

Il film sul Re del Rock and Roll fa centro. In un’esplosione di ritmo, look e colori. E Austin Butler? Sorprendentemente perfetto

Che sfolgorante giostra rock e visiva in Elvis Presley & Baz Luhrmann style! Elvis (dal 22 giugno nelle sale italiane) è un’esplosione di ritmo, look e colori, esaltante. E anche inevitabilmente toccante, mentre la tragedia annunciata sottesa al successo si tesse. Se c’era un regista ideale per rendere film la turbinosa carriera di The King quello non poteva che essere Luhrmann. Se c’era un’icona musicale ideale per la tavolozza creativa audace e arrembante del regista australiano di Moulin Rouge! e Il grande Gatsby, quella non poteva che essere Elvis Presley.
E Austin Butler, l’attore che incarna il Re del Rock and Roll? Sorprendentemente perfetto. Nella sua voce pastosa e cavernosa così seducente, nello sguardo luminoso tra l’ingenuo e lo sfidante, in ogni ancheggiamento da urla o risatine.
Unico difetto quasi trascurabile? Una parte finale che si dilunga e smorza vigore e presa.

Austin Butler è Elvis Presley
Photo credit: Courtesy of Warner Bros. Pictures
Austin Butler, Helen Thomson, Tom Hanks e Richard Roxburgh nel film “Elvis”

Nella morsa di un manager che l’ha reso mito

Luhrmann decide di inquadrare la vita di Elvis Presley tra ombre e luci del rapporto con il suo enigmatico manager (a vita), il colonnello Tom Parker, interpretato da Tom Hanks, ora quasi paterno, ora luciferino.
Nel film il viaggio di Elvis inizia quando viene notato da Parker durante la sua esibizione al Louisiana Hayride, quando canta Baby Let’s Play House. Pur non avendo orecchio musicale, il colonnello – che poi colonnello non è – rimane avvinto e quasi scioccato dall’effetto che Elvis ha sui giovani, soprattutto sulle ragazze. «È stato il più grande spettacolo che abbia mai visto», dice nel film.
Aveva trovato il suo ragazzo d’oro, da far arricchire, con cui arricchirsi. Money money money. Tramite flessuosità di anche o facciate da americano modello, tramite concerti su concerti o film dozzinali o canzoni di Natale o spille con il suo nome, non importa come.

Elvis Presley
Photo by Michael Ochs Archives/Getty Images
Elvis Presley con il musicista Bill Black canta nel tour Louisiana Hayride, 1954

Un po’ genio un po’ canaglia, Parker è stato un pioniere in un genere di show business che non esisteva ancora fino all’arrivo di Elvis Presley. E se Elvis ancora oggi è un mito che trapassa il tempo, gran parte del merito va a lui. Il talento è fondamentale, ma senza promozione è invisibile.

Presley, il Sogno americano e Butler da stupore

Elvis Presley incarna il perfetto Sogno americano. Da camionista è divenuto l’uomo più famoso del mondo in un lampo. Nato a Tupelo, nel Mississippi, nella sua infanzia per qualche tempo ha vissuto con la sua famiglia in una delle poche case designate ai bianchi in un quartiere nero. Prima di trasferirsi a Memphis, nel Tennessee.
Dopo la prima notorietà nel sud degli Stati Uniti, nel giro di un paio d’anni è stato ospite di “Ed Sullivan” e da un giorno all’altro eccolo trasformarsi nel giovane più chiacchierato e provocatorio d’America, in un milionario dal futuro ancor più sfavillante.

Elvis Presley
Photo by Michael Ochs Archives/Getty Images
Elvis Presley e il suo manager Tom Parker siedono a una macchina da scrivere davanti a una foto della RCA Victor Dog, 1956 circa, Memphis

Basette lunghe e capelli impomatati, vestiti appariscenti che sfidavano le cromie, movimenti del bacino sinuosi ed elettrici, Elvis era unico anche nello stile.
Tra la metà e la fine degli anni ’50 acquistava gran parte degli abiti da scena e non al Lansky Bros. su Beale Street a Memphis, che all’epoca vendeva splendidi abiti sartoriali, punto vendita prediletto e ambito dagli artisti della regione.
Il costume più evocativo tra quelli del film? Butler ha detto la sua: «L’abito di pelle che ho indossato per lo Special del ’68 è quello che più mi ha fatto sentire potente. È stato fantastico averlo addosso».

Con gli anni Elvis Presley ha confessato: «È molto difficile rimanere al passo della propria immagine».

Elvis Presley
Photo by John Springer Collection/CORBIS/Corbis via Getty Images
Elvis Presley sul set del film “La via del male”

Luhrmann ha scovato Butler a Broadway, in seguito al suo ruolo al fianco di Denzel Washington in The Iceman Cometh. L’attore americano, trentenne, riesce nella rischiosissima impresa di restituirci l’energia di Elvis. Anzi, l’abbagliante tributo di Luhrmann al Re del Rock and Roll dà il meglio di sé proprio quando Butler è sul palco e cede il suo corpo alla musica, convulsamente, ipnoticamente, dandoci l’illusione che Elvis non se ne sia mai andato.

Per interiorizzare la fisicità di Elvis, Butler si è allenato con una movement coach, sia prima che durante le riprese, e anche per parlare e cantare nel modo unico di Elvis è stato affiancato da diversi vocal coach.

Ma canta davvero Austin Butler?

Austin Butler ha davvero cantato le canzoni di Elvis nel film? È il primo interrogativo strabiliato che si pone lo spettatore. Ed ecco la risposta: in parte ascoltiamo davvero Butler, in parte l’originale.

La voce di Elvis Presley è cambiata nel tempo: agli albori si sentiva come un punk rocker originale e, a dire di Luhrmann, «fortunatamente Austin era in grado di cantare come l’Elvis di quell’epoca, una sorta di rock and roll punk».
Nella parte del film nelle esibizioni dal vivo prima degli anni ’60 c’è la voce di Austin Butler, che occasionalmente si fonde con quella di Elvis. Invece nelle grandi e iconiche esibizioni degli ultimi anni, si sente necessariamente solo la voce di Elvis.

Austin Butler è Elvis Presley
Photo credit: Courtesy of Warner Bros. Pictures
Austin Butler è Elvis Presley nel film “Elvis”

In linea con le sue consuete contaminazioni stilistiche ardite e abbaglianti, Luhrmann ha anche ordito una fusione tra musica d’epoca e moderna e artisti di ieri e di oggi. Ammiriamo così molti cantanti contemporanei, tra cui Yola, Shonka Dukureh e Gary Clark Jr., nei panni delle leggende di Beale Street, Sister Rosetta Tharpe, Big Mama Thornton e Arthur Crudup.

Nella colonna sonora sono presenti anche Doja Cat, Kacey Musgraves, Jazmine Sullivan, Jack White e i Måneskin, sì, con l’adattamento del brano If I can dream. La band italiana canta: “We’re lost in a cloud with too much of rain / But as long as a man, has the strength to dream / He can redeem his soul and fly” (Siamo persi in una nuvola con troppa pioggia / Ma finché un uomo ha la forza di sognare / Può liberare la sua anima e volare). Il sogno di Elvis continua.