Ennio Morricone raccontato dal suo biografo: «Esigente e generoso»
Foto: Lucky Red

Ennio Morricone raccontato dal suo biografo: «Esigente e generoso»

di Simona Santoni

In occasione dell’uscita del documentario “Ennio”, Alessandro De Rosa, giovane compositore co-autore del libro sulla sua vita, ci parla del suo Morricone. «Il nostro incontro è nato dalla sua grandezza e dalla sua apertura»

I fischi, l’ululato del coyote, gli schiocchi di frusta della Trilogia del dollaro. Le melodie tenere, struggenti eppure sognanti di Nuovo Cinema Paradiso. L’andamento grottesco e straniante che sfiora l’iperbole di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Ennio Morricone è stato un compositore senza frontiere, sempre diverso, capace di plasmare musica con tutto, in una creatività acrobatica e scrupolosa, vocata alla sperimentazione. Lo racconta ora, con un documentario che sembra una lettera d’amore, Giuseppe Tornatore con Ennio, dal 17 febbraio al cinema.

Tornatore ha lavorato per venticinque anni con Ennio Morricone, a cui ha affidato la colonna sonora di quasi tutti i suoi film, da Nuovo Cinema Paradiso (1988), appunto, a La corrispondenza (2016).
Ennio ne fa un ritratto a tutto tondo attraverso scene di fiction, musiche, immagini d’archivio, una lunga intervista a Ennio Morricone stesso (morto nel 2020 a 91 anni), testimonianze di artisti e registi come Bertolucci, Bellocchio, Argento, i Taviani, Verdone, Clint Eastwood, Oliver Stone, Quentin Tarantino. Tra questi c’è Alessandro De Rosa, il biografo di Ennio Morricone, che per anni ha avuto una visione privilegiata sul grande maestro.

De Rosa è co-autore insieme a Ennio Morricone della sua autobiografia Ennio Morricone – Inseguendo quel suono. La mia musica, la mia vita. Conversazioni con Alessandro De Rosa (Mondadori Libri, 2016, 2020, 2021), un libro che nasce da ripetuti incontri fra Morricone e il giovane compositore, strutturato come un dialogo. E proprio Alessandro De Rosa, 36 anni, conduttore della rubrica Ascoltare il cinema dedicata alla musica e ai suoni del cinema per Radiotelevisione Svizzera italiana, ci racconta il suo Ennio Morricone. Un Morricone che De Rosa ci rivela generoso come non lo conosciamo. Rigoroso, sì, tanto asciutto con le parole quanto munifico con le note, ma dal cuore aperto e caldo.

Ennio Morricone e Alessandro De Rosa
Foto: Libri Mondadori
Ennio Morricone e Alessandro De Rosa

Quali sono le sue impressioni dopo aver visto Ennio?

«È straordinario il quantitativo di amore che Tornatore ha messo in questo progetto. C’è stato uno sforzo gigantesco. Mi sono complimentato con lui e l’ho ringraziato di avermi reso partecipe del suo lavoro. Penso sia una grande opportunità per molti di venire a contatto con un artista dalla vita ricchissima e per avvicinare anche persone che mai si sono interrogate sull’identità di Ennio Morricone».

Com’è nato il suo incontro speciale con Ennio Morricone? 

«Per Ennio, come ha scritto nella prefazione del libro, che sta per uscire ora in Russia, realizzare questa autobiografia è stato un cambio di prospettiva e la possibilità finalmente di fermarsi per ripensarsi. Il nostro fu un incontro fortunato. Il 9 maggio 2005 Morricone tenne una conferenza allo Spazio Oberdan a Milano, cosa abbastanza rara per lui perché era sempre impegnato con la musica e non amava parlare. Avevo 19 anni e cercavo un maestro, vivevo in periferia, vicino Saranno, sentivo che volevo fare il compositore ma non sapevo come fare. Andai alla conferenza ma riuscii a entrare solo sul finale. Lo Spazio Oberdan è piccolo, non ha backstage, e quella è stata la mia fortuna perché lui non è potuto uscire dal retro. Sono riuscito a intercettarlo dopo gli autografi e gli ho dato il mio disco e una lettera. Ricordo il suo stupore, “ma non ho spazio dove metterlo”, “maestro, ha la borsa, gentilmente, ascolti questo disco, soprattutto la traccia 11, ho bisogno di sapere cosa ne pensa e se posso andare avanti con la musica”. Il giorno dopo chiama a casa, io ero a prendere lezioni di armonia, mia mamma risponde: sembrava uno scherzo telefonico. Alla fine mi ha lasciato un messaggio in segreteria: “Ho ascoltato il suo lavoro, è molto buono, però lei è un autodidatta, deve studiare composizione, ma non posso darle lezioni perché non ho tempo”. Questo messaggio ha cambiato molte cose della mia vita. Da Milano mi sono trasferito a Roma, ho iniziato a studiare con le persone che mi ha consigliato, ho trovato il mio grande maestro in Boris Porena, che si vede anche nel doc. Con Morricone ci si sentiva di tanto in tanto, gli davo i miei lavori».

E come germogliò l’idea dell’autobiografia?

«Sicuramente è nata da una mia sollecitazione insistente, ma anche dalla sua grandezza e dalla sua apertura. Nel 2012 mi sono trasferito da Roma in Olanda per gli studi al conservatorio e gli ho scritto una lettera di commiato, in cui palesavo le difficoltà nel seguire la strada da compositore. Mi chiamò commosso: “Mi spiace che va via, ma sappia che anche per me all’inizio è stata dura”. Mi ha sostenuto e mi ha detto di passare da lui quando fossi andato da Boris a Roma d’estate: voleva darmi un saggio che aveva scritto sulla sua esperienza. Così è stato: “Mi dica cosa ne pensa”, disse. Dopo averlo letto, riflettevo su come convertire in qualcos’altro quel desiderio che avevo da ragazzo di diventare suo allievo. E il saggio fu ispiratore. Lo richiamai: “Ho letto lo scritto, secondo me sarebbe un buon pretesto per scavare più in profondità e mi piacerebbe farlo insieme. Posso prendere aerei dall’Olanda, vengo a casa sua, lei non si deve preoccupare di niente”. Ci pensò un attimo e mi disse:  “Senta, io non ho tempo, ma cercheremo di trovarlo, e ora ci diamo del tu”. Da quel momento iniziai a volare dall’Olanda a Roma, dove ho vissuto tanti anni senza che succedesse nulla. È così, quando ci si allontana dalle cose a volte ci si avvicina: così è stato con Morricone. È durato più di 4 anni. Ne è scaturito un rapporto straordinario di fiducia, rispetto e amore. Di confronto generazionale. Ci siamo visti anche dopo la pubblicazione del libro, fino alla fine».

Ennio Morricone
Foto: Lucky Red
Ennio Morricone nel film “Ennio”

Nel documentario Ennio colpisce il senso quasi di vergogna e inadeguatezza che Morricone ha provato per molto tempo, come se comporre musiche da film non fosse onorevole per un compositore. Un sentimento con cui ha fatto pace solo molto in là nel tempo…

«L’ha vissuto malissimo, per tanto tempo della sua vita. Ha sofferto profondamente. Era sottoposto a forte pressione, era parte di una tradizione compositiva che si stava disgregando, inizialmente visto con sospetto da maestri e compagni di classe. È stato molto importante per lui Sergio Miceli, uno dei primi musicologi in Italia a rendersi conto che la musica del cinema riguardava anche lo studio della musicologia: ha dato dignità alla professione, occupandosi ampiamente di Morricone.
Parallelamente al contesto che per fortuna si modificava, anche lui ha cambiato molto. Ha abbracciato tutte le esperienze del XXI secolo, è stato un compositore di ecosistemi, di situazioni sociali diversissime. Ha lavorato per Leone e Pasolini, due mondi opposti: Leone negli anni  ‘60 apparteneva al cinema commerciale, Pasolini era il cinema colto. Lui lavorava con tutti e due».

Il tempo ha segnato il suo riscatto…

«Ennio parlava sempre di reagire al mestiere, alle situazioni. E di riscatto. Proprio le frizioni che erano in lui l’hanno portato a essere chi è diventato, a esigere sempre di più, a non essere mai banale. A dare sì quello che la gente e il produttore si aspettavano, ma sempre con una grande raffinatezza che doveva guardare alla storia della musica. Sentiva che doveva sempre dimostrare che, prima che un compositore di musica applicata, era un compositore. La crisi è diventata opportunità. Lo ha fatto soffrire ma lo ha aiutato ad affermare molto di più la sua identità».

L’Oscar, dopo quello onorario, è arrivato colpevolmente tardi, nel 2016, per The Hateful Eight di Tarantino, l’anno in cui è uscito il vostro libro. Come ha vissuto Ennio quel premio tardivo?

«Per lui è stata comunque una grande emozione. Tornatore nel doc dipinge quell’Oscar come una sorta di scusa dell’Academy verso Ennio, e in fondo è un po’ così. Morricone soffrì molto per tutte le nomination che ebbe e per cui non vinse l’Oscar (soprattutto per quella di Mission). Al tempo stesso, però, come disse ritirando l’Oscar onorario, per lui non era un punto di arrivo ma di ripartenza, lo sprone a fare sempre meglio. Questo è l’approccio di Ennio ai premi e al successo: importanti, ricercati, ma il mezzo per ricostruirsi».

Noi conosciamo il genio che sperimentava, capace di colonne sonore da favola. Ci racconti qualche parte più intima dell’uomo Ennio.

«Io posso parlare del mio Ennio. Era una persona molta profonda, sensibile e anche molto dura. Pretendeva tanto da se stesso e, giustamente, dagli altri. Non sono mai arrivato in ritardo ai suoi appuntamenti e bussavo esattamente all’ora stabilita: si tratta di entrare in una modalità di rispetto. Credo sia stato frainteso in alcune occasioni, a volte veniva considerato burbero: poteva anche esserlo, ma dietro c’erano sempre delle ragioni. Era una persona semplice e umile, ma anche il contrario: sapeva chi era e che poteva esigere determinate cose. Era una persona complessa, ricca di sfaccettature».

Ennio Morricone
Foto: Libri Mondadori
Ennio Morricone

L’8 febbraio ha compiuto 90 anni John Williams, l’altro gigante delle colonne sonore autore delle musiche di Star Wars, E.T. l’extraterrestre, Jurassic Park, da 52 candidature e 5 Oscar. Che rapporto c’era tra i due?

«Di grande rispetto, anche se per i fan di entrambi è passato che ci fosse una disputa sulle musiche di Williams per Guerre stellari. È vero che Morricone pensava che ricorrere a quel linguaggio post-romantico fosse andare troppo incontro al costume: una musica che puoi fischiettare. Questo perché, quando lui si è trovato a musicare il parallelo italiano – anche se per nulla vicino – di Guerre stellari, L’umanoide di Aldo Lado, che non possiamo consigliare a chi ci legge, ha scritto fughe straordinarie: si è immedesimato con la grandezza del cosmo, nella complessità degli astri. Detto questo, però, c’era forte stima reciproca».

Morricone è stato autore di oltre 500 colonne sonore indimenticabili. Le sto chiedendo una cosa complicatissima: qual è la sua personale top 3?

«Si entra in un terreno spinoso. Era la domanda che facevo ad Ennio e lui rispondeva: “Ma come faccio a scegliere tra i miei figli?”. Faccio di sicuro un torto a qualcos’altro ma trovo che la potenza di alcuni temi di C’era una volta il West sia eccezionale: fu un film importantissimo nella sua evoluzione. E poi Mission: realizza la composizione della diversità, la sua utopia più alta. Fu un successo mondiale, quasi più dei western. E poi non posso non pensare a una partitura un po’ sconosciuta che scrisse per La Bibbia di John Huston, che non venne usata perché ci fu un problema con la Rca Italiana, per cui Ennio era sotto contratto, dovendo rinunciare al film. Mise in musica la creazione dell’universo, secondo la Bibbia, e la torre di Babele. Queste musiche confluirono anni dopo ne Il segreto del Sahara e in Bastardi senza gloria. È un lavoro straordinario perché si capisce tutta la sua ambizione, la volontà di arrivare, la sua speranza».

Proprio in questi giorni, il 22 febbraio, esce invece il suo nuovo disco realizzato con la cantautrice brasiliana e attivista, due volte disco di platino, Fantine Tho. Ci anticipi qualcosa.

«Si chiama Flesh and Soul (Pele e Alma in portoghese), in un dualismo dei due protagonisti, lei, Soul, identità guida, la natura, lui, Flash, più attaccato alle problematiche terrene, alla ricerca di qualcosa che non sa. È un viaggio all’interno di se stessi e del cosmo, con la voglia di passare dalla frammentazione alla connessione. Fantine Tho è stata una pop star in Brasile; nel frattempo si è interessata a tematiche ambientali e voleva cambiare la sua identità. C’è anche un’opera di beneficenza annessa alla pubblicazione, che è in collaborazione con TuneCore Italia e TuneCore Brasile. Io ho scritto la musica, l’ho prodotta, arrangiata ed eseguita, unendo diversi stili, dall’ambient al new age alla musica da film, soprattutto hollywoodiana. È un album di 70 minuti, da ascoltare come fosse una meditazione. Mi spiace di non essere riuscito a farlo sentire a Ennio, come ho sempre fatto».